Amy Blankenship

Cuori Maledetti


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spingendo Shinbe davanti a sé per tutto il tragitto.

      Tutta l’allegria sparì dal volto di Shinbe mentre raccontava al gruppo le sue paure per la debolezza della barriera. "So che abbiamo ucciso molti demoni che infestano la zona in sua attesa, ma a volte mi chiedo se non abbiamo dimenticato il vero problema." "Faremo i turni per sorvegliarla stasera." L'ordine di Kyou fece scoppiare una violenta discussione su chi sarebbe andato per primo a fare la guardia, e vinse Kyou.

      Nella sua forma d'ombra, Hyakuhei si appoggiò alla parete più lontana della stessa stanza dove i guardiani stavano discutendo. Stava a malapena prestando attenzione ai suoi nipoti mentre la sua mente era rivolta alla casa dove dormiva la ragazza in questione. Pensava che fosse triste che ancora non avessero il coraggio di chiamarla per nome e si chiese se non fosse il senso di colpa a trattenerli.

      Capitolo 3 “I ragazzi del liceo sono tutti ormoni”

      Kyoko si era sentita frustrata per tutta la mattina, nella ricerca di qualcosa di bello da mettersi. Non è che avesse tanta scelta, visto che al college doveva indossare sempre la stessa divisa. Per fortuna alla fine era riuscita a trovare qualcosa che desse un tocco di colore a quell’abbigliamento noioso.

      Una delle ragazze le aveva regalato per Natale un bel maglioncino. Era verde smeraldo, corto e con delle frange. Le era sempre piaciuto, ma non aveva mai avuto l’occasione di indossarlo. Ma ora, con sotto la gonna nera della divisa della scuola, si sentiva quasi eccitata all'idea di andare a fare shopping nel pomeriggio, per rinnovare il proprio guardaroba.

      Il signor Sennin, il giorno prima, in aereo, le aveva consegnato una carta di credito e degli appunti con tutte le informazioni sui soldi che aveva sul conto. Kyoko stava per gridare di gioia, quando aveva visto a quanto ammontasse il suo saldo. Per fortuna si era trattenuta, perché quella cifra si riferiva alle piccole spese. IL grosso dei soldi stava su ben altro conto.

      Ora però doveva risolvere un altro problema: come arrivare a scuola. Al suo vecchio college non permettevano alle ragazze di prendere la patente di guida e lei non aveva la più pallida idea se il bus della scuola sarebbe passato nei dintorni di casa sua... o se l’autista fosse stato avvisato di allungarsi fin lì. Fu quindi felicemente sorpresa quando sentì il clacson di un taxi sotto casa.

      Mentre si precipitava fuori e faceva cenno all’autista di aspettarla, pensò: “Grazie, signor Sennin!” e sorrise, poi salì sull’auto. "Bene, problema risolto."

      Nel frattempo, Shinbe si stava accomodando sul sedile passeggero della jeep di Toya, mentre Kyou e Kamui si dirigevano verso l'elegante mustang nera.

      "Spero solo che l'incantesimo barriera che le ho lanciato la scorsa notte possa impedire ai demoni di fiutarla e di fare irruzione al college." esclamò.

      Toya strinse i denti per la rabbia, al pensiero che non solo tutti i guardiani erano stati nella camera da letto di Kyoko, quella notte, ma che Shinbe doveva esserle stato a un palmo, per lanciarle quell’incantesimo; e questo lo rendeva ancor più furioso.

      Kotaro si mise gli occhiali da sole e salì a cavalcioni sulla sua motocicletta. "L'ultimo paga pegno!” gridò.

      *****

      Morendo dalla voglia di vedere sua sorella di persona, Tama si sedette sul muro di mattoni alto circa un metro di fronte al liceo. Lanciò un'occhiata a Hyakuhei, che era appoggiato al muro proprio accanto a lui, anche se Tama sapeva che nessun altro poteva vederlo, dato che era un'ombra. Finora era rimasto in silenzio a guardare gli studenti entrare nell’Istituto.

      Con il suo taglio di capelli da skater e dei vestiti nuovi, Tama sembrava uno studente qualsiasi, mentre osservava e aspettava. Nei suoi occhi verde smeraldo scivolò un’ombra, quando percepì la presenza dei guardiani nei pressi della scuola. Ma cercò di non guardarli, per evitare che l’odio che provava per loro lo facesse scoprire.

      La scorsa notte aveva mandato uno dei suoi demoni a sorvegliare la casa di Kyoko, ordinandogli di avvisarlo quando la sorella fosse uscita. Ma, poco prima dell’alba, uno dei guardiani si era accorto della sua presenza e lo aveva ucciso. Tama lo aveva percepito nel preciso istante in cui il demone era morto, visto che era uno dei suoi schiavi. Ma non provò alcuna emozione: per lui quei demoni contavano molto meno dei cani, e non gliene fregava niente se venivano uccisi. Anzi, a volte provava un desiderio selvaggio di ucciderli con le sue stesse mani, quando quegli stronzi sfuggivano al suo controllo e ferivano un essere umano…o peggio.

      Sentendo un’ondata di energia intorno a lui, voltò la testa e vide una ragazza che scendeva da un taxi che si era fermato davanti alla scuola. Tama sorrise, quando capì che quella era Kyoko. Aveva lunghi capelli ramati a boccoli larghi e morbidi che le rimbalzavano lievemente sulle spalle, mentre camminava. Una parte era acconciata in una coda di cavallo molto alta, mentre il resto della chioma era libero e fluente. Lei lo guardò distrattamente, con i suoi luminosi occhi color smeraldo, poi distolse rapidamente lo sguardo come se fosse nervosa.

      Hyakuhei si mantenne nascosto mentre si avvicinava a loro. Il solo rivederla gli faceva battere pazzamente il cuore e di colpo la desiderò disperatamente. Sentì che anche il cuore di Tama aveva preso a battere con furia, non appena l’aveva riconosciuta, e la voce del ragazzo che gli chiedeva telepaticamente: “E’ lei, vero?”

      “Sì.” rispose lui in un sussurro, mentre i vecchi ricordi gli affollavano la mente, riprendendo a tormentarlo.

      “È ora di dare il nostro Benvenuto ai guardiani.”

      Tama sorrise con malvagità, poi allungò una mano dietro le spalle e ne tirò fuori una vedova nera che appoggio sul muro accanto a lui. Guardò Hyakuhei carezzare quasi con tenerezza quel pericolosissimo aracnide velenoso, come se non fosse un portatore di morte ma un cucciolo indifeso. Quando la luce del sole proiettò sul muro l’ombra del ragno, i suoi occhi si fecero rosso sangue.

      *****

      Kyoko era macerata dall’ansia, mentre entrava nell’Istituto. Aveva la pessima sensazione che qualcuno la stesse osservando, e le si drizzarono i peli sulle braccia. Quel posto non assomigliava per niente alla scuola che aveva frequentato fino a quel momento. I ragazzi sembravano liberi di fare tutto quello che gli pareva, fumare, pomiciare…e proprio davanti alla scuola. Inoltre, i vestiti che indossava la facevano sentire…una provinciale.

      Al culmine del nervosismo appoggiò la mano sul portone, combattendo contro la forte tentazione di fuggire di corsa da lì. Lanciò un’occhiata agli alunni che si affollavano all’entrata, e il suo sguardo si posò sul ragazzo solitario che aveva già notato scendendo dal taxi. I loro sguardi si erano incrociati, e a quanto pare lui non aveva smesso di fissarla. Era più alto di lei, ma doveva avere più o meno la sua stessa età, e aveva un fisico mozzafiato che i vestiti orrendi da skater che indossava non riuscivano a mortificare.

      Ebbe la sensazione che fosse bello e tenebroso, quindi da evitare, eppure…le piaceva da matti. Ora che il sole si rifletteva nei suoi occhi le sembrò che i suoi occhi, prima neri, fossero diventati improvvisamente verde smeraldo. Pensando che si trattasse di uno scherzo della sua immaginazione, Kyoko voltò lo sguardo e sospirò, perché era ormai ora di entrare.

      A occhi bassi, per non dare retta a nessuno, si precipitò verso l’ufficio con le porte a vetri con su scritto SEGRETERIA. Con la coda dell’occhio, notò un drappello di ragazze che scrutava dentro, eccitata, e ogni tanto qualcuna esclamava: “Ehi, è proprio bono!” oppure: “Mamma, che culo!” e via dicendo.

      Kyoko entrò nella stanza e, tra lo scontento generale, si richiuse le porte alle spalle. Tra gli impiegati, gli studenti in fila che aspettavano e i fax, là dentro c’era più chiasso che fuori. Si mise pazientemente in fila anche lei, e capitò dietro a un tizio, che sembrava molto nervoso.

      Arrivato il suo turno il ragazzo si mise a questionare con la segretaria, una mezza arpia, che a un certo punto gli sibilò, con noia: “Senti, non ho ancora avuto il tempo di controllare i fax, quindi siediti da qualche parte e aspetta fino a che non ti chiamo.”

      “So con sicurezza che i documenti e i programmi sono già arrivati, quindi basta solo andare a prenderli.”