una robaccia?! Insomma, io sono perseguitato dalla calunnia! (Continua a guardare a terra.)
(Breve pausa.)
(si accosta al tavolino, sceglie un bicchiere e vi versa il Whisky e l'acqua di soda.)
(levando gli occhi) Anche il Whisky?
Il signor Cesare mi ci sta abituando.
E voi?..
Perchè no?.. Mi piace. (Beve.)
Benissimo!
(coi gomiti appoggiati al tavolino, ora lo osserva attentamente.) Siete tutto pulito, oggi!.. Che cosa avete lì, che vi spunta dal panciotto?
Oggi è la santissima domenica delle palme. Questo è un ramicello di ulivo benedetto.
(gli mette la mano nel panciotto, e tira fuori il ramoscello.)
Ve lo pigliate?
(senza rispondergli, lo guarda con una curiosità mista di disgusto.)
Adesso, diciamo così, siete voi che guardate me.
Mi viene la voglia di cacciarvi il ramicello di ulivo in un occhio. (Gli sfiora, difatti, un occhio con la punta del ramoscello.)
(alzandosi) No!.. Che vi salta in mente?! Mi accecate!
Robaccia!
(preso dalla stizza e da una repentina sensualità cattiva) Se non state tranquilla, io vi afferro.
(sfidandolo con rabbioso disprezzo) Fatelo! Fatelo! Voglio vedere come lo fate!
(ghermendola forte per le spalle e stringendo i denti) Siete la più terribile delle birichine!
(entra all'improvviso e, con austerità collerica, esclama:) Don Candido!
(scostandosi da Nellina con un soprassalto, e confondendosi un poco) Mi voleva… mi voleva… accecare… Non dovevo difendermi, io?
(a Nellina:) Lo volevi accecare!
(mostrando il ramoscello, senza guardare nè Cesare, nè Don Candido) Già.
(a Don Candido:) E voi, col pretesto di difendervi, facevate… l'orangutango?
Ci siamo all'orangutango!
(lo fissa, tentennando il capo in segno di rimprovero.)
(per darsi un'aria disinvolta, con una mano finge di spolverare una manica della redingote.)
No, no! Lì non ce n'è polvere. Dovreste spolverare piuttosto la vostra coscienza!
È così spolverata!
(gli si avvicina e gli consegna due buste: una chiusa, l'altra, più grande, imbottita di biglietti di banca; e gli dice sottovoce:) Questa è la lettera, e questo è…
Ho capito.
La cifra è scritta sulla busta.
(guardando la cifra, torce il muso ed alza le sopracciglia come per dire: «troppo poco, non ce la facciamo!»)
Siate molto cortese, ma…
… laconico ed esauriente.
Senza lavorarvi la piazza per conto vostro. Mi spiego?
Che castigo di Dio è la calunnia!
Andate, andate, don Candido.
Benissimo. (Esce a destra.)
(tenendo d'occhio Nellina, relativamente impacciato, in silenzio, si sdraia sopra una poltrona.)
(tira fuori da una saccoccia un piccolo portasigarette di metallo bianco e una scatoletta di cerini; si caccia fra le labbra un'altra sigaretta, l'accende, e, affaticandosi a fumare come dianzi, lentamente, sciattamente, si avvia verso la destra.)
Nellina!
(si ferma senza voltarsi.)
Mi fai il favore di non dare tanta confidenza a quell'imbecille?
(alza le spalle con noncuranza.)
Già, in generale, tratti con troppa familiarità anche i servi di casa.
(voltandosi appena) Fino a poco tempo fa, mi lasciavate sempre in loro compagnia.
T'ho tenuta, per altro, come una piccola parente! Se tu fossi rimasta nell'ospizio, dal quale ti ho tolta bambina, non saresti… che una povera operaia. Io non mi vanto; ma tu mi potresti risparmiare questi rimproveri. Che dovevo fare, io? Dovevo condurti attorno con me?
E, dunque, mi sono abituata a stare con i servi.
Ma adesso che io comincio a preferire una vita più casalinga… non c'è ragione che tu vada gironzolando fra le livree.
Io ci trovo gusto.
Malissimo!
Almeno, ai servitori, posso dire tutte le insolenze che mi vengono alle labbra.
A che proposito?
Sono uomini anche quelli. (Con un'altra alzata di spalle, sta per dirigersi di nuovo verso la destra.)
(dissimulando la sofferenza prodottagli dal contegno di lei, e cercando dei pretesti per trattenerla) Ma… stammi a sentire, Nellina…
Cosa?
Tu hai qui (indica a sinistra) la tua stanzetta graziosa. Io l'ho recentemente destinata a te perchè ho creduto necessario che tu avessi un cantuccio tutto tuo. Perchè non vuoi starci mai?
Mi sembra una trappola. Non ci sto volentieri.
E allora, va a trattenerti (indica il fondo) nelle stanze interne. È inutile che tu stia sempre in quelle dove passano tutti, o addirittura in cucina.
(pigramente) Andrò a trattenermi nelle stanze interne. (S'avvia verso il fondo.)
(quando Nellina è sul punto di uscire, irrefrenabilmente scatta in tono di comando:) Resta qui, Nellina!
(si ferma. Indi, con una fisonomia di rabbia chiusa, le sovracciglia aggrottate, la fronte bassa, siede sul divano, ch'è accanto alla porta in fondo, e, raccogliendovi le gambe, si raggomitola tutta.)
(contenendosi e mutando tono) Con questo tuo caratterino dispettoso, mi obblighi ad essere brusco, e poi io stesso me ne dolgo. Certe volte, mi fuggi come se io fossi un tuo nemico. E, ieri sera, fosti… così aspra… così irritante… che io… dovetti fare uno sforzo per non punirti acerbamente!
(fredda,