da uno degli sponsor delle due squadre. Uno spettacolo artistico e mediatico unico, di grande effetto, organizzato senza badare a spese in diretta televisiva, e con una cortina di mistero che sarebbe stata svelata solo dopo qualche giorno.
Visto che la gente era restia ad allontanarsi, l’altoparlante ripeté nuovamente e più volte il precedente invito ad abbandonare lo stadio.
Era buffo vedere questi palloncini che continuavano a rimbalzare l’uno indipendentemente dall’altro e senza mai scontrarsi, spinti da chissà cosa; buffo vedere quella specie di robotttino militare telecomandato avvicinarsi a quel coso, agitare per aria le sue braccia metalliche e poi ritornare dal suo padroncino; buffo anche vedere un cane addestrato che, legato ad un lunghissimo guinzaglio, si avvicinava a quei palloncini per annusarli, ma senza che gli fosse concesso di toccarli o di giocare con essi. Chissà che cosa si aspettavano che facesse!
Insomma, lo spettacolo era stato anche abbastanza interessante e divertente, ma alla lunga si era fatto piuttosto monotono e noioso.
Perciò, quando la calca all’uscita si fu rarefatta, decidemmo che era giunto anche per noi il momento di uscire e ritornammo a casa tranquillamente, pensando a cosa organizzare per riempire quel pezzo di pomeriggio rimasto inaspettatamente libero.
E allora, cosa accadde quel famoso pomeriggio allo stadio? Beh, ancora non mi è chiaro neanche adesso, a distanza di molti anni.
Sicuramente lo stadio rimase inagibile per almeno tre settimane, perché ricordo che la successiva partita della Roma si giocò in campo neutro.
Dicono che lo stadio, in quel periodo, sia stato presidiato da uomini e mezzi militari, neanche fosse una caserma o una postazione strategica; e che quegli oggetti misteriosi siano stati trasferiti in segreto e che si trovino oggi in una base NATO.
Ma di tutto quanto riguarda l’intera faccenda non è mai trapelato nulla di certo, nonostante le interpellanze parlamentari, le inchieste giornalistiche ed i dibattiti televisivi, perché il governo ha imposto su di essa il segreto di Stato. Voci tante, naturalmente, ma secondo me nessuna degna di credito. Se non quella, che ho letto qualche mese fa su una rivista seria di divulgazione scientifica, secondo cui sarebbe stato appurato che sia i materiali che la tecnologia impiegati in tutti quegli oggetti sarebbe comunemente accessibili nella società occidentale, con l’unica eccezione di quella specie di paracadute rigido che scendeva leggero leggero come un ascensore, e di cui fior di scienziati stanno tuttora tentando di capire il funzionamento.
PAESAGGIO MOZZAFIATO
“E adesso chiudi gli occhi, e mi raccomando: non li riaprire finché non te lo dico io”, le disse lui.
Lei così fece, pregustando non sapeva bene quale gradita sorpresa. Si lasciò prendere per mano e guidare lentamente per qualche passo, in attesa fiduciosa di chissà cosa.
O meglio, lei una precisa speranza su cosa potesse accadere lei ce l'aveva; ma le venne anche in mente il racconto del primo bacio tra sua mamma e suo papà, e nel frattempo cominciava ad udire inatteso il rumore del mare, dapprima appena in sottofondo, poi sempre più fragoroso. Rumore di onde spumose che si infrangono con forza sulla scogliera.
In realtà non aveva la minima idea di quello che l'aspettasse.
“Siediti pure qui se vuoi, e mettiti comoda, ma sempre senza aprire gli occhi”.
Lei fece come le era stato detto, meravigliandosi di trovare ad accoglierla sotto di sé una specie di morbido tappeto anziché sassolini o qualche rocciosa sporgenza appuntita.
Il rumore del mare, ora leggermente attenuatosi, era comunque piacevole e rilassante, non disturbato dai versi, portati dal vento quasi a intermittenza, di alcuni gabbiani che andavano e venivano in volo. Anche quell'arietta fresca sulla faccia, una brezza leggera che sapeva di salsedine e di libertà, dava una sensazione piacevole. E dalle palpebre chiuse filtrava una luce di un bel colore che era una specie di rosa rossastro aranciato.
“Adesso puoi riaprire gli occhi.”
Di fronte a lei, come uno smisurato affresco animato del più grande artista che si sia mai conosciuto, stava il paesaggio mozzafiato di un tramonto sul mare, Qualcosa di più che solo una mirabile visione, perché ad un tratto le giunsero anche dei leggeri spruzzi d'acqua fresca sulla faccia e sul vestito.
“Non preoccuparti, è soltanto acqua”, la tranquillizzò lui. “Ma se vuoi … ”
“No, no … è bellissimo … incredibile … ”
Rimasero un po' seduti una accanto all'altro in silenzio, in contemplazione di quanto si presentava ai loro occhi.
“Ti piace?”
Lei fece cenno di sì col capo.
Poi dopo un po', all'improvviso, lei parve risvegliarsi, e consultò il suo orologio al polso.
“Però, ad essere sincera, quando mi hai invitato a provare il tuo nuovo impianto 3D stereo sensisurround con special-Eff io ho pensato subito istintivamente alla partita del campionato del mondo. Non so perché ti sia venuto in mente che io sia un tipo incline alle romanticherie. Non è che potresti cambiare canale e mettere la partita, che sta per cominciare?”
“Va bene.”
Lui un po' controvoglia raccolse il telecomando, ed in un attimo si trovarono seduti in panchina di fianco all'allenatore, all'interno di uno stadio con un tifo d'inferno.
“Grazie, sei davvero un amico”, gli disse lei gridando per riuscire a farsi sentire.”
IL PROGETTO PILOTA
Sono proprio contento che, circa un mese or sono, sia stata accolta la mia richiesta di partecipare attivamente al cosiddetto “progetto pilota”. Più nel dettaglio, si tratta di un gruppo di studio sul telelavoro avanzato, che è poi uno dei settori trainanti della mia azienda (una multinazionale di prodotti elettronici di vario genere ma sicuramente leader nel campo dei sistemi di comunicazione aziendale e per teleconferenze). Sarà in pratica il collaudo in casa propria, con conseguenti perfezionamenti e migliorie, di quello che nelle intenzioni dovrebbe diventare il prodotto di punta della sua categoria, ricco di soluzioni innovative e spesso rivoluzionarie sotto diversi aspetti.
Ci tenevo molto a questo incarico, di grande prestigio e responsabilità. Se ho avuto la meglio su altri manager più quotati è stato forse per la dimestichezza acquisita nel collaborare con colleghi delle filiali straniere, grazie al mio carattere e soprattutto alla mia ottima conoscenza di 4 lingue (tra cui il greco); ma forse anche per via del mio vivo e sincero interesse per la materia. Sono un manager, ma mi sento anche un po' un tecnico: non come molti dirigenti che a trattare di pesce o di automobili è la stessa cosa. Mi sono ormai quasi specializzato, e a cambiare ramo mi troverei spaesato, ma soprattutto sarei sprecato.
Sono uno che crede fermamente nell'importanza e negli sviluppi del lavoro a distanza. In particolare da quando l'azienda, per motivi logistici, ha deciso di trasferire la sua filiale di Roma in prossimità dell'aeroporto internazionale di Fiumicino, aggiungendo altri quaranta chilometri agli altrettanti che già separavano la mia abitazione dalla vecchia sede. Così io, che per le giustificate resistenze di mia moglie non ho potuto avvicinare la residenza all'ufficio, ho conosciuto in prima persona i disagi di lavorare lontano da casa; ma soprattutto ho capito, e poi sempre tenuto presente, le potenzialità economiche del poter ridurre questi disagi. Insomma, sono sempre stato quello che vedeva nel telelavoro possibili sviluppi e guadagni dove quasi nessun altro li immaginava.
Solo con il passaggio del progetto alla fase operativa, cioè quando sono venuti a casa per montarmi la cabina, ho avuto un attimo di incertezza e preoccupazione per avervi aderito. Ero a conoscenza delle dimensioni del box, ma non mi ero reso conto che avrebbe in pratica più che dimezzato lo spazio del mio studio. Poco male: perché una volta installato capii presto che lo studio avrebbe perso quasi tutta la sua importanza. Con le sue apparecchiature d'avanguardia, quel sofisticato gabbiotto ha mandato completamente a riposo il computer, il fax e il telefono che usavo prima; con un certo beneficio anche sulla bolletta, dato che i costi di esercizio della cabina, che