il gruppo, ordinando ai giornalisti di indietreggiare.
Questi obbedirono prontamente, con troppa facilità, e restarono fermi a fissare inebetiti.
Riley subito comprese …
Probabilmente pensano che sia una bomba.
Dopotutto, quella possibilità si era formata nella mente sua e dei colleghi nel bosco, quando Bill aveva trovato il primo timer di sabbia.
Riley fece una smorfia al pensiero dei titoli che rischiavano di apparire sulle principali testate giornalistiche, e all’idea del panico che avrebbe potuto scatenarsi.
Si rivolse bruscamente ai giornalisti: “Non è un congegno esplosivo. È soltanto una prova. Ed è delicata.”
Quella dichiarazione fu accolta da un coro di voci rinfrancate, che chiedevano di che cosa si trattasse.
Riley scosse la testa e si allontanò. Bill era arrivato al SUV, e le due agenti si affrettarono a raggiungerlo. Entrarono nel veicolo e sistemarono accuratamente il nuovo timer di sabbia accanto all’altro, che era già al proprio posto coperto con una coperta.
I giornalisti si raggrupparono immediatamente, circondando il veicolo e continuando con le loro domande.
Riley emise un verso di frustrazione. Non sarebbero mai riusciti a combinare granché, con dei ficcanaso intorno.
Si mise al volante ed iniziò a muoversi lentamente. Un giornalista molto determinato provò a bloccare il passaggio, ponendosi direttamente di fronte al veicolo. A quel punto, mise in funzione la sirena, facendo spostare bruscamente l’uomo stupefatto. Poi, si allontanò con il SUV, lasciando la massa di giornalisti alle proprie spalle.
Dopo aver percorso circa mezzo miglio, Riley trovò un luogo piuttosto isolato in cui poter parcheggiare il veicolo.
Infine si rivolse a Jenn e Bill: “Pensiamo alle priorità. Dobbiamo subito far analizzare le impronte sui timer di sabbia.”
Bill annuì e disse: “C’è un kit nel vano portaoggetti.”
Mentre Jenn e Bill si mettevano al lavoro, Riley tirò fuori il proprio computer portatile e contattò Brent Meredith per una videochiamata.
Con sua grande sorpresa, sullo schermo non apparve soltanto il viso di Meredith. C’erano ben altri otto volti, tra cui uno puerile e lentigginoso, che Riley non era affatto felice di vedere.
Apparteneva all’Agente Speciale Capo Carl Walder, il superiore di Meredith al BAU.
Riley soffocò un grugnito di scoraggiamento. Era stata ai ferri corti con Carl Walder molte volte. In effetti, l’aveva sospesa e persino licenziata in diverse occasioni.
Ma perché ora stava partecipando alla videochiamata?
Con un brontolio a malapena celato, Meredith disse: “Agente Paige, il Capo Walder è stato tanto gentile da unirsi a noi per questa conversazione. Ed ha messo insieme una squadra, per aiutarci a risolvere questo caso.”
Quando Riley vide l’espressione annoiata sul volto di Meredith, comprese perfettamente la situazione.
Carl Walder aveva monitorato il caso per tutta la mattina. Non appena aveva scoperto che Riley aveva chiesto di poter entrare in videoconferenza con Meredith, aveva radunato il suo gruppo di agenti, per potervi partecipare. Al momento, erano tutti seduti nei loro rispettivi uffici al BAU con i propri computer sintonizzati sulla conferenza.
Il volto di Riley tradì la propria insoddisfazione. Il povero Brent Meredith doveva essersi sentito in trappola. Riley era certa che Walder stesse, come sempre, mettendosi in mostra. E richiamando una propria squadra, stava spudoratamente dimostrando la propria mancanza di fiducia nella professionalità di Riley.
Per fortuna, alcuni degli uomini di Walder erano persone con cui lei aveva lavorato e di cui si fidava. Vide anche Sam Flores, un tecnico di laboratorio fanatico di computer ma molto brillante, e Craig Huang, un promettente giovane agente, a cui aveva fatto da mentore.
Nonostante tutto, l’ultima cosa di cui aveva bisogno al momento era una squadra di persone da gestire ed organizzare. Sapeva che avrebbe reso meglio, lavorando solo con Bill e Jenn.
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