Клаудио Поццани

Генуя Хандрящая


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vomitato l’anima

      ieri

      e forse mi manca già:

      non so più con chi mentire

      quando sono solo

      quando sogno solo

      Il letto a volte m’ingoia

      mi accoglie sorridente

      e poi si piega a metà

      come una pizza mangiata con le mani

      e io mi sento digerito nei sogni

      digerito bene quando non li ricordo

      digerito male quando i miei occhi

      al risveglio si spalancano di colpo e mi sputano fuori

      Ho vomitato l’anima

      ieri

      e forse se ne sta nascosta nel sifone

      arringando grumi di capelli, microbi, saponi

      e incrostature nere di chissà cosa

      Cosa starà dicendo di me?

      Se ne parlerà male ogni mattina il lavabo

      s’intaserà per sciopero

      Eppure anche voi, Popolo dello Scarico,

      avevate fiducia del mento che intravvedevate dal buco

      Non lasciatevi corrompere anche voi come ho fatto io

      ora lei è la vostra guida come lo è stata per me,

      vi farà diventare profumati, bianchi & puliti

      Un Popolo dello Scarico senza identità

      Voi abituati a guardare dal basso in alto

      e a provarci gusto

      Come quando io bambino alzavo lo sguardo

      e vedevo le nuvole marzoline

      impigliarsi nei baffi di mio padre

      o la mano di mia madre

      che pendeva come una liana

      a cui appendermi sicuro

      Ho vomitato l’anima

      ieri

      e fu forse rigurgito infantile,

      latte e biscotti al plasmon

      scaldati dal mio giovane ventre

      Avere un’anima al plasmon

      Al napalm, al plancton, al clacson

      Avere un’anima e vomitarla

      e quel vomito animarlo

      Non è colpa mia se anche stasera

      sono costretto a inventarmi storie che nessuno mi racconta mai

      e non è neanche questione

      d’essere un eterno bambino,

      perché gli altri non sono cresciuti

      sono soltanto già morti

      e al Cimitero sì, ci vado a giocare,

      ma la noia ben presto si trasforma in zanzare buie

      Mangio bestie morte fatte a fette

      Ho l’immagine di un moribondo sopra il mio letto

      Ho studiato e amato le opere di uomini morti

      Le cose morte mi hanno sempre nutrito corpo e anima

      E il primo è dannatamente vivo e instancabile

      E la seconda addirittura è fuggita via

      Ho vomitato l’anima

      ieri

      e chi se ne frega

      Al primo freddo rientrerà da sola

      come un gatto scappato sui tetti

      che rientra starnutente e arruffato

      Forse si starà proprio azzuffando

      con i gatti che in varie epoche mi sono stati accanto

      e che per tutta la loro vita

      amarono di me soprattutto le mani

      quando si trasformavano in ciotole piene

      o in spazzole ossute calde

      Ho vomitato l’anima

      ieri

      ma tu mi sei rimasta dentro

      Eravate nella stessa cella

      e lei se n’è andata senza dirti nulla

      o sei tu che sei voluta restare:

      ti manca poco per uscire regolarmente

      perché scappare, dunque?

      No, tu mi sei rimasta dentro

      dentro come sempre

      E’ uscito di tutto dal mio corpo

      Umori, bestemmie, sogni, raffreddori, denti da latte

      Adesso anche l’anima

      E’uscito di tutto, dicevo,

      tranne te

      e tranne me

      Ho vomitato l’anima

      ieri

      sembrava un mazzo di rose sul pavimento

      come uno di quelli che mi facevano arrossire al ristorante

      perché non sapevo cosa dovevo fare

      e ti avrebbe tenute le mani occupate tornando a casa

      Quelle mani, ahimè soltanto due,

      che avrei voluto sanguisughe da salasso su di me,

      dieci, venti soffici ventose tiepide sulla schiena

      a togliere umidità, vuoto ed amarezza.

      Ho vomitato l’anima,

      ieri.

      11

      La donna dalle lacrime dolci

      Sei la donna dalle lacrime dolci

      Ogni tuo gesto è una fiamma leggera

      Sei l’ombra, sei il gatto che fugge e poi ritorna

      Sei l’impatto del treno contro i rami sporgenti

      Un alambicco pieno di mercurio e di zolfo

      bolle di notte tra i tuoi seni perfetti

      Quanti a. lchimisti hanno perso i polmoni

      inseguendo i fumi del tuo corpo sudato!

      Sei la donna che detta il ritmo delle stagioni,

      che dimezza l’attesa tra un mio battito e l’altro

      Sei Venere che sorge da una colata di lava

      Sei Psiche che tiene sempre accesa la luce

      Calpesti la terra e neanche ti accorgi

      che ad ogni tuo passo prende vita un giardino

      Per i tuoi capelli il vento sta ringraziando Dio

      per avergli donato uno scopo di vita

      12

      Danzo

      Danzo la danza delle idee geniali

      sperando che tu mi dica qualcosa di nuovo

      Danzo la danza dei perdenti e perduti

      sapendo che i miei passi saranno vani

      Danzo la danza degli ingenui felici

      credendo che il mio sudore serva a qualcuno

      Danzo la danza dei profittatori

      e danzerò finché mi pagherai

      E danzo, danzo, danzo

      per vincere la mia arroganza

      Danzo, danzo, danzo

      il