Charles Dickens

Cantico di Natale (Illustrato)


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di Marley!" e subito ricadde.

      Lo stesso viso, proprio lo stesso. Marley col suo codino, col solito panciotto, le brache attillate, gli stivaloni, le cui nappine di seta tentennavano insieme col codino, con le falde del soprabito e co’ capelli ritti sul capo. La catena strascinata lo stringeva alla cintola. Era lunga e gli s’avvinghiava attorno come una coda, ed era fatta, come Scrooge ebbe a notare, di scrigni, chiavi, lucchetti, libri mastri, fogliacci e pesanti borse di acciaio. Aveva il corpo trasparente; sicché Scrooge, osservandolo e guardandolo attraverso il panciotto, vedeva i due bottoni di dietro del vestito.

      Scrooge avea spesso sentito dire che Marley era un uomo senza visceri, ma soltanto adesso ci credeva.

      No davvero, non ci credeva nemmeno. Benché se lo vedesse davanti quello spettro e lo passasse con l’occhio da parte a parte, benché da quegli sguardi impietriti nella morte si sentisse accapponar la pelle, benché notasse perfino l’ordito del fazzoletto che gli copriva il capo e gli s’annodava sotto il mento, al che sulle prime non avea badato, era nondimeno incredulo sempre e lottava contro i propri sensi.

      - Che vuol dire ciò? - interrogò Scrooge, freddo e mordace come sempre. - Che volete da me?

      - Molto! -

      Era la voce di Marley, precisa.

      - Chi siete voi?

      - Domandami chi fui.

      - Bene, chi foste? - disse Scrooge alzando la voce. - Siete un tantino pedante, mi pare, per essere un’ombra.

      - In vita, fui il tuo socio, Giacobbe Marley.

      - Potreste... sedere? - domandò Scrooge guardandolo dubbioso.

      - Posso.

      - Sedete, dunque. -

      Scrooge domandò la cosa, per vedere se uno spettro così diafano fosse in grado di pigliare una seggiola; nel caso che no, lo avrebbe costretto ad una spiegazione imbarazzante. Ma lo spettro gli sedette in faccia, dall’altra parte del caminetto, come se non avesse mai fatto altro.

      - Tu non credi in me - disse poi.

      - No - rispose Scrooge.

      - Che altra prova vorresti oltre quella dei sensi?

      - Non lo so.

      - Perché dubiti dei tuoi sensi?

      - Perché un nonnulla basta a turbarli. Un lieve disturbo di stomaco ci muta il bianco in nero. Voi potreste essere un pezzetto di carne mal digerito, uno schizzo di senapa, una briciola di formaggio, un frammento di patata mal cotta. Chiunque siate, c’è in voi più della marmitta che della marmotta! -

      Scrooge non si dilettava molto di questi giochetti di parole, né in cuor suo si sentiva adesso corrivo alla celia. Fatto sta che ch’ei si studiava di esser faceto come per distrarsi e per domare il terrore; perché veramente la voce dello Spettro lo faceva rabbrividire fino al midollo delle ossa.

      Star lì a sedere, fissando quelle pupille vitree, e non aprir bocca fosse pure per un momento, sarebbe stato lo stesso che spiritare. Scrooge lo capiva molto bene. C’era anche questo terribile, che lo Spettro si avvolgeva quasi in una propria atmosfera infernale. Non già che Scrooge la sentisse; ma è certo che, ad onta della perfetta immobilità dello Spettro, i capelli ritti, le falde del soprabito, le nappine degli stivaloni, tremavano sempre come se mossi dal fiato caldo di un forno.

      - Vedete questo steccadenti? - disse Scrooge tornando subito alla carica pel motivo ora detto, e volendo, fosse pure per un istante, sottrarsi allo sguardo impietrito del fantasma.

      - Lo vedo - rispose lo Spettro.

      - Ma voi non lo guardate nemmeno - disse Scrooge.

      - Lo vedo nondimeno - disse ancora lo Spettro.

      - Bene! - ribatté Scrooge. - Non ho che ad ingozzarlo, e tutto il resto dei miei giorni avrà alle calcagna una frotta di spiriti folletti, tutti di mia propria creazione. Sciocchezze. vi dico; sciocchezze! -

      A questo lo Spettro diè uno strido orrendo, e scosse la catena con così tetro e rovinoso fracasso, che Scrooge si tenne forte alla seggiola per non cadere svenuto. Ma come crebbe il suo terrore, quando, togliendosi lo Spettro la benda che gli fasciava il capo, quasi sentisse troppo caldo, la mascella inferiore gli ricascò sul petto!

      Scrooge cadde ginocchioni e si strinse la faccia nelle mani.

      - Grazia! - esclamò. - Terribile apparizione, perché mi fate paura?

      - Uomo dall’anima mondana! - rispose lo Spettro, - credi adesso o non credi?

      - Credo - balbettò Scrooge, - debbo credere. Ma perché mai gli spiriti vanno attorno e perché vengono da me?

      - Deve ogni uomo - rispose lo Spettro - con l’anima che ha dentro girare in mezzo ai suoi simili, viaggiare il più che può; se non lo fa in vita, è condannato a farlo in morte. È dannato ad errare pel mondo, oh me infelice! a vedere il bene senza poterlo godere, quel bene che avrebbe potuto dividere con gli altri sulla terra e che avrebbe fatto la sua felicità! -

      Qui lo Spettro mise un altro strido, squassò la catena, si torse le mani diafane.

      - Siete incatenato - osservò Scrooge, tremando. - Perché?

      - Porto la catena che mi son fabbricato in vita - rispose lo Spettro. - L’ho fatta io stesso anello per anello, pezzo a pezzo; io stesso me la cinsi per volontà mia, e di volontà mia la portai. Ti par nuova forse a te? -

      Scrooge tremava sempre più forte.

      - O vorresti sapere - proseguì lo Spettro - il peso e la lunghezza della gomena che porti tu stesso? Era per l’appunto lunga e grave come questa mia, sette anni fa. Ci hai lavorato poi. Una catena di gran valore, adesso! -

      Scrooge si guardò intorno per terra, figurandosi di vedersi avviluppato in cinquanta o sessanta metri di gomena ferrata: ma niente vide.

      - Giacobbe - disse supplichevole. - Mio vecchio Giacobbe Marley, ditemi qualche altra cosa. Datemi un po’ di consolazione, Giacobbe mio!

      - Nessuna consolazione da me - rispose lo Spettro. - Altre regioni le mandano, o Ebenezer Scrooge, altri ministri le portano, altri uomini le ricevono. Né ti posso dire tutto quel che vorrei: poche altre parole, e basta. A me non è concesso un momento di riposo o d’indugio. Il mio spirito non varcò mai la soglia del nostro banco, bada bene!; da vivo, il mio spirito non uscì mai dai limiti angusti del nostro stambugio. Lunghi e faticosi viaggi mi aspettano oramai! -

      Soleva Scrooge, quante volte prendesse a meditare, cacciarsi le mani nelle tasche delle brache. Così fece adesso, ruminando le cose dette dallo Spettro; ma non alzò gli occhi e stette sempre ginocchioni.

      - Bisogna dire che siete andato un po’ lento, Giacobbe mio - notò Scrooge, da uomo d’affari, ma con deferente umiltà.

      - Lento! - ripeté lo Spettro.

      - Morto da sette anni e sempre in viaggio?

      - Sempre. Né riposo, né pace: Tortura assidua del rimorso.

      - Viaggiate presto?

      - Sulle ali del vento.

      - Ne avrete visto dei paesi in sette anni! - mormorò Scrooge.

      Udendo queste parole, lo Spettro mise un altro strido e così terribilmente fece suonar la catena nel silenzio della notte, che la guardia avrebbe avuto ragione di multarlo come disturbatore notturno.

      - Oh! schiavo, incatenato, oppresso di ceppi! - urlò - a non sapere che secoli e secoli di assiduo lavoro compiuto da creature immortali a pro di questa terra passeranno nell’eternità prima che tutto sia sviluppato il bene ond’essa è capace; a non sapere che ogni spirito cristiano, pur lavorando nella piccola sfera assegnatagli, qualunque essa sia, troverà troppo breve la vita mortale ad esercitare tutti i mezzi innumerevoli del rendersi utile; a non sapere che non c’è durata di rammarico la quale ci assolva dalle occasioni perdute nella vita! E questo io ho fatto! e tale ero io!

      - Ma voi, Giacobbe, foste