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Indice
10. CAPITOLO DECIMO
Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotti dell'immaginazione dell'autrice o usati in modo fittizio e non devono essere interpretati come reali. Qualsiasi somiglianza con luoghi, organizzazioni o persone reali, vive o morte, è del tutto casuale.
Il mio marchese per sempre Copyright © 2018 Dawn Brower.
Copertina e revisione di Victoria Miller.
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta elettronicamente o stampata senza autorizzazione scritta, tranne nel caso di brevi citazioni contenute nelle recensioni.
Questo libro è per chi crede nell'amore e spera un giorno di trovarlo. A volte bisogna solo avere fede, a volte è sempre stato lì. Continua a crederci e un giorno l'amore ti troverà.
Ringraziamenti
Come sempre grazie alla mia copertinista, Victoria Miller. Sei favolosa come sempre. Grazie anche a Elizabeth Evans, rendi la stesura piacevole. Grazie per avermi aiutato e per aver letto tutte le mie bozze.
Prologo
Inghilterra 1795
Le campane nuziali suonavano nella campagna, annunciando le imminenti nozze di Lord Victor Simms, secondogenito del Duca di Ashthrone, e di Lady Penelope Everly. Non era il primo matrimonio per nessuno dei due. Il piccolo Ryan Simms era entusiasta di avere finalmente una madre. Da quando si ricordava, erano rimasti solo lui e suo padre. Presto avrebbe avuto anche una madre e due sorelle: Delilah e Mirabella. Delilah era due anni più grande di Ryan e aveva i capelli più neri che avesse mai visto. Mirabella aveva i capelli rossi ed era un anno più giovane di lui. Ryan aveva festeggiato il suo settimo compleanno un mese prima del matrimonio.
«Come va, ragazzo mio?» Suo padre si chinò e gli arruffò i capelli. «Sei felice?»
«Sì, papà,» rispose. Voleva dire a suo padre che non era mai stato così felice, ma non sapeva se poteva. Suo padre sembrava avere uno stato d'animo più rilassato, e non voleva ricordargli i momenti più tristi. Il suo sguardo era sempre stato dolce, ma il più delle volte diventava cupo. Anche un bambino di sette anni riconosceva il dolore, e sebbene non avesse mai conosciuto sua madre, Ryan comunque ne sentiva ogni giorno la mancanza. Lady Penelope non poteva sostituire quel vuoto, ma poteva riempirlo parzialmente.
«Sono contento,» disse suo padre. «È meraviglioso tesoro ritrovare la felicità nelle nostre vite. Ora corri a sederti con la tata. Fai il bravo ragazzo.»
Ryan fece come gli disse suo padre e corse a sedersi con la sua tata sulla panca. Delilah e Mirabella erano già lì. Sedevano con la schiena dritta e le espressioni cupe sul viso. Non erano contente di far di nuovo parte di un'intera famiglia? Perché sembravano così infelici? Lady Penelope percorse la navata della chiesa e raggiunse il padre di Ryan. Il vicario disse molte cose che Ryan non capì appieno, ma non gli importava molto. Alla fine tutto ciò che gli importava era avere una famiglia. Una famiglia che sarebbe stata sempre lì per lui, che lo avrebbe ricoperto d'amore, di attenzioni e di tanti abbracci. Avrebbe davvero voluto avere qualcuno che lo abbracciasse più spesso. Una volta aveva visto una madre e un figlio. Non sapeva cosa gli mancava fino a quel giorno. La donna aveva tirato il suo bambino tra le braccia, abbracciandolo e baciandolo come se fosse la cosa più preziosa per lei. Il vicario chiese a suo padre di ripetere alcune parole, e poi a Lady Penelope. Entrambi fecero come lui gli aveva chiesto. Alla fine, li dichiarò marito e moglie. Tutti in chiesa batterono le mani. Un sorriso riempì il volto di Ryan, e lui applaudì insieme a loro.
«È un ragazzo sciocco,» disse Delilah, alzando il naso all'insù. «Non posso credere che ora dovremo avere a che fare con lui tutti i giorni.»
Mirabella annuì, ma Ryan pensava che neanche lei avesse capito Delilah. Le ragazze erano un enigma che non avrebbe mai capito. Soprattutto perché non aveva mai avuto a che fare con nessuna di loro prima. «Che significa sciocco!?»
«Non si rende nemmeno conto di cosa sia un insulto— sbuffò Delilah—suppongo che questo potrebbe rendere le cose più interessanti.»
Ryan non la pensava così, e, al momento, non gli importava capire cosa ella volesse dire. Fece spallucce e tirò la manica della tata «È già ora di andare? Ho sonno.» Aveva sette anni e aveva già fatto più di quanto di solito facesse. Suo padre non gli permetteva di uscire di casa molto spesso; era come se temesse di perdere Ryan se lo avesse perso di vista. E la tata lo viziava per volere di suo padre.
«Non appena la coppia di sposi esce, possiamo andare dietro a loro.»
Ryan annuì e attese che suo padre e la sua nuova madre lasciassero la chiesa, poi la tata lo avrebbe portato a casa. Forse avrebbe potuto giocare con i soldatini nella sua stanza. Gli piacevano la pace e la tranquillità. Ultimamente a casa sua c'era stata troppa confusione; tutti venivano a far visita prima delle nozze. Aveva anche una nuova cugina: la piccola Estella, Era una neonata e non poteva giocare con lui, eppure a lui piaceva guardarla. La tata si prendeva cura di Estella durante le visite degli ospiti, perciò lui poteva ammirarla spesso.
Finalmente, suo padre e Lady Penelope si avviarono verso la navata laterale. Dopo essere usciti dalla chiesa, tutti si alzarono per seguirli; la tata gli prese la mano e si rivolse a Delilah e Mirabella. «Venite con me, bambine.»
«Non siamo obbligate ad ascoltarti,» disse Delilah altezzosamente.
«Sì, non ascoltare!» fece eco Mirabella.
La tata emise un sospiro profondo: «Non ho tempo per i capricci. Voi due venite con me, ora, o vi tirerò le orecchie!»
Delilah si alzò e voltò la testa con aria di sfida. «Me ne vado, ma non perché me l'hai detto tu. Voglio andare a casa e lo farò.» Mirabella le corse dietro mentre