Juan Moisés De La Serna Tuya

Cervello E Pandemia: Una Prospettiva Attuale


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interconnessioni assoniche tra loro (Portellano, 2000).

      Il sistema nervoso si sviluppa dal tubo neuronale dove, intorno alla quarta settimana di gestazione, si divide in tre vescicole del cervello, il romboencefalo, il mesencefalo e il proencefalo.

      A cinque settimane di gestazione, le cinque vescicole da cui si svilupperà il cervello si sono già formate, dividendo il romboencefalo in metencefalo (ponte e cervelletto) e mielencefalo (tronco encefalico o bulbo). Il mesencefalo darà origine al peduncolo cerebrale e a quattro collicoli, due superiori legati alla vista e due inferiori legati all’udito. Il proencefalo sarà diviso in due, il diencefalo (talamo, ipotalamo, subtalamo, epitalamo e terzo ventricolo) e il telencefalo (emisferi cerebrali).

      A tre mesi di gestazione, il sistema nervoso è già sufficientemente formato per esprimere i primi riflessi di base, come muovere le articolazioni.

      A quattro mesi, gli occhi e le orecchie sono già formati e il bambino può reagire a luci e suoni esterni.

      A cinque mesi iniziano i primi movimenti controllati.

      A sei mesi si verifica un rallentamento nella formazione di nuovi neuroni e invece aumenta il processo di interconnessione tra di loro, formando il primo semplice apprendimento, ad esempio, l’abitudine, dove non vengono più curati gli stimoli ripetitivi.

      Nonostante il cervello non finisca di svilupparsi all’interno dell’utero, è stato dimostrato come il bambino sia in grado di catturare le differenze di stimoli, sia visivi che uditivi, e, attraverso questi, gli si può “insegnare”.

      Tuttavia, si deve comprendere quanto sia limitato il processo, perché i circuiti neuronali non sono consolidati, nonostante nei neonati siano stati osservati alcuni cambiamenti nell’attività elettrica cerebrale a fronte di determinati stimoli presentati mentre sono nell’utero. Quando vengono confrontati i bambini esposti con quelli non esposti a determinati stimoli, si mostra l’apprendimento.

      L’Università di Helsinki (Finlandia) (Partanen et al., 2013) ha condotto uno studio al riguardo, che ha studiato 33 donne in gravidanza, metà delle quali sono state ripetutamente costrette ad ascoltare una pseudo-parola, cioè una parola inventata durante il giorno, che non esiste nella loro lingua, mentre l’altra metà non ha sentito nulla di nuovo.

      Dopo la nascita, il bambino è stato valutato utilizzando l’elettroencefalogramma, che valuta l’attività elettrica del cervello. Si è scoperto che i bambini del primo gruppo erano in grado di riconoscere le pseudoparole, il che indicherebbe una certa capacità di apprendimento e memoria. Quindi, da questo studio si afferma l’importanza della stimolazione precoce nello sviluppo cognitivo, anche prima della nascita, durante la gestazione.

      Dopo la nascita e grazie alla stimolazione ambientale, c’è un enorme aumento delle connessioni sinaptiche tra i neuroni, raggiungendo la loro massima espressione dopo 6 mesi.

      All’anno di vita, il bambino ha quasi il doppio delle connessioni di un adulto, collegando strutture e aree quasi senza alcun tipo di ordine, che andranno perse per mancanza di pratica, grazie al fenomeno dell’apoptosi o morte neuronale programmata. Tutti quei neuroni che non hanno connessioni forti tenderanno a scomparire, trattenendo solo quelli che sono “utili” in base all’esperienza e all’apprendimento, producendo un assottigliamento corticale. Il meccanismo di apoptosi non è esclusivo dei neuroni (@CienciaDelCope, 2020) (vedi

Immagine 3).

      Immagine 3 Tweet Apoptosi per COVID-19

      Traduzione Immagine 3: Spettacolare immagine presa da un microscopio elettronico a scansione di particelle di coronavirus SARS-CoV-2 (in rosso) sopra la superficie di una cellula in stato di morte programmata (apoptosi) estratta da un paziente con #COVID-19.

      Tecniche di studio

      Per quanto riguarda la classificazione delle tecniche di analisi del cervello per arrivare alla loro comprensione, è possibile distinguere tra tecniche invasive e non invasive. Le prime sono quelle che richiedono un intervento diretto a livello cerebrale, cosa che in passato era una pratica “usuale”, ma che viene interrotta ogni giorno per lo sviluppo di tecniche non invasive, evidenziando tra le prime:

      - Chirurgia stereotassica, basata sulla mappatura delle strutture cerebrali.

      - Elettrocorticogramma, costituito dall’introduzione di elettrodi sotto il cuoio capelluto, per una localizzazione più accurata dell’attività elettrica neuronale.

      - Metodi dannosi, in cui una struttura o un’area è parzialmente o totalmente danneggiata per potere studiare l’influenza sul comportamento dell’individuo.

      - Stimolazione elettrica, dove vengono trasferiti impulsi deboli che aumentano i segnali dei neuroni vicini all’elettrodo, mostrando schemi comportamentali o quelli delle lesioni.

      - Intervento farmacologico, in cui vengono somministrati dei farmaci per controllare gli effetti sul cervello e sul comportamento. Questi possono causare danni chimici selettivi, attraverso l’uso di neurotossine, o influenzare funzioni specifiche, attraverso l’intervento su specifici neurotrasmettitori o recettori.

      - Intervento genetico, cioè si tratta di eliminare o sostituire i geni per osservare gli effetti che provocano a livello neuronale e comportamentale.

      - Le tecniche non invasive, invece, sono quelle che consentono di fare inferenze attraverso valutazioni, senza la necessità d’intervenire direttamente nel cervello della persona.

      - Tomografia assiale computerizzata o scansione cerebrale, che consente di estrarre ai raggi X immagini tridimensionali del cervello in sezioni orizzontali.

      - Risonanza magnetica, che fornisce immagini ad alta risoluzione dagli atomi di idrogeno attivati dalla radiofrequenza.

      - Risonanza magnetica pesata in diffusione, attraverso la quale è possibile determinare la trattografia a livello cerebrale, potendo ottenere indici quali anisotropia fattoriale e diffusività media.

      - Risonanza magnetica funzionale, in cui si osserva la variazione del flusso di ossigeno nel sangue nelle aree attive del cervello.

      - Tomografia ad emissione di positroni, in cui l’attività cerebrale viene osservata attraverso un reagente che viene somministrato per via endovenosa.

      - Elettroencefalografia, che valuta l’attività elettrica del cervello a livello del cuoio capelluto mediante elettrodi.

      - Magnetoencefalografia, che valuta i campi magnetici delle correnti elettriche (@fisicagrel, 2020) (vedi Immagine 4).

      Allo stesso modo, si può fare una distinzione tra tecniche cerebrali dirette e indirette: le prime sono quelle che lavorano direttamente con il cervello, utilizzando metodi invasivi o non invasivi, cioè si riferiscono a tutte le tecniche discusse nella sezione precedente.

      D’altra parte, le tecniche indirette tengono conto del funzionamento del cervello senza la necessità di osservazione diretta o inferenziale, e non tanto per le strutture cerebrali. Cioè si tratta di studiare le prestazioni in diversi compiti, e attraverso esse è quindi possibile controllarne il funzionamento cognitivo.

      

Immagine 4 Tweet sulla Magnetoencefalografia

      Traduzione Immagine 4: L’effetto Josephson è la base degli SQUIDS (dall’inglese Superconducting Quantum Interference Devices, in italiano Dispositivo Superconduttore ad Interferenza Quantistica), che usiamo per misurare i campi magnetici molto molto piccoli. Gli SQUIDS si usano, per esempio, nella magnetoencefalografia, tecnica non invasiva che registra l’attività funzionale cerebrale.

      Valutazioni che diventano essenziali, quando le tecniche dirette non forniscono informazioni chiare al riguardo, come accade nei primi stadi di alcune malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer (Ocaña Montoya, Montoya Pedrón, & Bolaño Díaz, 2019).

      Alcune