Kelly Dawson

Papà Prende Le Redini


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non ne volle sapere: appiattì le orecchie, scoprì i denti e caricò, urtando anche Bianca e facendola cadere

      "Stai bene, Bianca?" chiese Tom, non osando venire in suo soccorso. "Non ho mai visto un cavallo così traumatizzato. - disse tristemente - Sì, credo che l’unica cosa da fare sia sopprimerla.”

      "No! - gridò Bianca - Dovete darle un’altra possibilità! Per favore!"

      "Credo che tu abbia torto, tesoro. - disse l'altra donna - Sopprimerla è la cosa più caritatevole che possiamo fare, per lei.”

      Alzandosi dal pavimento della stalla e spazzolandosi goffamente la segatura dai jeans, Bianca si affrettò verso la puledra, che si era allontanata e ora si trovava nell'angolo più lontano della stalla, tremante. Rimase accanto al garrese della puledra, calmandola, carezzandole il collo con la mano, parlandole dolcemente, e lentamente Rose si rilassò.

      "Guardate!" disse, sapendo che questa poteva essere stata l'unica possibilità di lottare per quel cavallo. "Comincia già a fidarsi di me!" Ma sentiva che stava combattendo per una causa persa: poteva leggere un profondo scetticismo sui volti dei proprietari.

      Clay arrivò con il veterinario e Bianca rimase insieme a Rose nella stalla per tenerla calma, mentre il veterinario la esaminava. Tom aveva chiesto specificatamente di un veterinario donna e così Rose rimase ferma, ma era estremamente tesa, il suo corpo tremava, anche con Bianca in piedi accanto a lei a infonderle coraggio. Il viso del veterinario era cupo mentre esaminava il cavallo e quando uscì dalla stalla scosse la testa.

      "È stata maltrattata troppo gravemente. – disse la donna – L’hanno torturata sia fisicamente che mentalmente.” aggiunse con tristezza, elencando le ferite della puledra sulla punta delle dita. "Non sono sicura che possa essere riabilitata. Potrebbe valere la pena di provare, ma non posso garantire che funzionerà. La cosa più umana da fare sarebbe sopprimerla."

      "No!" gridò ancora Bianca, gettando le braccia intorno alla cavalla a proteggerla. Sorpresa, la puledra si impennò, sollevando Bianca in aria.

      "Sì! – esclamò uno degli uomini – E’ evidente che è pericolosa. Un cavallo del genere non è più buono per nessuno.” Si rivolse ai suoi compagni e, sebbene lei non riuscisse a sentire cosa si stavano dicendo, capì che si stavano accordando per sopprimere il cavallo.

      "Cavolo!" si mise a piangere Bianca, al colmo della disperazione, rialzandosi da terra e con le lacrime che le sgorgavano copiose dagli occhi. "È solo spaventata! Diglielo anche tu, Clay! Aiutatemi a salvare questa povera bestia! M’impegnerò io. La addestrerò nel mio tempo libero ma, per favore, datele un’ultima possibilità!" Ma, mentre diceva queste parole e s’impegnava fino al collo, sentì una fitta al cuore. Era davvero disposta a rinunciare al poco tempo che le rimaneva assieme a sua sorella per un cavallo? Annie avrebbe capito la sua decisione?

      Clay si fermò davanti alla porta della stalla e le fece cenno di seguirlo. Le ci volle tutta la forza che aveva in corpo per obbedire e abbandonare la cavalla al suo destino, ma alla fine seguì Clay qualche metro fuori dell'edificio, in una stalla vuota dove potevano parlare in pace.

      "Perché vuoi farla continuare a soffrire?- le chiese – E’ ridotta troppo male. La cosa più pietosa è sollevarla dalle sue sofferenze." Se ne stava appoggiato distrattamente contro il muro, con un piede rivolto all’indietro e le braccia incrociate sul petto. Se non fosse stata così sconvolta, a Bianca sarebbe piaciuta rimanere a guardarlo mentre era in quella posizione. Sembrava così imponente, così controllato... e così incredibilmente bello!

      "Non te lo so spiegare. – rispose - So solo che ho bisogno di quella puledra. È come se fosse parte di me, come se fossimo accomunate da qualcosa. Siamo entrambe a pezzi, entrambe malate, e se darete una possibilità a lei è come se la deste anche a me.” Guardò Clay con gli occhi sbarrati, sperando che lui capisse. "Clay, a me avete dato una possibilità. Ora datela anche a lei, vi prego.”

      Clay la guardò in silenzio per qualche istante, immerso nei suoi pensieri, poi annuì. "Va bene, ci proverò. Non posso prometterti niente, ma ci proverò."

      Mentre Bianca tornava nella stalla per trascorrere un altro po’ di tempo con la puledra, Clay parlò a bassa voce a suo padre, poi guidò i proprietari nell'ufficio al piano rialzato. Bianca raccolse il pennello, per finire di togliere il sangue secco dal mantello della bestia, e incrociò le dita.

      * * *

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      Annie era già sotto le coperte, quando Bianca tornò a casa quella sera; non aveva nemmeno la forza di alzarsi. Le lacrime le riempirono gli occhi mentre Bianca le raccontava di Rose e del destino che molto probabilmente l'attendeva.

      "Sarai in grado di salvarla, Bee, - la rassicurò Annie - Se qualcuno può aiutare quel cavallo a guarire, quella sei tu."

      "Ma significa che passerò meno tempo con te.” sussurrò Bianca, sopraffatta dal senso di colpa.

      Annie si limitò a sorridere debolmente. "Io sono sempre con te, - sussurrò – In ogni momento del giorno, sono accanto a te, proprio lì nel tuo cuore." Il suo sorriso e l’influenza che aveva sulla sorella la facevano apparire forte, ma Bianca sapeva quanto in realtà Annie fosse fragile.

      "Stai comoda?" chiese Bianca, sapendo benissimo che non lo era, ma non sapeva in quale altro modo aiutarla. Se avesse potuto avrebbe cancellato il dolore di sua sorella, o l'avrebbe preso su se stessa, ma così si sentiva impotente.

      "Sto bene. - la rassicurò Annie - Domani vedrò se il dottore può aumentarmi la dose di morfina.”

      Bianca si accigliò, ma non disse nulla. Sapeva che Annie odiava essere contraddetta, ma era così difficile rimanere impassibile nel vedere la persona che amava di più al mondo soffrire tanto.

      Dormì nel letto con Annie quella notte, tenendosi stretta la sorella che gemeva nel sonno, afflitta dal dolore.

      Bianca dormì a malapena. Sentì il padre tornare a casa barcollando a notte fonda, dopo avere annegato i suoi problemi nell’alcool. La malattia di sua figlia lo aveva colpito duramente: dopo tutti quegli anni trascorsi a lavorare e fare da padre single, stava perdendo una delle sue preziose figlie e, a peggiorare le cose, non c'era niente che potesse fare per alleviare le sue sofferenze. Bianca sapeva quanto soffrisse a dover stare a guardare Annie che moriva lentamente, e sapeva anche quanto si aveva fatto per lei. Con quanti terapisti aveva parlato, quanti oncologi aveva consultato, a quante visite in ospedale aveva sottoposto Annie! Niente era servito. Aveva combattuto coraggiosamente, ma ormai era chiaro che il tempo di Annie era scaduto e che lei aveva perso la sua battaglia.

      Asciugandosi le lacrime con la coperta nel letto di sua sorella, Bianca si riaddormentò piangendo, le spalle che tremavano per i singhiozzi repressi.

      * * *

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      La mattina dopo, i suoi tic erano più forti del solito. La stanchezza, unita all’ansia, le faceva fare delle smorfie orribili e quasi di continuo. A peggiorare le cose, erano tornati anche i suoi tic vocali. Schiarirsi la gola poteva anche andare - era una cosa normale che chiunque poteva fare ogni tanto - ma l'ecolalia era un problema. Finora era stata in grado di controllarla mantenendo la voce bassa, ma sapeva che, alla velocità con cui i suoi tic si stavano intensificando, non sarebbe passato molto tempo prima che ripetesse ad alta voce le parole che sentiva pronunciare da chi le stava attorno. Cosa avrebbe pensato Clay allora? Le avrebbe permesso di continuare a lavorare lì? O avrebbe chiesto a suo padre di licenziarla? O, peggio, avrebbe minacciato di nuovo di sculacciarla, per avergli mentito? Non che gli avesse mentito - l'ecolalia non si era ripresentata nemmeno quando Tom Lewis l'aveva presa in giro - ma a meno che Clay non avesse capito cosa significasse la sindrome di Tourette, non le avrebbe creduto.

      Era persa nei suoi pensieri mentre guidava Big Red fuori dalla sua stalla e lo legava saldamente al gancio esterno. Sorrise, pensando a Clay. Aveva avuto molto a che fare con lui da quando aveva iniziato a lavorare