Gemma Cates

Le Cacciatrici Di Mostri


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LE CACCIATRICI DI MOSTRI

      Indice

       Un Tocco di Selvaggio

       Introduzione a Un Tocco di Selvaggio

       Un Tocco di Selvaggio

       Un Tocco di Follia

       Introduzione a Un Tocco di Follia

       Un Tocco di Follia

       Un Tocco di Malvagio

       Introduzione a Un Tocco di Malvagio

       Prologo

       Capitolo 1

       Capitolo 2

       Capitolo 3

       Capitolo 4

       Capitolo 5

       Capitolo 6

       Capitolo 7

       Capitolo 8

       Epilogo: Aiden

       Epilogo: Bain

       Un Tocco di Peccato

       Introduzione a Un Tocco di Peccato

       Un Tocco di Peccato

       Altri libri di Gemma Cates in italiano

       L’autore

       Titolo Originale

Un Tocco di Selvaggio

      Introduzione a Un Tocco di Selvaggio

       Una piccante avventura delle sorelle Van Helsing, con protagonista Mariah Van Helsing.

      Non socializzo con i mostri.

      Mi dispiace, creature e bestie. Loro non sono “mostri”, a meno che non diano la caccia all’umanità. Tranne che per molti di loro è semplicemente una questione di tempo, giusto?

      Poi un bel licantropo, collaborativo e peccaminosamente bello, entra dalla mia porta e io non posso fare a meno di pensare che forse mi sbaglio nel dipingere tutte le creature magiche con il medesimo pennello.

      Forse sono attratta da un uomo che ha più di un tocco di selvaggio dentro di sé.

       Nota dell’autrice: questo libro contiene bravate osé e sexy tra “mostri” e umani, abbastanza parolacce da far arrossire qualcuno (non me), e una cacciatrice di mostri che ha bisogno di aprire gli occhi quel tanto che basta per vedere che l’uomo di fronte a lei è qualcosa di più del morso bestiale che lo ha infettato.

      Un Tocco di Selvaggio

      I licantropi artigliavano.

      Mordevano. Colpivano. Strangolavano.

      A volte usavano anche armi.

      Erano veloci, avevano eccellenti istinti da combattimento e riuscivano a pensare al di là della sete di sangue che li consumava a strategizzare.

      Erano piuttosto dannatamente vicini alla vetta della mia lista delle creature più merdose da cacciare. I licantropi erano mostri di serie B, quindi, tecnicamente, non considerati i più pericolosi, ma io detestavo dar loro la caccia. Metà animali, metà umani, con tutte le caratteristiche peggiori di entrambi e l’abilità in combattimento di entrambi.

      E tutta quella cosa del branco? Soltanto spazzatura.

      Non c’era una società strutturata nel mondo dei licantropi. Diversamente da molti mutaforma, i licantropi non nascevano, erano creati. E nel corso del processo, quella parte del lupo veniva lasciata indietro.

      I licantropi erano degli stronzi antisociali, sia in forma umana sia in forma lupesca.

      Nel caso specifico: lo stronzo antisociale, 1,90, capelli scuri, che ora stava in piedi davanti a me. Non era poi neanche brutto, peccato che fosse un fottuto licantropo.

      “Hai bisogno di aiuto, e io sono qui per aiutare.”

      No, non era vero.

      E invece sì. Aveva messo in dubbio la mia competenza. Nel mio ufficio, davanti al mio unico dipendente, due secondi dopo che era entrato e un secondo dopo che lo avevo inquadrato come un mannaro.

      Lo avevo fissato. Perché, davvero, si aspettava che rispondessi?

      Era entrato nel mio territorio, aveva messo in dubbio le mie abilità come cacciatrice di mostri e pensava che sarei stata gentile. Chi era questo stronzo?

      Aveva parlato nel silenzio che si protraeva. “Hai appena avuto l’incarico di catturare un lupo infuriato. Sono qui per aiutare.”

      E quella era la seconda volta.

      La seconda volta che mi offriva il suo aiuto.

      La seconda volta che mi insultava insinuando incompetenza da parte mia.

      Il mio assistente amministrativo, Eric, aveva guardato lui e me e aveva detto, “Dovresti andartene. Prima che lei decida di risponderti. Sai, non con le parole.”

      Lo stronzo sembrava del tutto indifferente all’avvertimento che il mio assistente gli aveva dato. Forse aveva subito un danno al cervello durante la sua trasformazione. Avevo sentito dire che poteva succedere.

      “Mi ha mandato Rafe.” Lo stronzo mi fissava. In effetti non mi aveva tolto gli occhi di dosso, nemmeno quando Eric, apparentemente la minaccia maggiore con la sua maggiore statura e la massa muscolare significativamente maggiore, aveva parlato.

      Antisociale e stronzo, sì, ma forse non con il cervello danneggiato.

      E lo aveva mandato Rafe.

      Figlio di puttana. Avrei voluto menomare Rafe, perché volevo uccidere questo tizio e non potevo. Il mio capo della corporazione meritava un po’ di rabbia indiretta dopo aver mandato questo dilettante sulla mia strada.

      Avevo indicato la porta del mio