Guido Pagliarino

Centro Storico - Porta Palazzo E Dintorni 1990


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      Guido Pagliarino

      CENTRO STORICO

      Porta Palazzo e dintorni 1990

      Racconto corale in versi

      Distribuzione Tektime Editore

      Copyright © 2019 Guido Pagliarino

      Le copertine di questa e delle precedenti edizioni del poema e delle raccolte in cui esso è incluso sono state realizzate e sono copyright © dell’autore

      La penultima edizione del poema è compresa nella raccolta di versi “Salire in Alto -silloge delle Poesie e dei Racconti in versi dell'autore dal 1960 al 2017", Libro ed E-book, Editore Tektime, © 2017 Guido Pagliarino

       G uido Pagliarino , C ENTRO STORICO, Porta Palazzo e dintorni 1990, Racconto corale in versi

       PREFAZIONE DELL’AUTORE

       CENTRO STORICO - PORTA PALAZZO E DINTORN I 1990 Racconto corale in versi

       Vincenzo il razzista

       Abdùl Satelèch

       Rosario il condomino

       Il vecchio ambulante

       Don Rocco il parroco

       Giovanni il bancario

       Omàr Salazìm

       Gaia la liceale

       I lattai

       Ariano lo storico

       Arduino parrucchiere per signora

       Ajànira Babùtu

       Luigi il personalista

       Giampaolo il medico

       Gianluca l’ambasciatore

       Vincenzo, parte seconda

       Appendice: P REFAZIONE DI SERGIO NOTARIO ALL A PRIMA EDIZIONE ( 199 3)

       CENTRO STORICO

       Porta Palazzo e dintorni 1990

       Racconto corale in versi

      "Centro storico" è un poema epico, o racconto in versi come oggi più comunemente si dice, un racconto corale che si snoda in "canti" intitolati a personaggi le cui vicende sono, direttamente o indirettamente, collegate. L'avevo scritto nel 1990; nel ‘92 era stato fra i 19 finalisti su circa 850 opere partecipanti a un concorso letterario per l'inedito indetto presso il Salone del Libro di Torino dal Baraghini, l’editore degli allora famosi libretti “1000 lire”. Ampi stralci di “Centro storico” erano stati inseriti, in seguito al concorso, in una rivista e l'anno seguente il Centro Studi Cultura e Società – Istituto di ricerca e documentazione – aveva stampato il poema, lasciandomene la proprietà letteraria. Nel 2001 l’avevo ripreso apportando varianti, nel 2006, tornato sull’opera, avevo eliminato circa un decimo dei versi e, infine, alcuni dei rimanenti ho modificato all'inizio del 2008 arrivando alla stesura che qui ripresento.

      Passati ormai molti anni, altri personaggi verrebbero alla penna, ma l’opera diverrebbe ibrida e anacronistica, il panorama non sarebbe più quello del centro storico di Torino nell’anno 1990 con quelle figure "nel piccolo mondo che vive a Torino tra il Duomo / la via Garibaldi ed i corsi Regina e Valdocco", come recitava un tempo l’incipit del poema, abolito nella nuova stesura: figure quali quei marocchini, come generalmente erano indicati tutti gli immigrati arabi, che nel 1990 vendevano per via spugnette e accendini, figure ormai pressoché scomparse e, come sappiamo, sostituite, a un estremo, da persone inserite in una seria attività e, magari, raggiunte legalmente dai famigliari, all'altro, da non pochi clandestini caduti nella delinquenza, dei quali era stato fra gli antesignani il mio personaggio Omàr Salazìm. Nel 1990 non c’era ancora, e dunque non appare nel poema, il terrorismo degli estremisti islamici, presenti ormai purtroppo, com'è ben noto, anche nel nostro Paese, i quali, a Torino, si celerebbero prevalentemente proprio nella zona del centro detta Porta Palazzo. Temo che, causa il terrorismo islamico corrente, qualcuno potrà non vedere con simpatia il mio personaggio del “buon marocchino” musulmano Abdùl Satelèch: i collettivismi, come recita Ariano lo storico, altra figura del poema, son bestie feroci, eppure la tendenza a ragionare per insiemi è malauguratamente spontanea e, sia nella storia, sia nel quotidiano, è fomite d'ingiustizia; ad esempio, poiché islamici sono i terroristi, ecco che tutti gli islamici sono, purtroppo, sospettati.

      Porta Palazzo, lo dico soprattutto per i non torinesi, è oggi interamente zona d’immigrati, non solo dall’Africa ma dall’Europa orientale e dall’estremo Oriente, soprattutto dalla Cina; anzi i cinesi hanno costituito in zona Porta Palazzo, in breve tempo, una loro piccola China Town, mentr’erano figure pressoché assenti nell'anno 1990 in cui stendevo il poema. Non più molti sono gl’italiani in zona, vuoi perché molti dei più anziani, quasi tutti immigrati dal Sud, una volta pensionati son tornati ai loro paesi s’origine, per nostalgia e perché la vita là costa assai meno, vuoi perché i più giovani, da tempo, hanno normalmente preferito traslocare in appartamenti più recenti in periferia o in una delle località della seconda cintura torinese. È pure di molto diminuito nel centro storico cittadino, e in particolare a Porta Palazzo, il numero dei negozianti italiani, quali i lattai e formaggiai Antonio e Lisa che il lettore troverà nel racconto, esercizi commerciali quasi tutti ormai serrati e sostituiti, non solo in centro ma nell'intera area cittadina, da iper magazzini, ciò che, nondimeno, già annunciavo nel poema: senza bisogno d’essere un nostradamus, in quanto era un futuro non solo prevedibile ma chiaramente sul farsi, con grossi capitali scatenati a eliminare i piccoli negozi di quartiere, tanto influendo politicamente quanto diffamando la categoria coi loro mezzi d'informazione, accaparrandosi nel contempo permessi d'esercizio su vaste aree. È sopravvissuto però interamente l'ambulantato, soprattutto di alimentari e abbigliamento, primo fra tutti proprio quello del mercato di Piazza della Repubblica e paraggi (il più grande d’Europa) comunemente detto “di Porta Palazzo”, ormai con molti venditori immigrati, prevalentemente cinesi e arabi: penso ch'esso non finirà perché il gusto del mercato ambulante è in tanti consumatori ben vivo e, soprattutto, perché i prezzi di Porta Palazzo restano concorrenziali, a scorno dei mega capitali.

      Insomma,