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Dedica
VOLUME UNO: IL MOSTRO SOTTO IL LETTO
Capitolo I
COS’È UN MOSTRO? È un nome dai molteplici significati; tuttavia, la connotazione è sempre la stessa: negativa. È una parola utilizzata per descrivere i più corrotti tra gli esseri umani. Più di ogni altra cosa, però, la letteratura e il cinema dipingono un mostro come una creatura che non appartiene al mondo civilizzato. Possono essere orribili, violenti o contro natura; possono anche essere belli, sebbene di gran lunga troppo diversi per essere comunemente accettati. In entrambi i casi, i mostri sono fautori di paura e suscitare la paura è lo scopo dell’etichetta affibbiata.
Davvero? I mostri possono essere incompresi o bollati falsamente. Se un essere sconosciuto può essere definito mostro e lo sconosciuto diventa conosciuto, può ancora avere quell’etichetta?
Maddy salvò il suo lavoro e chiuse il portatile, fissando la superfice liscia e argentata dell’apparecchio. Gli era stato chiesto di scrivere un pezzo appositamente per l’edizione di Halloween de The Specter Town Gazette. Ovviamente, in un luogo chiamato Specter Town, Halloween era un evento importante. Tuttavia, come responsabile della posta del cuore, Madison Wright non era quella che festeggiava i mostri e i fantasmi. Specialmente perché ce n’era uno sotto il suo letto.
Chiuse gli occhi e rabbrividì. Anche solo pensarlo la faceva sentire ridicola, ma quale altra spiegazione poteva esserci? Da quando era al college, aveva sentito delle cose muoversi sotto il letto di notte. Prima di lasciare la casa dei suoi, poteva pensare si trattasse del gatto e quando andò a vivere in un appartamento poteva incolpare i vicini del piano di sotto. Adesso aveva affittato una casetta in un quartiere tranquillo in una città del New England e non c’era niente a cui potesse dare la colpa.
I derattizzatori avevano cercato ratti, serpenti e altri animali infestanti. Niente. Nemmeno gli idraulici e gli elettricisti riuscivano a trovare una spiegazione. Questo lasciava due possibilità: o se lo immaginava, e lo sperava proprio, oppure c’era un mostro sotto il letto che l’aveva seguita per dieci anni. Aveva appena compiuto i trenta e continuava a farle visita ogni notte. Stressata dal fatto di dover tenere mani e piedi oltre i bordi del letto a due piazze, non era esattamente così che immaginava la sua vita a trent’anni. Per non parlare del fatto che non poteva far restare un uomo a dormire da lei perché: come avrebbe potuto guardare un uomo negli occhi e dirgli che non poteva condividere il letto per paura che l’Uomo Nero la potesse afferrare per una caviglia se non rimaneva al centro, completamente avvolta nelle coperte? Il mostro non l’aveva mai toccata, e ne era consapevole, e desiderava che le cose rimanessero così.
Condannata a una vita di solitudine, tendeva a rompere i suoi rapporti sentimentali non appena si parlava di rimanere a dormire per la notte. Avrebbe potuto conseguire una laurea su come inventare scuse per mettere in fuga gli uomini. Era un’ironia della sorte che proprio lei desse consigli alle persone sulle loro storie d’amore quando lei era fuori come un balcone.
Maddy sospirò quando l’orologio alla parete segnò mezzanotte. Se fosse rimasta ancora sveglia, non ce l’avrebbe fatta a andare al lavoro. Rimandava il momento di andare a letto ogni notte e evitava la camera da letto, ma l’essere, qualunque cosa fosse, la seguiva di casa in casa. Non riusciva a sbarazzarsene.
Mise il portatile sulla scrivania, inserì la spina del caricabatteria e si assicurò che la porta di ingresso fosse chiusa. Poi recuperò il telecomando delle luci. Gli era costato un occhio della testa, ma era importante poter illuminare le stanze prima di entrarvi e quelle da cui usciva dopo averle lasciate. In fretta, raggiunse il letto e spense tutte le luci a eccezione della stringa di lucine di Natale che aveva appeso intorno allo specchio da toletta per illuminare la stanza con un delicato chiarore.
“Trent’anni e ho bisogno della luce da notte”, mormorò e si sistemò sotto le coperte. “È ridicolo.”
In qualche modo, la fatica del giorno la fece sprofondare nel sonno. Rimandare di andare a dormire fino quando non era stremata le assicurava un’intera notte di sonno, ma ai mostri non piace passare inosservati…
L’aria autunnale frizzante rendeva inutile l’aria condizionata, ma per qualche strana ragione la stanza era più fredda di quanto lei preferisse, e si girò nel letto, afferrando a tentoni le coperte con gli occhi chiusi. Non riuscì a trovarle. Quella constatazione si fece strada e la coscienza riaffiorò improvvisamente. Maddy probabilmente aveva fatto cadere le coperte dal letto. Poi si rese conto di essere al buio.
Il terrore la riempì e avrebbe quasi piagnucolato. La stanza era immersa nelle tenebre e le coperte erano sul pavimento. O rimaneva immobile per il resto della notte oppure affrontava la paura.
Non c’è un mostro. I mostri non esistono. Non c’è nulla sotto al letto.
Con cautela, fece scivolare la mano sotto il guanciale, alla ricerca del telecomando delle luci. Dov’era finito?
“Maddy”. Il suono percorse il silenzio come un rombo di tuono.
Il cuore le schizzò in petto e gli occhi si spalancarono. Non poteva esserselo immaginato. Qualcuno aveva pronunciato il suo nome!
Là, ai piedi del letto, vagava una figura nell’ombra, più scura del buio che lo circondava. In qualche modo riusciva a distinguerla malgrado la completa mancanza di luce nella stanza.
“Per favore, non farmi del male”. Gli occhi le si riempirono di lacrime. La paura le faceva sempre questo effetto: la faceva piangere. Il mostro non si era lasciato vedere prima d’ora. Perché adesso? Cosa voleva?
Non disse nulla, ma improvvisamente si buttò sul pavimento, scomparendo alla vista. Lo sentiva muoversi sotto il letto, strisciava, grattava, e poi le lucine si riaccesero come se niente fosse accaduto.
Capitolo II
DOPO ESSERE SALTATA giù dal letto, sbattendo la porta e accendendo ogni luce in casa e tentato – senza riuscirvi – di dormire sul divano, Maddy fece qualcosa che di solito evitava a meno che non fosse troppo distrutta per riuscire a essere operativa. Chiamò al lavoro. Rispettare le scadenze e gli appuntamenti sembrava impossibile, ma non poteva nemmeno restare a casa tutto il giorno. Così, afferrò il portatile e la borsa e si diresse verso la caffetteria per ricaricarsi di caffeina e cercare delle risposte.
Dopo il primo anno in cui aveva notato il mostro, era andata a parlare con lo psicologo del college e poi con un terapista, quando lo psicologo aveva spifferato tutto quanto ai suoi genitori. Il terapista tentò di tutto per giustificare la cosa, dal bullismo a problemi in famiglia e il bisogno di attenzione. Ma niente di tutto ciò era la verità. Aveva una bella famiglia. I genitori non erano divorziati, non c’erano fratelli, né uso di sostanze. Bisogno di attenzione? Perché? Lei adorava essere lasciata in pace. Aveva finto di non sentire più il mostro così che il terapista la considerasse guarita. Ma non era guarita, per intenderci. Se si fosse trattato di un esaurimento nervoso, cosa sarebbe cambiato?
Maddy parcheggiò l’auto, tenendo il volante con entrambe le mani. E se fossi davvero pazza? Non c’era nessuno sotto al letto quando aveva controllato alla luce del giorno quella mattina, ma non c’era mai nessuno, anche se accendeva tutte le luci e controllava immediatamente dopo averlo sentito muoversi. Nessuno era uscito dalla stanza mentre era sdraiata sul divano vicino alla porta, le coperte e il telecomando delle luci erano sul pavimento quando si era vestita all’alba. Le finestre erano ancora serrate.
Per lo più, il mostro la spaventava da una decina di anni. Non aveva mai tentato di comunicare e Maddy aveva sentito mormorare il suo nome nell’oscurità prima di vederlo: ecco un’altra cosa nuova. Con la coda dell’occhio, alle volte notava una figura nell’ombra, ma non si era mai lasciato vedere del tutto. Qualcosa era cambiato e era decisa a scoprire cosa prima di tornare a casa.
Raccolte le sue cose, si chiuse l’auto alle spalle e poi entrò nella caffetteria, sollevata che non ci fosse fila. Una volta presa la sua tazza di caffelatte con doppio espresso, trovò