fatto che l'uomo si fosse ritrovato da solo. Cercava di vederlo il più possibile, perché adesso erano solo loro due contro il mondo intero, ma sapeva di non essere un valido sostituto di sua madre.
“Ottimo. Siamo ancora d'accordo per cenare insieme?” Suo padre sembrava speranzoso.
“Sì, porterò il vino.” Remi non avrebbe smesso di vedere suo padre, qualunque cosa fosse successa.
Jackson si schiarì la gola. “Ti voglio bene, figliolo.”
“Ti voglio bene anche io, papà.”
Remi riagganciò e si mise di nuovo comodo sulla sedia. Il mal di testa che aveva cercato di combattere per tutta la mattina si stava facendo più forte. Chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie. Che diavolo devo fare?
Non voleva che il suo cuore si spezzasse di nuovo, ma voleva anche poter dare a suo padre quello che gli aveva chiesto. Merda. Doveva uscire con qualcuno e mostrare a suo padre che faceva sul serio. Poteva vivere senza soldi ma quella sorta di ultimatum riguardava molto più del denaro. Ma dove diavolo avrebbe trovato qualcuno adeguato ad uscire con lui? Era felice di essere un playboy. Certo, in realtà non usciva più così tanto come in passato. Stava cercando di rendere solida la propria vita, anche se non nel modo che suo padre sperava.
Remi avrebbe dovuto pensarci più tardi, però. La prima cosa che doveva fare in quel momento era trovare del caffè, e poi dedicarsi ad alcuni documenti. Spinse indietro la sedia e uscì dall'ufficio, salutando Sara Jo con un cenno quando le passò davanti.
A Remi piaceva gestire l'officina siderurgica. Quel settore dell'azienda era tutto suo. L'aveva costruito dal niente. Stavano perdendo potenziali profitti perché dovevano pagare altre aziende sia per acquistare i metalli che per lavorarli. Ora che stavano ampliando quel settore avrebbero potuto gestire tutto da soli. Avevano iniziato con piccoli progetti, poi progetti di media grandezza e infine erano diventati l'azienda di riferimento della città. Di solito era suo padre che si occupava del lato amministrativo della società ma l'officina siderurgica era la creatura di Remi, che aveva capito di dover fare qualcosa di concreto per ridurre i costi di estrazione e lavorazione quando aveva visto le bollette da pagare.
Le macchinette del caffè erano situate nella sala relax al centro dell'edificio, così gli ingegneri – che creavano i progetti e si assicuravano che le strutture in acciaio reggessero – potevano arrivarci con la massima facilità. Almeno conosceva i nomi di tutti, anche se non li vedeva né parlava con ognuno di loro ogni singolo giorno. Si fidava del suo staff e sapeva che portava a compimento i progetti anche senza avere il suo fiato sul collo.
Sara Jo era nel bel mezzo della pianificazione di una cena aziendale, uno dei suoi compiti come sua segretaria. Era qualcosa che a Remi piaceva fare per mostrare gratitudine e apprezzamento per il duro lavoro svolto da tutti. Avevano passato un paio di mesi difficili, con molte cose di cui occuparsi e giornate piene di straordinari. L'officina aveva dovuto lavorare il doppio del normale quando l'impianto locale della General Motors aveva chiuso in modo che ingegneri e operai potessero entrare e inserire ulteriori condotti. C'era sempre così tanto da fare ultimamente. La ferrovia aveva bisogno di acciaio per le rotaie, la scuola locale necessitava di nuovi corrimani per le porte di emergenza per mettere in sicurezza l'edificio…
Essendo una officina che si occupava di lavorare il metallo ricevevano ogni genere di lavoro. Lui stesso aveva approvato alcuni progetti proprio qualche giorno prima e dovevano portarli a termine in fretta per potersi dedicare a lavori più grandi, come la costruzione di una torretta per il liceo, in modo che il guardiano potesse controllare l'intero campo e l'allenatore tenere d'occhio la squadra di football, o preparare le lamine d'acciaio e le longarine, in modo che la divisione edile potesse riparare il tetto del college prima che iniziasse il semestre.
Avevano tutti bisogno di una pausa. Se non avessero rallentato un po', il livello di attenzione sarebbe inevitabilmente calato e la sicurezza sarebbe stata a rischio.
Remi affrettò il passo, già pregustando il sapore del caffè. Se Sara Jo non fosse stata occupata ad organizzare la cena aziendale le avrebbe chiesto di prenderlo al suo posto, ma cercava di non distoglierla dal lavoro per cose tanto semplici. Le gambe di Remi funzionavano benissimo e poteva servirsi da solo. Le chiedeva di prendergli il caffè solo in casi eccezionali.
Se ne versò una tazza abbondante, tornò verso il proprio ufficio e chiuse la porta. Aveva un paio di scadenze di cui occuparsi e voleva mettere insieme i progetti, così da averli organizzati e a portata di mano durante la riunione. Si trattava di uno dei suoi progetti preferiti degli ultimi tempi, quello che riguardava la ristrutturazione dell'ultimo piano dell'edifico storico dell'Embassy Theatre. Concentrarsi sul lavoro avrebbe sicuramente spostato la sua mente lontana dai propri problemi personali.
Dopo quelli che gli sembrarono solo un paio di minuti, ma che probabilmente erano molti di più, udì un lieve bussare alla porta che gli fece perdere la concentrazione.
“Avanti,” disse Remi.
Sara Jo fece capolino. “Capo, hai un minuto libero per parlare con Elros Carter?”
Remi posò la penna. “Sì, certo.” Si passò una mano sul viso. Il mal di testa di quella mattina era sparito ma i suoi occhi erano stanchi per aver passato tutto quel tempo concentrato sui disegni del progetto. Conosceva bene quel nome, Elros Carter, ma non riusciva ad associare un volto.
“Vuoi che ti porti altro caffè?” Sara Jo gli sorrise.
Remi guardò la tazza ormai vuota e ci pensò un secondo, poi rispose. “No, va bene così. Credo di averne bevuto abbastanza.”
“D'accordo. Ricordati che hai una riunione all'una e mezzo.” Gli fece un piccolo sorriso.
“Credevo fosse all'una.” Remi guardò il calendario.
“È stata spostata un po' perché il signor Johnson ha avuto alcuni problemi.” Sara Jo gli lanciò uno sguardo consapevole, dicendogli senza bisogno di parole che era stato lui stesso a dare l'okay per il cambio d'orario.
“Va bene, immagino di avere più di un minuto libero per Elros Carter, allora. Fallo entrare.” Remi le fece cenno di andare.
Sara Jo annuì e aprì completamente la porta, facendo entrare un ragazzo alto con i capelli neri e gli occhi più scuri che Remi avesse mai visto. Doveva essere almeno un metro e ottanta e il suo corpo era snello e ben fatto. Il tipo di uomo che avrebbe puntato subito in un locale.
Merda.
Solo in quel momento collegò il suo nome al suo volto. Doveva essere davvero stanco. Sapeva bene chi era Elros. Remi aveva dieci addetti specializzati nel settore siderurgico e conosceva tutti i loro nomi. Quando Elros era stato assunto, Remi si era assicurato di non lavorare a stretto contatto con lui per tenersi fuori dai guai.
Non usciva con i dipendenti. E il motivo aveva un nome ben preciso. Si chiamava causa civile, e Remi non voleva avere niente a che fare con una di quelle. Tuttavia, un piano iniziò a prendere vita nella sua mente. Sapeva che era una cattiva idea ma avrebbe potuto togliergli di dosso suo padre. E, inoltre, non avrebbe infranto la regola di non uscire con i dipendenti, non se tutto fosse rimasto una mera invenzione.
Un finto fidanzato?
Quello poteva trovarselo.
Capitolo Due
El rimase in piedi davanti alla scrivania del signor Marlow finché non gli venne detto di sedersi. Giocherellò con i polsini della camicia e lisciò il tessuto dei pantaloni per cercare di calmarsi. Non funzionò. Il suo cuore batteva troppo forte e riusciva a sentire le goccioline di sudore scendergli lungo la schiena. El aveva una cotta per il “grande capo”… non che quell'infatuazione potesse evolversi in altro. Era solo un dipendente dell'azienda, mentre Remington Marlow era un miliardario che poteva avere qualsiasi uomo volesse. Inoltre, El era lì per parlare di lavoro, non per fare il punto sulla propria vita sentimentale. Doveva iniziare a parlare e chiedergli di poter fare delle ore extra. Doveva fare in fretta per poter tornare a casa e controllare la salute di sua madre. Non aveva tempo di pensare a qualcosa che ovviamente