rel="nofollow" href="#n13" type="note">13, nè davano ai Santi, o agli angeli l'incarico di farsi mediatori per essi nel cielo, o di soccorrerli sulla Terra. Nella amministrazione de' Sacramenti voleano aboliti gli oggetti visibili di culto, e le parole del Vangelo, secondo essi, non additavano che il battesimo e la comunione de' fedeli. Liberissimi nell'interpretare le scritture, ogni qualvolta il significato letterale impacciavali, si rifuggivano ne' labirinti delle figure e dell'allegoria. Molta cura dimostrarono di infrangere i vincoli posti fra l'Antico, e il Nuovo Testamento14, e riguardando il secondo come la raccolta degli oracoli di Dio, abborrivano il primo, divulgandolo invenzion favolosa ed assurda degli uomini, o dei demonj. Non può recarne maraviglia che essi scorgessero nel Vangelo, il mistero ortodosso della Trinità; ma invece di confessare la natura umana, e i patimenti reali di Gesù Cristo, la costoro immaginazione si dilettava creargli un corpo celeste che si fosse fatto strada per quel della Vergine, siccome l'acqua attraversa un condotto. Un fantoccio sostituito al Redentore sopra una croce, giusta l'opinione di questi settarj, mandò a vuoto il furor degli Ebrei. Un simbolo di tal natura non conveniva nè meno allo spirito ne' tempi d'allora15, e que' medesimi fra i Cristiani che lamentavano non essere le dottrine religiose ristrette al mite giogo imposto da Gesù Cristo e da' suoi Appostoli, giustamente si offesero che i Paoliziani osassero violare l'unità di Dio, primo articolo della Religion naturale e della Religion rivelata. Perchè comunque i Paoliziani credessero con fiducia e speranza il Padre, il Cristo, l'anima umana e il mondo invisibile, supponeano ad un tempo l'eternità della materia, sostanza ostinata e ribelle, origine di un secondo Principio, di un ente operante, creatore del mondo visibile, e che userà della sua possanza temporale, fino alla consumazione definitiva della morte e del peccato16. L'esistenza del mal morale, e del male fisico, avea introdotti questi due principj nella filosofia, e nelle religioni antiche dell'Oriente, d'onde una tale dottrina fra le varie Sette de' Gnostici s'era diffusa. Vennero intorno ad Arimane ideate tante opinioni diverse, quante gradazioni è lecito il fantasticare, fra la natura di un dio rivale dell'altro, e quella di un demonio subordinato; fra l'indole di un ente vinto dalla passione, o dalla fragilità, e quella di un ente per propria essenza malvagio; ma a malgrado d'ogni umano sforzo, la bontà e la potenza di Ormuzd, trovavansi alla contraria estremità della linea, e quanto avvicinavasi all'uno de' due enti, dovea scostarsi dall'altro nelle proporzioni medesime17.
Le fatiche appostoliche18 di Costantino Silvano gli moltiplicarono ben tosto i discepoli, segreto compenso alla sua spirituale ambizione. Sotto lo stendardo di lui si raccolsero gli avanzi delle Sette gnostiche, e principalmente i Manichei dell'Armenia. Convertì, o sedusse co' suoi argomenti molti Cattolici, e predicò con buon successo nelle contrade del Ponto19 e della Cappadocia, da lungo tempo imbevutesi della religione di Zoroastro. I dottori Paoliziani, paghi di un soprannome tratto dalle Scritture, e del titolo modesto di compagni di pellegrinaggio, distinti per austerità di costumi, per zelo o sapere, ed anche per la fama che godevano di avere ricevuti i doni dello Spirito Santo, ma incapaci di desiderare e di ottenere le ricchezze e gli onori dei prelati ortodossi, ne censuravano amaramente le anticristiane vanità, riprovando persino la denominazione di anziani, o di sacerdoti, come istituzione della Sinagoga. La nuova Setta si dilatò grandemente nelle province dell'Asia Minore, situate al levante dell'Eufrate. Sei principali Congregazioni della medesima rappresentavano le chiese alle quali S. Paolo indiritte avea le sue epistole. Silvano pose la sua dimora nei dintorni di Colonia20, in quella parte del Ponto che rendettero parimente famosa gli altari di Bellona21 e i miracoli di S. Gregorio2223. Qui venne fuggendo il governo tollerante degli Arabi e qui, dopo ventisette anni di predicazione, perì vittima della persecuzione de' Romani. Que' devoti imperatori, che di rado aveano proscritte le vite d'altri eretici meno odiosi di questi, condannarono senza misericordia la dottrina, gli scritti e le persone dei Montanisti e de' Manichei. Consegnati alle fiamme i lor libri, chiunque osò conservarne o professare le opinioni che vi si racchiudevano, a ignominiosa morte fu condannato24. Simeone, inviato dall'Imperator greco a Colonia, vi si mostrò armato del poter delle leggi e della forza militare, per atterrare il Pastore, e ricondurre, se possibile era, lo smarrito gregge in seno della Chiesa. Con atto di raffinata crudeltà, dopo aver fatto collocare l'infelice Silvano a capo de' suoi schierati discepoli, comandò a questi di meritarsi il perdono, e di dar prove di pentimento, col trucidare il loro padre spirituale. Non sapendo eglino risolversi a tanta empietà cadeano i sassi dalle lor mani, nè in tutta quella banda vi fu che un solo carnefice, o secondo il dire de' fanatici, un nuovo David che rovesciò il gigante dell'eresia. Questo apostata nomavasi Giusto, il quale ingannò una seconda volta, e tradì i suoi malaccorti fratelli. L'inviato dell'Imperatore diè a divedere nella propria persona una nuova conformità cogli atti di S. Paolo: simile all'Appostolo abbracciò la dottrina della quale chiarito erasi persecutore, e, rassegnate dignità e ricchezze, acquistò nella setta de' Paoliziani la gloria di un missionario e di un martire. Generalmente però, i ridetti Settarj non correvano in traccia della corona del martirio25: ma durante un secolo e mezzo di patimenti, soffersero con rassegnazione tutto quanto lo zelo de' lor persecutori seppe immaginare contr'essi; nè gli sforzi della costanza pervennero ad estirpare i germi, difficilissimi entrambi ad essere spenti, i germi del fanatismo, e quelli della ragione. E predicanti, e congregazioni, uscirono per più riprese dal sangue, e dalle ceneri delle prime vittime. Pure in mezzo alle ostilità esterne cui soggiacevano i Paoliziani, trovarono il tempo per abbandonarsi a querele domestiche. Predicarono, disputarono, soffersero; e sin gli storici del Cattolicismo son costretti a far testimonianza sulle virtù, certamente apparenti, che in un intervallo di trentatre anni Sergio diè a divedere26. Un pretesto di religione spronò la crudeltà ingenita di Giustiniano, trattosi nella vana speranza di estinguere con una sola persecuzione il nome e la memoria dei Paoliziani. La semplicità della Fede che professavano i principi Iconoclasti, e la loro avversione alle superstizioni popolari, avrebbero potuto per vero dire renderli più indulgenti sugli errori di alcune dottrine: ma divenuti più indulgenti alle calunnie de' Monaci27 si fecero i tiranni de' Manichei, per tema di venire accusati lor complici. È questa la taccia da cui fu invilita la clemenza di Niceforo nel mitigare a favor de' suddetti eretici il rigore delle leggi penali; nè l'indole conosciuta di questo principe, permette attribuirgli un motivo più generoso. Ardentissimi nel perseguire i Paoliziani mostraronsi e il debole Michele I, e il severo Leone l'Armeno; ma si meritò palma di divozion sanguinaria l'imperatrice Teodora, quella medesima che restituì alle Chiese d'Oriente le Immagini. I suoi messi trascorreano furibondi le città e le montagne dell'Asia Minore, e al dir persin di coloro che adularono questa femmina, durante un brevissimo regno, centomila Paoliziani perirono, quali sotto la mannaia del carnefice, quali strozzati, quali arsi vivi. Forse i delitti e i pregi di questa Sovrana, vennero esagerati del pari; e se il calcolo fosse esatto, vi sarebbe luogo a presumere che molti, unicamente Iconoclasti, segnalati con più odioso nome, fossero stati avvolti nel crudele bando, o che altri de' medesimi, scacciati dalla Chiesa, avessero contro lor voglia cercato un asilo nel seno dell'eresia.
A. D. 845-880
I Settarj di una Religione perseguitata da lungo tempo, se giungono a ribellarsi, sono i più tremendi, e i più pericolosi di tutti i ribelli. Animati da una causa che riguardano come sacra, non danno luogo nè a timor nè a rimorso; il sentimento di una creduta giustizia, indurisce i lor cuori sin contro i moti dell'umanità; pronti a vendicare sui figli de' loro tiranni le ingiurie che i loro padri soffersero. Tali abbiam veduti gli Hussiti della Boemia, e i Calvinisti della Francia, e tali furono nel nono secolo i Paoliziani dell'Armenia, e delle vicine province28. L'uccisione di un Governatore e d'un vescovo, iti fra quelle genti con ordine di convertire o sterminare i ribelli, fu il primo segno della sommossa, e i più interni gioghi del monte Argeo alla libertà e all'odio de' ribellanti