Libro, campanella e candela con Johnny Astor e Mia Bold. Mia si chiese se l’ordine dei loro nomi dicesse niente sul loro status o fosse semplicemente alfabetico.
“Benvenuti allo show. Ormai sapete tutti che mi sono occupato di Ghosted. Ma sapete anche che ho studiato per diventare ingegnere meccanico? È così. Mi annoiavo, quindi mi sono messo a trafficare con gli effetti speciali. Sapete qual è il peccato cardinale dell’intrattenimento? La gente noiosa. Quello che ho imparato dagli effetti è questo: spaventato è l’opposto di annoiato. La gente adora essere spaventata.” Fece una pausa e si guardò attorno, fissandoli uno per uno, permettendo alla sua rivelazione di fare presa nelle loro menti. “Ebbene, siamo uno show serio,” continuò. “Esploreremo i fatti che si trovano dietro ai fenomeni, certo. Cavolo, abbiamo una scettica scientifica proprio qui, pronta a fregarci se dovessimo sgarrare. Ma intendiamo anche costruire tensione. Intendiamo terrorizzare la gente, e il nostro regno del terrore inizia domani sera, proprio qui, con il caso della Locanda del Gatto Nero.”
Domani sera? Come avrebbe potuto andare a regime – analisi del caso, ricerca di spiegazioni alternative – con un solo giorno di preavviso?
“Ma non ho avuto il tempo per indagare,” disse Mia.
“Ti ho prenotato il locale tutto per te domani pomeriggio,” disse Ollie.
In quella la porta si aprì di scatto e fece il suo ingresso un uomo che Mia ipotizzò essere Johnny Astor. Era alto e magro, vestito con jeans neri e una maglietta anch’essa nera. Pure i capelli erano neri, chiaramente tinti. Mentre si avvicinava al tavolo, sorrise con abbagliante senso di autostima.
“Scusate il ritardo,” disse, sedendosi su uno sgabello. “Spero di non essermi perso niente.”
“Graham ci sta spiegando il peccato cardinale,” disse Ollie.
“La gente noiosa?” chiese Johnny, guardando Mia dritta negli occhi. Le tese una mano. “Quindi tu sei Mia Bold. Ho ascoltato The Vortex, o comunque il primo episodio.”
Mia arrossì. Il primo episodio? La stava insultando?
Johnny si chinò in avanti e la fissò negli occhi. Aveva iridi verdi e luccicanti, come un prato erboso che brilla dopo la pioggia.
“Senti, senza offesa, ma il tuo show era un po’… asciutto. Cos’è che hai detto dell’Hotel Stanley in Colorado? Quello su cui Stephen King ha modellato The Shining? Ah sì, mi ricordo. Hai attribuito il fenomeno a delle ‘radiazioni naturali provenienti da formazioni rocciose che portavano a picchi dell’energia magnetica sui terreni’ e i gemiti che gli ospiti sentivano erano ‘versi di alci che si chiamavano durante la notte’? Ho dovuto praticamente fare il contorsionista per seguire il tuo discorso. Voce fantastica, comunque.” Le sorrise di nuovo, come un fascio di luce capace di distogliere l’attenzione dalle sue parole ingiuriose.
Mia non poteva credere a quanto fosse altezzoso quell’uomo. La gente gli permetteva sempre di passarla liscia con quel suo comportamento?
“Tu da cosa pensi siano stati causati i fenomeni allo Stanley?” gli chiese sbuffando. “Hai una teoria sulle apparizioni? Il piano? Le voci disincarnate dei bambini?”
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