Edward Gibbon

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11


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patria, le forze di tutta la nazione sulla pianura di Augusta assembraronsi. Marciò questo esercito, e combattè distribuito in otto legioni, proporzionate al numero delle province e delle tribù. Le tre prime erano composte di Bavaresi, di Franconj la quarta; la quinta di Sassoni comandati dal lor monarca in persona: la sesta e la settima di Svevi; l'ottava di mille Boemi che militavano al retroguardo. I soccorsi della superstizione, che in siffatte congiunture possono aversi per onorevoli, e salutari109, a quelli della disciplina e del valore si collegarono. Venne prescritto ai soldati purificarsi con un digiuno; il campo ringorgava di reliquie di Santi, e di martiri: e l'eroe cristiano cignendo la spada di Costantino, e armato dell'invincibile lancia di Carlomagno, fece sventolare la bandiera di S. Maurizio, prefetto della legione tebana. Ma soprattutto affidavasi alla santa lancia110, la punta della quale era stata fatta coi chiodi della vera Croce, lancia che il padre di Enrico avea tolta al Re di Borgogna minacciandolo di guerra, e presentandolo di una provincia. Credeasi che gli Ungaresi assalirebbero di fronte; ma questi, valicato segretamente il Lech, fiume della Baviera che mette foce al Danubio, intrapresero di fianco l'esercito cristiano, ne devastarono le bagaglie, e portarono confusione fra le legioni della Boemia e della Svevia. I Franconj riordinarono la battaglia; il loro Duca, il valoroso Corrado, fu ferito da una freccia nel momento che ritirato erasi del campo della pugna per gustar breve riposo. I Sassoni sotto gli occhi del loro Re combatterono, e tal vittoria ottennero, che per difficoltà superate, e per le conseguenze che ebbe, ogni trionfo de' due trascorsi secoli oltrepassò. Gli Ungaresi perdettero ancora più gente nella fuga che nel durare dell'azione, perchè trovavansi rinserrati fra mezzo ai fiumi della Baviera, nè le passate lor crudeltà lasciavano ad essi alcuna speranza di ottenere misericordia. Tre Principi ungaresi caduti nelle mani de' vincitori vennero appiccati a Ratisbona, gli altri prigionieri o strozzati, o privi di qualche lor membro; que' fuggitivi che osarono tornarsene fra i loro compatriotti, il rimanente di loro vita nella povertà, e nel disonore111 condussero. Però un tale disastro depresse il coraggio, e l'orgoglio di questi Pagani, che munirono di fosse e di baluardi i passi più accessibili dell'Ungheria. L'avversità inspirò loro sentimenti di moderazione e di pace: i devastatori dell'Occidente si rassegnarono a vita sedentaria, e un saggio Principe insegnò alla futura generazione quai vantaggi ella potesse ritrarre dall'agricoltura, e dal commercio delle produzioni di quel fertilissimo suolo. La schiatta primitiva, il sangue turco, o finnico si mescolò con quello di nuove colonie d'origine scitica o schiavona112: migliaia di prigionieri robusti, e industriosi vennero colà trasportati da tutte le contrade europee113. Geisa, dopo essersi stretto in nozze con una principessa di Baviera, concedè dignità, e dominj ai Nobili della Alemagna114. Il figlio di Geisa assunse il titolo di Re, e la dinastia di Arpad diede leggi all'Ungheria per tre secoli. Ma non abbagliati dallo splendor del diadema que' Barbari, nati liberi, accadde che il popolo facesse valere il suo diritto di scegliere, di rimovere e di castigare il servo ereditario dello Stato.

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      III. Nel nono secolo, all'occasione di un'ambasceria che Teofilo, Imperator d'Oriente inviò all'Imperator d'Occidente, Luigi, figlio di Carlomagno, il nome di Russi,115 cominciò per la prima volta ad essere conosciuto in Europa; perchè i Greci erano accompagnati dagli Ambasciatori del gran Duca o Sciagan o czar de' Russi. Questi ambasciatori, nel trasferirsi a Costantinopoli, aveano dovuto toccare il territorio di molte popolazioni nemiche al lor paese, e speravano sottrarsi ai pericoli di cui li minacciava il tornare addietro, coll'ottenere dal francese Monarca i modi a fine di restituirsi in patria per mare. Un attento esame fece scoprire l'origine di costoro: discendevano dalla schiatta degli Svevi, e de' Normanni, il cui nome erasi già fatto odioso e formidabile ai Francesi; laonde, nè a torto, si paventò, che questi ambasciatori russi fossero altrettanti esploratori, sotto colore d'amicizia colà venuti. Gli Inviati greci partirono, ma altrettanto non si permise ai Russi, perchè Luigi volea nuovi schiarimenti, prima di risolversi ad attenersi per riguardo loro o alle leggi della ospitalità, o a quelle della prudenza, giusta quanto l'interesse di entrambi gli Imperi avrebbe indicato116. Gli Annali moscoviti e la storia generale del Nort provano con molte dilucidazioni questa origine scandinava del popolo, o almeno de' Principi, della Russia117. I Normanni, per sì lungo tempo sepolti in una impenetrabile oscurità, furono d'improvviso infiammati dallo spirito delle avventure così marittime, come terrestri. Le vaste regioni, e, a quanto è stato detto, popolosissime, della Danimarca, della Svezia, e della Norvegia, abbondavano di Capi independenti, e di forsennati venturieri, che incresciosi degli ozj della pace, fra le angosce della morte sol sorrideano. I giovani Scandinavi altra professione non avendo che il corseggiare, in questa unicamente ponevano la loro gloria e la loro virtù. Stanchi di un clima addiacciato, e d'un paese fra stretti limiti chiuso, brandivano l'armi all'uscir d'un banchetto, suonavano il corno, salivano sui lor navigli, e trascorreano tutte le rive, che di bottino, o di miglior soggiorno li lusingavano. Primo teatro delle loro imprese marittime fu il mar Baltico; e col nome di Varagi o Varangi118, o Corsari, approdando alla costa orientale, oscura dimora delle tribù finniche, e schiavone, ricevettero dai Russi del lago Ladoga un tributo di pelli di scoiattoli bianchi. Superiori ai nativi e per maestria nelle armi, e per disciplina, e per celebrità, timore e rispetto a quelli ispiravano: e quando portarono la guerra fra i Selvaggi dimoranti nelle parti più interne di que' paesi, i Varangi non dissentirono dal combattere con loro, come collegati, e ausiliari, e fosse per elezione de' Russi, o per conquista, pervennero a poco a poco a dominar sopra un popolo che in istato erano di proteggere. Per praticata tirannide si fecero poi discacciare, e pel valore che li rendea necessarj, richiamati furono di bel nuovo. Intanto che Ruric, Capo scandinavo, divenne fondatore di una dinastia che più di settecento anni regnò, i fratelli di Ruric ne dilatarono la possanza: solleciti di secondarlo i suoi compagni d'armi, ne imitarono anche la usurpazione nelle province australi della Russia; e le diverse loro conquiste, consolidate, giusta l'uso, dalla guerra e dagli assassinj, in una possente Monarchia per ultimo si congiunsero.

      I discendenti di Ruric vennero lungo tempo riguardati come stranieri e conquistatori. Governando eglino colle armi de' Varangi, presentavano di dominj e di sudditi i fidi lor capitani, e nuovi venturieri venendo dalle coste del Baltico, aumentavano ad essi il numero de' partigiani119. Ma poichè la dominazione de' Capi scandinavi ebbe acquistata stabilità, essi alle famiglie russe s'imparentavano; ne assunsero la religione e la lingua; e Valadimiro I ebbe la gloria di liberare da mercenarj stranieri la patria. Costoro lo avean posto sul trono; ma le ricchezze del Principe, non bastando alle loro pretensioni, egli giunse accortamente a persuaderli a cercarsi un padrone, non più grato di lui, ma più dovizioso, e di veleggiare alle greche rive, ove il loro valore troverebbe compenso, non di pelli di scoiattolo, ma d'oro e di seta. In questo mezzo, il Principe russo avvertiva l'Imperator di Bisanzo di disperdere qua e là, di tenere in faccende, di ricompensare, ed anche frenare questi impetuosi figli del Settentrione. Gli Autori greci contemporanei descrivono questo arrivo dei Varangi; da essi sotto questo nome additati, e ne danno a conoscere l'indole. Il fatto è che ogni giorno si acquistarono maggiore stima e confidenza, e raccolti a Costantinopoli, ebbero ivi l'incarico della guardia del palagio; accresciuti di poi da una banda numerosa di loro compatriotti, gli abitanti di Thule; denominazione di paese generale e vaga, che in tal circostanza alla Inghilterra si riferisce. Erano pertanto i nuovi Varangi una colonia di Inglesi e Danesi al normanno giogo sottrattisi. La consuetudine del migrare e del corseggiare avea riuniti i diversi popoli della terra: questi esuli, ben ricevuti alla Corte di Bisanzo, ivi conservarono, sino agli ultimi anni dell'Impero, una lealtà immune da taccia, e l'uso delle lingue inglese e danese. Armato l'omero della loro larga azza da guerra a due tagli, accompagnavano l'Imperatore al tempio, al senato e all'Ippodromo; alla fedele loro guardia ei doveva la tranquillità de' suoi sonni e de' suoi conviti; fra le lor mani, sicure del pari e coraggiose, le chiavi del palagio, dell'erario e della Capitale si stavano120.

      Nel