borbottò. “Cento persone stupide che calpestano la scena del crimine e rovinano le prove. Cose come questa più che altro attireranno l’assassino stesso.”
“Non l’assassino.”
John inarcò un sopracciglio.
“L’aggressore di Amanda, il rapitore. Non ha ancora ucciso nessuno. Non che noi sappiamo. C’è qualcos’altro in ballo qui.” Adele fece una pausa, considerando i propri spiacevoli pensieri. Percepì vagamente un brivido freddo lungo le braccia. Un rapitore, con vittime che potenzialmente andavano indietro di anni. Pensò ad Amanda, a quello che la povera ragazza aveva sofferto. Cosa stavano subendo gli altri in quello stesso momento? Passò un secondo. Poi un altro. Ogni istante era un promemoria della pena sofferta dalle vittime del rapitore. Sempre che fossero ancora vive… Ogni istante era un promemoria del tempo sprecato che come un bisturi incideva un minuto dopo l’altro.
“Va bene. Se non è un assassino, significa che abbiamo una possibilità di recuperare vive queste persone di cui Amanda ha parlato.”
Adele stava ancora camminando avanti e indietro nella piccola cucina. Sentì il rombo di un aereo sopra alle loro teste, per la terza volta nell’ultima mezz’ora.
Incrociò le braccia e fissò John, adottando una postura simile alla sua. “Pensi che ci possiamo fidare della parola di Amanda? La detective alla centrale sembrava pensare che stesse vaneggiando.”
John si grattò un orecchio e premette una mano sul portatile chiuso. Sembrava contento di aver distolto l’attenzione dai file. “Non ne sono sicuro,” disse. “Capisco dove la detective voglia andare a parare. La ragazza non è esattamente una testimone affidabile. Magari era davvero allucinata.”
“E pensi che abbia avuto le allucinazioni per cinque mesi?”
John scosse la testa. Respirò piano, le narici che si dilatavano per la pressione dell’aria. “Ovviamente no. Era scomparsa. Ma per quanto riguarda gli altri, non sappiamo se un assassino li tenga prigionieri. In genere, quando veniamo chiamati per un caso come questo, tendono ad esserci cadaveri e più vittime. Al momento ci stiamo affidando alla testimonianza di una testimone inaffidabile, che è ancora viva.”
“Viva a malapena.”
John scosse la testa. “Lo stesso. È un caso strano. Ma come hai detto tu, penso che dovremmo dare un’occhiata alla scena dove è stata trovata.”
Adele era contenta di poter uscire da quella piccola e soffocante stanza del motel. Ed era anche contenta di potersi rimettere in movimento, di non dover stare più seduta. Basta ospedali, basta claustrofobiche stanze di motel. Era strano sentirsi grati che la scena di un crimine si trovasse in una foresta, ma era così che lei si sentiva.
“Lasciami prendere la giacca. Torno subito,” disse, mentre John si alzava dal tavolo e andava verso la porta.
CAPITOLO OTTO
Lo sconosciuto teneva stretto il volante del suo furgone, muovendosi ad andatura tranquilla lungo la statale fuori dalla Foresta Nera. Aveva un sorriso piacevole stampato in viso e stava canticchiando sommessamente a tempo con la gradevole melodia classica che usciva dalle casse del suo furgoncino.
Ma dentro di sé, la mente dello sconosciuto era in completa rivolta. A guardarlo, sarebbe stato quasi impossibile riconoscere l’emozione. Eppure, di tanto in tanti la sua mano destra afferrava il volante e ruotava. Quella sinistra stava salda e ferma. Ferma, immobile, vuota.
“Hai voluto scappare, eh,” mormorò sommessamente. Parlava tra sé e sé, le labbra sempre piegate in un sorriso. L’uomo era un vero camaleonte. Sapeva come recitare la sua parte, forse meglio di chiunque altro.
Un paio di autisti gli passarono accanto. Quelle strade erano generalmente vuote così a notte fonda, dato che la gente preferiva evitare i tratti di statale che erano rimasti privi di illuminazione a causa della tempesta di neve di due settimane prima. Ma durante il giorno il traffico era piuttosto sostenuto in mezzo alla foresta.
L’uomo ovviamente usava questa strada tutti i giorni. Questa era casa sua.
E una casa andava rispettata. Una casa non rispettava diventava un semplice edificio. E un edificio diventava un peso. Un peso diventava qualcosa che andava abbandonato.
La mano destra dell’uomo strinse di nuovo il volante e le nocche sbiancarono mentre le dita si chiudevano sulla superficie di cuoio.
Disobbedienza. Che cosa stupida. Tutti i bambini andavano puniti. Se non venivano puniti, si comportavano male. E non c’era niente di più dannoso per una casa che dei bambini irrispettosi. Lui l’aveva imparato crescendo. Si schiarì la gola al pensiero e si sistemò le maniche. Subito sopra alla mano sinistra, poteva vedere la parte deformata e ustionata della pelle malamente guarita. Le bruciature di sigarette salivano lungo tutto il braccio, espandendosi al petto e alla schiena. Lui aveva conosciuto le punizioni. Ed era diventato ciò che era. Uno che si comportava bene. Il sorriso sempre stampato in viso. La gente si era spesso sentita attratta da lui, solo sulla base della sua personalità.
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