il vento gliela sbatté nuovamente in faccia.
"Maledizione,” esclamò. Il compito fu ancora più difficile la seconda volta, perché la pioggia era entrata all'interno formando delle pozze, e le sue scarpe scivolavano sul pavimento bagnato.
Riuscì ad aprire la porta di qualche centimetro, quindi ci infilò uno stivale, sputacchiando e sbattendo le palpebre per scacciare la pioggia che le arrivava in faccia.
"Ok, ci sono!"
Era fuori, con la porta che batteva dietro di lei e le raffiche burrascose che la sferzavano lateralmente mentre procedeva verso la sua importante – anzi, critica – missione.
Scivolando e sbandando lungo il pendio ghiaioso, con il sentiero reso invisibile dal buio, Olivia riuscì in qualche modo a raggiungere la piantagione di vigne più vicina.
Si tolse un guanto e prese il cellulare dalla tasca interna della giacca, accendendo la torcia con le dita già intorpidite.
Olivia si sentì il cuore gonfio di sollievo e di orgoglio.
I robusti tralci di vite stavano resistendo bene alla pioggia torrenziale. Anzi, sembravano prosperare, ondeggiando nel vento con le foglie appena nate di un verde brillante nel bagliore della torcia. Era gratificante pensare che il concime e il terriccio che aveva aggiunto con tanta cura era penetrato nel terreno, pronto a nutrire le radici in espansione.
A differenza di lei, la sua prima coltivazione di uva sembrava perfettamente adatta a sopravvivere all'imminente inverno toscano.
Sospirando – o meglio, schizzando – di sollievo, Olivia si rimise il cellulare in tasca e si voltò. La seconda parte della sua missione era ancora più importante della prima.
Stringendo i denti, si fece strada attraverso la tempesta, dirigendosi verso la sagoma quasi invisibile del grande fienile.
Quando vi giunse, era bagnata fradicia e tremava. Attraversare la soglia aperta del granaio entrando nell'ambiente silenzioso e odoroso di muffa fu un sollievo. Nonostante Olivia non avesse ancora provveduto a mettere delle porte all'enorme ingresso del vecchio ma solido edificio, rimase sorpresa da quanto il fienile fosse asciutto. Chiunque l'avesse costruito, doveva conoscere molto bene la direzione dei venti, e doveva aver fatto in modo che l'ingresso del fienile fosse riparato.
Molto tempo prima, quel fienile dal soffitto alto era stato un edificio per la produzione di vino, e Olivia era decisa a ripristinarlo, non appena avesse rimosso l'enorme mucchio di macerie che lo occupava e non appena lo avesse dotato di porte per proteggerlo.
Per il momento, tuttavia, aveva un'altra funzione.
Con le dita intorpidite, Olivia riaccese la torcia del telefono.
Il fascio di luce danzò su un mucchio di paglia collocato in un angolo del fienile che formava un letto asciutto, caldo e riparato.
Che era vuoto.
Dov'era Erba?
Olivia si morse il labbro. Non sapeva da dove cominciare a cercare quella capretta dalla mentalità indipendente. Avrebbe dovuto perlustrare tutta la fattoria!
Poi, con la coda dell'occhio, intravide un movimento al di sopra della sua testa.
Alzando lo sguardo, vide Erba che la guardava dall'alto della pila di balle di fieno. Evidentemente, aveva deciso che quel trespolo alto e dall'aspetto scomodo fosse molto più invitante del lettino di paglia che Olivia le aveva preparato con amore.
"Erba! Che ci fai lassù?” Olivia spostava il peso da un piede all'altro, battendo i denti. Erba restò a guardarla con calma, mentre gli abiti inzuppati di Olivia gocciolavano, formando pozzanghere a terra.
"Devi scendere. La cena è in ritardo, lo so, ma adesso è ora!"
Accanto alle balle, c'erano un secchio d'acqua rosa e una grande cassa d'acciaio che Olivia aveva acquistato. Controllò l'acqua di Erba prima di aprire la cassa e di tirare fuori un po’ di alfalfa nascosta all'interno. Aveva dovuto comprare la cassa perché Erba andava matta per l'alfalfa. Olivia aveva scoperto divertita che l'alfalfa in italiano veniva chiamata anche erba medica. Davvero azzeccato!
Sistemò la manciata di foglie verdi nel letto di paglia e guardò con ammirazione mentre Erba saltava agilmente giù dalla catasta di balle, si dirigeva avidamente verso la sua cena, e cominciava a mangiare. Olivia si chinò in avanti e grattò la capra sulla testa. Il pelo sembrava morbido, caldo e asciutto.
Olivia doveva ammettere che il suo inesistente stabilimento di vinificazione era stato riconvertito con successo a stalla per capre. Non era sicura di avere quello che serviva per diventare una viticoltrice, ma stava facendo un lavoro fenomenale come allevatrice di capre. Erba non poteva desiderare di meglio.
In quel momento, le squillò il cellulare.
"Ciao, Olivia! Sono Bianca. Come va da quelle parti?”
Le labbra intorpidite di Olivia si incurvarono in un sorriso.
Bianca era stata la sua assistente all'agenzia pubblicitaria, e lavorava ancora lì. Non solo; qualche tempo prima, aveva mandato un'email ad Olivia per dirle che era stata promossa alla posizione di account manager.
"Che bello sentirti.” Era entusiasta che Bianca avesse trovato un momento per chiamarla. A Chicago era metà mattinata, quindi Bianca doveva trovarsi al lavoro.
C'era solo un problema. Se Olivia avesse continuato a parlare con Bianca là fuori, sarebbe morta di freddo prima che la conversazione finisse.
"Puoi darmi un momento? Devo tornare di corsa alla fattoria. Sono nel fienile, in questo momento.”
"Nel fienile!” ripeté Bianca entusiasta, come se fosse la location più esotica che avesse mai sognato.
"C'è un acquazzone e si gela, quindi devo tornare in casa.”
"Accidenti, è inverno lì?” Bianca sembrava confusa, come se avesse pensato che in Toscana fosse sempre estate. Beh, a dire il vero, per un po’ l'aveva creduto anche Olivia.
"Autunno inoltrato, ma abbiamo del freddo fuori stagione. Il tempo sta cambiando anche lì?"
Bianca restò un momento in silenzio.
"Non saprei. Le persiane del mio ufficio sono chiuse.”
Se non fosse stata in preda a brividi così violenti, Olivia sarebbe scoppiata a ridere. "Dammi un minuto. Buonanotte, Erba” disse alla capra.
Poi Olivia uscì dal fienile, procedendo a testa china quando una sferzata di pioggia la colpì.
Si fiondò oltre la porta d'ingresso, scivolò sulle pozze d'acqua che aveva completamente dimenticato, e si fece il corridoio in aquaplaning, mulinando le braccia.
Per fortuna, quando arrivò alla cucina, aveva già rallentato e riuscì ad afferrarsi allo stipite della porta e ad entrare barcollando.
Tirò un sospiro di sollievo per essere tornata sana e salva nel suo angolo felice.
Grazie al fuoco che bruciava nel focolare, la stanza era calda al punto giusto. Le tende, di una pesante stoffa verde e bianca a quadri, erano tirate, per chiudere fuori la tempesta. Olivia aveva riflettuto a lungo sui ripiani dei mobili, optando, alla fine, per un marmo color lime chiaro. Era entusiasta del tocco luminoso e fresco che dava alla stanza. Quando le tende erano aperte, il verde dei ripiani sembrava riprendere il colore delle colline lontane, facendo sentire Olivia connessa con l'ambiente esterno.
Si tolse la giacca e i guanti, si sfilò gli stivali e si diresse verso il soffice tappeto davanti al camino. Si sedette a gambe incrociate accanto al suo gatto semi-addomesticato bianco e nero, Pirata, che stava rannicchiato su un angolo del tappeto, profondamente addormentato.
"Sono in casa,” disse a Bianca.
"Come va la con il tuo progetto di viticoltura?" chiese l'ex assistente. "Il tuo vino è già pronto? Posso ordinarne una bottiglia?”
"Beh, le viti che ho piantato sono ancora piccole,” spiegò Olivia. "Produrranno l'uva solo l'anno prossimo, non prima. Sono fortunata che siano germogliate prima dell'inverno! Ci sono delle viti selvatiche nella tenuta, e ne scopro altre ogni volta