Dawn Brower

Passione E Bugie


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lui e quindi si era messo in gioco ... Tutta la sua vita era cambiata, dopo l’incontro con quel criminale. La persona che Wes conosceva era diventata qualcun altro. Doveva farlo, se voleva rimanere in vita. Eric aveva molti rimpianti, ma dover rinunciare al suo miglior amico e alla donna che amava erano stato sacrifici quasi insostenibili. Si era costretto a sopportare solo per tenerli al sicuro. Avevano una vita davanti e non potevano pagare per i suoi errori.

      "Ok, per ora non ti chiederò più nulla. Confido però che un giorno mi darai delle spiegazioni…” mugugnò Wes, con tono risentito.

      "Se riuscirò a tirarmi furi dai guai ti racconterò tutto…” Avrebbe tanto voluto confidarsi con Wes…ma non poteva. Dio, quanta solitudine nella sua vita!

      "Ok.” rispose Wes. E tacque. Era evidente che la cosa non gli piaceva affatto. “Ora dimmi come faremo a salvare le ragazze.”

      "Ho un gancio lì dentro…e mi auguro che sia ancora vivo.” Se Miguel non avesse scoperto la talpa le cose sarebbero andate per il meglio. “Ci sono sette squadre in attesa d’intervenire a un mio segnale…ma ti avverto che sarà tutto un casino!”

      "Non ne dubito.” rispose Wes, stringendosi nelle spalle.

      In realtà sarebbe stato un massacro, ma non voleva che Wes lo sapesse…anche se probabilmente lo aveva già intuito. “Ce la faremo!” esclamò Eric, provando a infondere fiducia nell’amico."

      Eric accostò una strada laterale e parcheggiò il suo veicolo. Spense tutte le luci e fissò una casa in lontananza.

      "È lì che le tiene?" domandò Wes.

      "Si." Eric Fissò la casa dove erano state imprigionate Vivian e Vitoria.

      "Cosa stiamo aspettando?"

      Un miracolo ... Aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile per riuscire a liberarle e restare vivi. “Il segnale di via libera.”

      Proprio in quel momento, il cellulare di Eric cominciò a vibrare, L’uomo fece un cenno all’amico ed entrambi scesero silenziosamente dall’auto.

      "Va bene, ora ti dirò quello che faremo. Cercherò di tenere impegnato Miguel. Tu raggiungi la stanza in cui sono prigioniere le ragazze e cerca di portarle fuori. Poi scappa il più rapidamente possibile.”

      Wes si fermò e lo fissò. "Che cosa? Dovrei lasciarti qui? Non se ne parla nemmeno!”

      "Fa come ti dico. I rinforzi arriveranno in tempo.” Aveva bisogno che Wes seguisse il suo piano. Se si fosse rifiutato o avesse fatto di testa sua sarebbe andato tutto a rotoli.

      "Non lo so…"

      “Fallo e basta, va bene? Ho bisogno di sapere che le ragazze sono in salvo. Non discutere con me, Wes, ti prego.”

      Wes annuì e seguì Eric dietro casa. Penetrarono di soppiatto. La talpa che Eric aveva dentro gli fece cenno di entrare. Eric si avviò da solo verso la parte anteriore della villa.

      Wes invece seguì la talpa in casa e si avviò verso la stanza che gli era stata indicata. Eric era già dentro e stava cercando Miguel. Lo trovò nel suo ufficio. Miguel sedeva a una scrivania, con una pistola in mano. Quando Eric entrò gliela puntò dritta contro, prendendolo alla sprovvista. Eric imprecò: non aveva preventivato una cosa del genere, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Si tuffò sull’uomo e la sua pistola. Non vedeva sentinelle in giro, quindi meglio approfittare dell’attimo. Ma proprio mentre i due uomini cominciarono a colluttare, Wes e le ragazze, con alle spalle un uomo che gli puntava una pistola alla nuca, fecero la loro comparsa nella stanza. Eric era riuscito a disarmare Miguel e ora gli teneva la pistola puntata alla tempia.

      "Stavano cercando di scappare." disse l'uomo che teneva sotto mira Wes, Vittoria e Vivian.

      Solo allora Eric si voltò a guardarli. Il dolore che gli si disegnò sulla faccia era evidente: non erano riusciti a fuggire, cazzo! Wes aveva fallito. Doveva provare il tutto per tutto. Sferrò un enorme colpo sulla testa di Miguel col calcio della pistola e poi puntò l’arma contro la sentinella. Ma Miguel si riprese e gli si avventò addosso mente le ragazze erano ancora sotto tiro. Ne seguì una colluttazione tremenda, che s’interruppe solamente quando il rumore di uno sparo echeggiò nella stanza. Un colpo andato a vuoto, ma tanto bastò per distrarre la sentinella, che puntò l’arma dritta contro la testa di Eric. Le ragazze cominciarono a urlare, ma Eric con un pugno poderoso fracassò la mascella di Miguel, che cadde riverso sulla scrivania in un lago di sangue.

      Un grido soffocato fece voltare Eric, giusto in tempo per vedere la sentinella cadere a terra, tramortita da un enorme vaso di pietra che Wes, approfittando dell’attimo di disattenzione, gli aveva rotto sulla testa. L’uomo cadde a terra con un grande tonfo. Miguel fece per reagire, ma un ennesimo pugno in faccia lo mise definitivamente fuori combattimento. Ora sia Miguel che la sentinella giacevano riversi sul pavimento.

      "Oh Dio, Wes, stai bene?" gridò Vittoria precipitandosi al fianco di Wes.

      "Tu…chiedi a me come sto?” rispose Wes, con voce tremante.

      I due si abbracciarono spasmodicamente, scoppiando a piangere. “Oh, Dio cara… - gemette Wes - Ti hanno fatto del male?”

      "Sto bene, sto bene…” continuava a singhiozzare Vittoria.

      Wes colava sangue dalla spalla. Alzò lo sguardo e incontrò lo sguardo di Eric.

      "Non hai un bell'aspetto amico." Afferrò il cellulare e compose il numero interno della polizia, chiedendo di inviare subito soccorsi e un’ambulanza. Wes non sarebbe morto.

      Nel frattempo, Wes non faceva altro che singhiozzare e stringere Vittoria convulsamente a sé. “Ti amo, ti amo…” continuava a ripeterle.

      "E io amo te, Wes!” singhiozzava di rimando Vittoria. Una scena davvero straziante.

      Wes crollò a terra di colpo e perse conoscenza, mentre Vittoria urlava. Poco dopo la sirena di un’ambulanza echeggiò nel cortile interno della villa.

      Eric strappò Vittoria dal suo amato, mentre entravano i paramedici. “E’ tutto a posto, cara. Wes non morirà. E’ una ferita profonda ma non mortale, si rimetterà presto. E’ svenuto perché ha perso molto sangue.” Un gruppo di agenti in divisa ammanettarono i malviventi ancora svenuti a terra, poi furono chiamate altre ambulanze. C’era sangue dappertutto…e di sicuro le guardie del corpo avevano già preso il largo. Che macello! Eric gemette: Dallas non sarebbe stato molto contento.

      Si rivolse a Vivian, che per tutto il tempo se n’era rimasta in disparte, in silenzio. “Stai bene?” mormorò.

      La ragazza annuì: sembrava sotto shock. Eric le si avvicinò, la strinse a sé e poi provò a trascinarla via, afferrandola per un braccio. “Dai, ti porto in ospedale.”

      Vivien si divincolò con violenza: “Non ne ho bisogno!” sibilò.

      Eric la guardò stralunato. “Voglio che ti visitino. Sei sotto shock.”

      "Per me puoi anche andare all’inferno! Non farò nulla di ciò che dici!”

      "Viv ..."provò a dire Eric. Ma la ragazza gli tappò la bocca con la mano: “Basta Eric. Per me sei morto! Non ti perdonerò mai!”

      Eric annuì. Sapeva che ottenere il perdono di Vivian non sarebbe stato facile.

      "Ok, ma devi comunque farti visitare. Ne parleremo dopo. So che non mi perdonerai mai…e non posso darti torto.”

      "Giusto, che stupida! Sparisci per un anno, mi lasci in un mare di lacrime e ora risorgi sperando che nulla sia cambiato tra noi? Vattene, e lasciami in pace! In ospedale ci andrò con i piedi miei!”

      Si diresse vero Tori, ancora in lacrime, ferma a guardare come i paramedici imbracavano Wes sulla barella e gli infilavano il respiratore nel naso. “Andiamo, Tori. Saltiamo su un’ambulanza. Precediamo Wes. Non gli sarai molto d’aiuto se stai male anche tu.”

      "Ti ho detto che ti ci porto io. Tori può venire con noi…” insistette Eric.

      “Lasciami