Gabriele D'Annunzio

Le vergini delle rocce


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       Gabriele D'Annunzio

      Le vergini delle rocce

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066070779

       PROLOGO.

       I.

       II.

       III.

       Indice

       .... una cosa naturale vista in un grande specchio.

      Leonardo da Vinci.

      Io vidi con questi occhi mortali in breve tempo schiudersi e splendere e poi sfiorire e l'una dopo l'altra perire tre anime senza pari: le più belle e le più ardenti e le più misere che sieno mai apparse nell'estrema discendenza d'una razza imperiosa.

      Su i luoghi dove la loro desolazione, la loro grazia e il loro orgoglio passavano ogni giorno, io colsi pensieri lucidi e terribili che le antichissime rovine delle città illustri non mi avevano mai dato. Per scoprire il mistero delle loro ascendenze remote, esplorai la profondità dei vasti specchi familiari dove talvolta esse non ravvisarono le loro proprie imagini soffuse d'un pallore simile a quello che annunzia il dissolvimento dopo la morte; ed a lungo scrutai le vecchie cose consunte su cui le loro mani fredde o febrili si posarono col medesimo gesto, forse, che avevano usato altre mani già fatte polvere da gran tempo.

      Tali io le conobbi nel tedio dei giorni comuni o sono esse le creature del mio desiderio e della mia perplessità?

      Tali io le conobbi nel tedio dei giorni comuni ed esse sono le creature del mio desiderio e della mia perplessità.

      Quel brano della trama di mia vita, che fu da loro medesime operato inconsapevolmente, ha per me tal pregio inestimabile ch'io voglio impregnarlo del più acuto aroma conservatore per impedire che il tempo in me lo impallidisca o lo distrugga.

      Per ciò oggi io tento l'arte.

      Ah, qual sortilegio dunque potrebbe dare la coerenza delle materie tangibili e durevoli a quel tessuto spirtale che le tre prigioniere ordirono nel tedio dei giorni aridamente e quindi a poco a poco riempirono con le imagini delle cose più nobili e più desolanti in cui la passione umana siasi mai rimirata senza speranza?

      Dissimili alle tre sorelle antiche perchè non figlie ma vittime della Necessità, tuttavia nel comporre la più ricca zona della mia vita esse parvero anche preparare il destino di colui che doveva venire. Insieme si affaticavano, quasi mai accompagnandosi con un canto ma men di rado versando lacrime visibili in cui erano sublimate le essenze delle loro anime inesauste e chiuse.

      Perchè fin dalla prima ora io le conobbi sovrastate da una cupa minaccia, colpite da un divieto tirannico, scoraggiate e anelanti e prossimamente periture, — tutte le loro attitudini e i loro gesti e le loro più vaghe parole mi sembrarono gravi e significare ciò che esse medesime ignoravano nella loro profonda inconsapevolezza.

      Piegandosi e rompendosi sotto il peso della loro maturità come in autunno gli alberi troppo carichi di frutti troppo grandi, esse non sapevano misurare tutto il loro male nè confessarlo. Le loro labbra gonfie d'angoscia non mi rivelarono se non una piccola parte dei loro segreti. Ma io seppi comprendere le cose ineffabili che diceva il sangue eloquente nelle vene delle loro belle mani ignude.

       E il ricettacolo delle virtù sarà pieno di sogni e vane speranze.

      Leonardo da Vinci.

      L'ora che precedette il mio arrivo nell'antico giardino gentilizio dove esse mi aspettavano — quando la imagino — m'appare illuminata da un lume d'insolita poesia.

      Per colui che sa di quali fecondazioni lente o subitanee, di quali inaspettate trasfigurazioni sia capace un'anima intensa comunicante con altre anime nelle vicissitudini dell'incertissima vita; per colui che, riponendo tutta la dignità dell'essere nell'esercitare o nel patire una forza morale, si avvicina al suo pari con l'ansia segreta di dominare o d'esser dominato; per ogni uomo curioso del mistero interiore, ambizioso di potere spirituale o bisognoso di schiavitù, nessuna ora ha l'incanto di quella in cui egli si muove con una vaga antiveggenza verso l'Ignoto e l'Infinito viventi, verso un oscuro mondo vivente ch'egli conquisterà o dal quale sarà assorbito.

      Io era per penetrare in un giardino chiuso.

      Le tre principesse nubili aspettavano quivi l'amico non veduto da lungo tempo, il quasi coetaneo a cui erano legate da qualche ricordo di puerizia e di adolescenza, l'unico erede di un nome non meno antico e non meno insigne del loro. Aspettavano così un loro eguale, un reduce dalle città magnifiche apportatore d'un soffio di quella grande vita a cui esse avevano rinunziato.

      E ciascuna forse nel suo cuore segreto aspettava lo Sposo.

      Veemente m'appare l'ansietà di quell'aspettazione, quando io penso alla nuda e cupa solitudine della casa in cui esse fino a quel giorno avevano languito, con le belle mani colme di tutti i beni della giovinezza, nel conspetto dei simulacri di non so qual vita e qual pompa regali che la follia materna creava per popolarne la vacuità degli specchi troppo vasti. Dalle infinite lontananze di quei dominii pallidi come stagni crepuscolari dove l'anima della madre forsennata si sommergeva delirando, non aveva ciascuna veduto apparire la forma giovenile e ardente dello Sposo che doveva toglierla all'oscura consunzione e sollevarla d'improvviso in un turbine di allegrezze?

      Così ciascuna, nel suo chiuso giardino, aspettava con inquietudine colui che doveva conoscerla per deluderla e per vederla perire senza possederla.

      “Ah, chi sarà di noi l'eletta?„

      Non mai forse — io penso — i loro belli occhi velati si fecero intenti come in quell'ora: occhi velati di malinconia e di tedio, ove la troppo lunga consuetudine delle apparenze sempre eguali aveva abolito la mobilità dell'indagine; occhi velati di mutua pietà, ove le forme degli esseri familiari si riflettevano senza mistero e senza mutamento, fisse nelle linee e nel colore della vita inerte.

      E d'improvviso ciascuna vide in ciascuna una creatura nuova, cinta di armi.

      Io non so quale evento sia più triste di queste rivelazioni fulminee che fa ai cuori teneri il desiderio della felicità. Respiravano le virtuose sorelle nel medesimo cerchio di dolore, premute dal medesimo destino; e, nelle sere gravi d'ambascia, a volta a volta l'una reclinava la fronte su l'omero o sul petto dell'altra, mentre l'ombra agguagliava la diversità dei volti e confondeva le tre anime in una sola. Ma, come il passeggiere annunziato era per porre il piede su la loro soglia deserta e già appariva alla loro attesa col gesto di colui che elegge e che promette, esse risollevarono il capo con un fremito e disciolsero le dita avvinte e scambiarono uno sguardo ch'ebbe la violenza d'una illuminazione repentina. E, mentre saliva dalla profondità delle loro anime turbate un sentimento ignoto ch'era privo della dolcezza primiera, esse conobbero alfine in quello sguardo tutta la loro grazia declinante, e qual fosse il contrasto delle loro sembianze illuminate dal medesimo sangue, e quanta notte si raccogliesse nel volume d'una capellatura addensata come un castigo su una nuca troppo pallida, e le meravigliose persuasioni espresse dalla curva di una bocca in silenzio, e l'incantesimo tessuto come una rete dall'ingenua frequenza d'un atto inimitabile, ed ogni altro potere.

      E un oscuro istinto di lotta le sbigottiva.