Dr. Juan Moisés De La Serna

Approccio Alla Neuromatematica: Il Cervello Matematico


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linguistica, e anche si conoscono alcune patologie correlate come la balbuzie o le afasie, ma si può parlare di cervello matematico?

      Nonostante possa essere considerato un grande sconosciuto, siamo tutti nati con un cervello particolarmente dotato per l’elaborazione della matematica come verrà presentato in questo lavoro, essendo alla base della differenza tra chiunque di noi e il genio che fin dall’infanzia si è dedicato alla sua “coltivazione”.

      Come accade con un muscolo, il cervello risponde ad un “esercizio” costante di fronte a un determinato compito, quindi se dedichiamo otto ore al giorno ad essere un buon pittore, sebbene in linea di principio non abbiamo molte capacità per farlo, la pratica ci farà migliorare le nostre prestazioni, e accadrà anche se passiamo del tempo a giocare a tennis, miglioreremo la nostra tecnica e il nostro gioco.

      La matematica da parte sua non potrebbe essere diversa, quindi, come ogni altra abilità, allenarla fin dall’infanzia, in modo sostenuto e costante per un numero elevato di ore consentirà una prestazione superiore a qualsiasi altra persona che non abbia tale formazione e quindi la sua esecuzione sarà sorprendente almeno nell’adolescenza e nella vita adulta.

      Si tratta di una posizione contraria a quella di alcune attuali prospettive educative, dove il bambino è incoraggiato ad esplorare diversi ambiti senza limiti e soprattutto senza sforzo, così che in qualche modo è il bambino a scegliere ciò che desidera per il proprio futuro in base a ciò che più cattura la sua attenzione o gli piace in quel momento.

      Indipendentemente dalla scoperta della tendenza alla matematica, per imposizione dei genitori, per auto-scoperta, o perché il centro educativo lo ha suggerito al momento di ottenere punteggi alti in alcuni dei test ai quali periodicamente vengono sottoposti i minori per conoscere il loro livello di sviluppo, comunque sia, il passo successivo è allenarsi per raggiungere il massimo potenziale e per questo interviene anche la neuroscienza, e tutto questo inizia con il conoscere come funziona il cervello.

      Negli ultimi anni è emerso un nuovo termine a questo proposito, Neuromatematica, sebbene sia stato utilizzato per determinare quella branca della scienza incaricata di studiare e analizzare il cervello e la sua attività con metodi matematici (Almira & Aguilar Domingo, 2016).

      D’altra parte, in questo lavoro viene presentato un significato diverso, considerando che la neuromatematica è responsabile dello studio e dell’analisi del funzionamento neuronale di fronte ai diversi compiti della matematica, siano essi semplici o complessi.

      Un ambito poco sviluppato in alcuni Paesi, ma che sta gradualmente acquisendo importanza, non solo per la nuova prospettiva che offre sulla comprensione del cervello, ma anche per le possibilità di sviluppare nuove tecniche di apprendimento applicabili ai diversi livelli di istruzione. Ma a parte l’enorme vantaggio che il miglioramento del processo di apprendimento può portare agli studenti, forse il campo più emozionante è lo studio del cervello dei geni della matematica, ma dove sono?

      A differenza dei grandi musicisti o artisti che si possono trovare nelle riviste di attualità, o anche partecipando ad un evento di beneficenza organizzato per determinate cause di solidarietà, è più difficile trovare i geni della matematica.

      Forse in grandi aziende come Google ricoprono posizioni di ingegneri, anche se chiediamo loro di non considerarsi geni, ma dei normali dipendenti, come è successo a Dª Margaret Hamilton, una matematica e ingegnere di Software della NASA che ha sviluppato i calcoli necessari per arrivare sulla Luna.

      Forse i geni della matematica potrebbero essere ricercati tra i vincitori del Premio Nobel, anche se è vero che c’è qualche matematico, non esiste un premio per questa categoria in quanto tale, solo nelle aree della fisica, della chimica, dell’economia, della medicina, letteratura e pace.

      D’altra parte, i matematici più eminenti possono aspirare a una delle quattro medaglie Fields che vengono assegnate ogni quattro anni ai minori di 40 anni, equivalenti ai novizi, tenendo conto che si potrebbe intendere che questi vincitori siano vicini all’essere geni di matematica, soprattutto perché devono distinguersi in questo campo con un’età inferiore ai quarant’anni.

      Ciò ha ritardato la conoscenza della matematica tra le più importanti in questo campo, anche se oggi grazie alle neuroscienze è possibile sapere quali sono le aree del cervello coinvolte e come potenziarle.

      Per comprendere come funziona il cervello quando esegue un’operazione matematica più o meno complessa, la prima cosa da capire è che cos’è il cervello, di quali parti è composto e come funziona. Questa è la parte più difficile per qualsiasi matematico che voglia avvicinarsi alle neuroscienze, ma proprio per questo proverò a presentarla in modo breve e semplice senza entrare troppo in profondità, ma con informazioni sufficienti per comprendere la complessità di questo organo.

      La prima cosa che va indicata e spiegata è che ci sono termini che sono usati colloquialmente in modo simile ma che non lo sono anatomicamente, cioè come di solito si parla di testa, cervello o encefalo indistintamente, che è adeguato e corretto per qualsiasi altro ambito, ma all’interno delle neuroscienze è necessario fare delle distinzioni. Il cervello è diviso in tronco cerebrale, cervelletto, diencefalo e cervello.

      - Il tronco encefalico è costituito da tre parti, il midollo allungato (dove vengono regolate alcune funzioni come respiratoria, diametro vascolare e battito cardiaco; oltre a singhiozzo, tosse o vomito); rigonfiamento (partecipa alla regolazione della respirazione); e mesencefalo (contiene la substantia nigra e partecipa alla regolazione dell’attività muscolare). Dal tronco escono dieci nervi cranici che innervano le strutture della testa. La formazione reticolare mantiene l’attenzione e lo stato di allerta.

      - Il cervelletto è responsabile della coordinazione motoria fine e grossolana, oltre a partecipare alla postura, all’equilibrio e al tono muscolare.

      - Il diencefalo è diviso in talamo (responsabile dell’integrazione di informazioni, coscienza, apprendimento, controllo emotivo e memoria) e ipotalamo (regola comportamento ed emozioni, temperatura corporea, sete e fame, cicli circadiani e stati di coscienza, secrezione dell’ormone ipofisario e regolazione del sistema nervoso autonomo).

      - Il cervello, dove si sviluppano le funzioni cognitive, le decisioni consapevoli, l’apprendimento relazionale o il linguaggio, tra molte altre cose.

      Una volta presentate le diverse parti, va chiarito che tutto questo appartiene a quello che è noto come sistema nervoso, il cui sviluppo inizia nel grembo materno, e al momento della nascita non ha ancora finito di formarsi, richiedendo anni per arrivare allo stato adulto.

      Il sistema nervoso si sviluppa a partire dal tubo neuronale dove, intorno alla quarta settimana di gestazione, si divide in tre vescicole cerebrali, il romboencefalo, il mesencefalo e il proencefalo. A cinque settimane di gestazione, le cinque vescicole da cui si svilupperà il cervello sono già formate, dividendo il romboencefalo in metencefalo (ponte e cervelletto) e mielencefalo (tronco encefalico o bulbo); il mesencefalo darà origine al peduncolo cerebrale e quattro collicoli, due superiori legati alla vista e due inferiori legati all’udito; il proencefalo sarà diviso in due, il diencefalo (talamo, ipotalamo, sottalamo, epitalamo e terzo ventricolo) e il telencefalo (emisferi cerebrali).

      Sebbene il cervello non finisca di svilupparsi all’interno dell’utero, è stato dimostrato come il bambino sia in grado di captare le differenze di stimolo, sia visive che uditive, e attraverso queste gli si può “insegnare”, ma è necessario capire i limiti del processo, perché i circuiti neurali non sono consolidati, nonostante i cambiamenti nell’attività elettrica cerebrale sono stati osservati nei neonati, a fronte di determinati stimoli presentati mentre nell’utero, confrontando i bambini esposti con quelli non esposti a determinati stimoli, mostrando così l’apprendimento.

      Una volta spiegate le parti dell’encefalo e la loro differenziazione dal cervello, si deve fare la distinzione rispetto al termine usato colloquialmente per indicare la testa, che si riferirebbe al contenitore dell’encefalo, cioè quella parte protetta dalle ossa del cranio e dalle meningi (duramadre, aracnoide e piamadre) fluttuanti nel liquido cerebrospinale.