Stefano Vignaroli

Tranquilla Cittadina Di Provincia


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per nulla al mondo.

      Il lunedì mattina Stefano mi aveva accompagnato all'aeroporto, restandomi vicino fino alla chiamata per l'imbarco. Il momento di salutarsi fu davvero duro, ma il dovere mi chiamava e salii, un po' a malincuore, sull'aereo. Ora che era prossimo l'atterraggio, le emozioni stavano lasciando il posto alla voglia di rientrare al lavoro. Tutto sommato, a Imperia mi trovavo bene e con i colleghi c'era una grandissima intesa. Mi ero accorta che il Distretto era un po' come una grande famiglia e io mi sentivo ormai un buon capo, accettato da tutti non perché imponevo la mia volontà, ma perché avevo la capacità di coordinare quello stupendo gruppo di volenterosi poliziotti, dimostrando di fare la mia parte quando ce n'era bisogno. Certo era che, a parte l'indagine sui delitti di Triora, i luoghi erano piuttosto tranquilli. Certo, episodi di microcriminalità non mancavano e, considerando il fatto che i distretti di Polizia sono cronicamente sotto organico, tutti noi eravamo costretti a fare turni di lavoro prolungati per coprire il servizio in maniera adeguata. Ero stata felice che l'Ispettore Giampieri, messo davanti alla scelta se rimanere al distretto o ritornare a lavorare accanto al questore, avesse senza dubbio scelto la prima alternativa. Mi ero ormai molto affezionata a lui, era il mio vice, lo consideravo il mio alter ego e sarebbe stato difficile per me doverne fare a meno, anche in considerazione del profondo affiatamento che si era fin da subito stabilito fra noi due.

      Nella sala arrivi dell'aeroporto di Genova non trovai stavolta né lui, né altri ad aspettarmi. Ritirai il mio bagaglio e raggiunsi Imperia in Taxi.

      Quando misi piede dentro il Distretto, mi resi conto che c'era un insolito trambusto. Durante la notte, al porto c'era stata una rissa tra immigrati stranieri e i colleghi avevano provveduto ad arrestare alcune persone di colore, che stavano facendo un baccano insopportabile. Chiesi spiegazioni a D'Aloia.

      «Erano quasi tutti ubriachi, Dottoressa. Hanno iniziato a litigare, credo per motivi legati alla loro religione e, quando la discussione è degenerata, si sono tirati le bottiglie vuote della birra. Qualcuno le ha ricevute in testa ed è stato medicato al Pronto Soccorso. Ora li prendo a verbale, controllo i loro permessi di soggiorno e li butto fuori da qui nel più breve tempo possibile.»

      «In bocca al lupo, D'Aloia! Non la vedo un'impresa semplice.»

      Alle sei del pomeriggio, quando uscii dalla mia stanza, Walter era infatti ancora alle prese con alcuni di loro che, nonostante il permesso di soggiorno non in regola, affermavano di lavorare, chiaramente in nero, per alcune imprese edili.

      «Dottoressa, non so più che pesci pigliare. Dovrei far loro il foglio di via, ma mi fanno pena!»

      «Una soluzione ci sarebbe: denunciano chi li fa lavorare in nero e noi gli forniamo un permesso di soggiorno provvisorio per un massimo di tre mesi.» Sorrisi a D'Aloia, perché sapevo benissimo che nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di sporgere denuncia, mettendo magari in difficoltà altri loro amici o parenti che lavoravano per le stesse ditte, e uscii dal Distretto per avviarmi verso casa.

      Stavo per fermare un Taxi, quando alle mie spalle comparve Mauro.

      «Ho la mia auto e per oggi ho terminato. Io vado verso Ventimiglia per incontrare Anna, credo che una deviazione per accompagnarti a casa non mi farà fare troppo tardi.»

      Accettai di buon grado il passaggio e, nel giro di un quarto d'ora, giunsi finalmente a casa. Clara era in giardino a giocare con Furia e notai che nel saluto che fece al mio collega traspariva molta complicità nei suoi confronti. Sul momento non badai molto alla cosa, in fin dei conti avevamo trascorso parecchio tempo tutti insieme in quell'ultimo periodo. E poi avevo altre cose per la testa.

      Una delle priorità che dovetti affrontare nei giorni successivi fu quella di rivolgermi a un ginecologo che mi seguisse durante la gravidanza. Laura mi consigliò una giovane dottoressa che lavorava nel reparto di Ostetricia dell'Ospedale di Imperia.

      «La Dottoressa Valeri è sempre disponibile e molto alla mano. Qui a Imperia il reparto è all'avanguardia e si preferisce farsi seguire nella struttura pubblica piuttosto che in ambulatori privati esterni. Vedrà che si troverà molto bene.»

      Il consiglio di Laura fu ottimo e, dopo qualche giorno, uscii dallo studio della ginecologa con in mano le prime immagini ecografiche della creatura che portavo in grembo e la lista di una serie infinita di esami di laboratorio da eseguire. Il sesso del feto non era ancora sicuro, ma la Dottoressa si era sbilanciata.

      «All'ottanta per cento femmina, ma non ci giurerei ancora.»

      La successiva ecografia, dopo circa un mese, avrebbe confermato che era una femmina e, in cuor mio, decisi che si sarebbe chiamata Aurora.

      Il mio stato di gravidanza non mi dava alcun disturbo e riuscivo a portare avanti tutti i miei impegni, sia lavorativi che extra. Andando ormai verso l'autunno, per mantenermi in forma, avevo iniziato a frequentare una palestra, dove l'istruttore mi aveva proposto un piano personalizzato, adeguato anche al fatto che ero incinta.

      A metà Ottobre, a tempo di record, era stato completato il restauro di casa Della Rosa, che era pronta ad accogliere Clara come Direttrice della Fondazione Studi Esoterici di Triora. Avevo supportato Clara in quei mesi e l'avevo aiutata a sviluppare le sue idee. La ragazza era davvero in gamba e aveva un'intelligenza e una sapienza notevole. Credo che ascoltasse i miei consigli più per cortesia che perché ne avesse bisogno. Già conosceva bene i testi e i manoscritti presenti all'interno dell'abitazione della strega, per averli a suo tempo catalogati e sistemati, anche se molto materiale si era poi perso nell'incendio della dimora. Il salone del pentacolo sarebbe divenuto un centro studi aperto a tutti coloro che avessero desiderato arricchire il loro bagaglio culturale in materia di magia ed esoterismo, sotto la guida vigile della direttrice e bibliotecaria Clara Giauni. Mauro era sempre più presente ad aiutare la nostra amica, soprattutto nei lavori pesanti, tipo sistemazione di scaffalature, disposizione di suppellettili d'arredo e via dicendo. La parte più delicata, quella di adattare i passaggi segreti e i cunicoli sotterranei a una visita turistica guidata, fu diretta in pratica da Mauro, che sembrava quasi un vero esperto della Sovrintendenza alle Belle Arti o ai Beni Culturali. Quello che più mi meravigliava, e un po' mi preoccupava, era che invece vedevo sempre più raramente Anna accanto a lui. Cominciavo già a sospettare qualcosa, quando un giorno sorpresi Mauro e Clara scambiarsi tenere effusioni. Colto alla sprovvista dalla mia inaspettata presenza, Mauro farfugliò qualcosa.

      «Tranquilla, Anna sa tutto già da qualche giorno. Ci siamo lasciati da buoni amici.»

      Certo, si dice sempre così, ma poi bisogna vedere come sta la persona che ha subito l'abbandono e che, di solito, prova dentro di sé un vuoto incolmabile, anche se cerca di far finta di niente e non far pesare la cosa all'altro. Così telefonai ad Anna e capii che stava da schifo.

      «So che non me la dovrei prendere così, Caterina. Mauro e io abbiamo sempre vissuto il nostro rapporto in piena libertà e ho sempre ritenuto normalissimo che potesse finire da un momento all'altro, ma ora ci sto male. Non ce l'ho né con lui, né con Clara, sia chiaro, ma Mauro mi manca molto.»

      Decidemmo di andare a cena insieme e mi ci volle del bello e del buono per consolarla e per cercare di portare il discorso su altri argomenti. Terminata la cena in una trattoria di Sanremo, decidemmo di dedicarci allo svago totale, sconfinando nel principato di Monaco e andando a passare la nottata al casinò di Montecarlo. Rientrai a casa all'alba, ma quella fu l'ultima follia che mi concessi, dal momento che l'aumento di circonferenza del mio girovita mi suggeriva di iniziare una fase della mia esistenza che fosse più tranquilla e regolata.

      A Novembre Clara e Mauro si trasferirono in via definitiva nell'ex casa Della Rosa e io rimasi da sola a condividere con Furia il casolare nella bassa Valle Argentina. L'inaugurazione del Centro Studi, alla presenza di importanti autorità, a metà del mese di Novembre, fu una bellissima festa. Casa Della Rosa risplendeva di nuova vita. Il salone del pentacolo, restaurato, era meraviglioso, l'incendio non aveva affatto rovinato il marmo del pavimento che, lucidato, era spettacolare. La specchiera era stata lasciata aperta, perché fosse visibile la biblioteca ricca di antichi testi e manoscritti. Un lungo tavolo in legno massiccio era stato disposto nel salone, a disposizione degli studiosi che avessero voluto consultare i testi, che venivano dispensati attraverso una scrivania disposta in corrispondenza del passaggio dal