Stephen Goldin

Branchi


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      “Grazie.”Prese il microfono e premette il pulsante di trasmissione. “Eccomi.”

      “Acker a rapporto, signore. Sono ancora al cottage di Stoneham. Il signor Stoneham è tornato alla sua casa di San Marcos per cercare di dormire un po’. Ho il suo indirizzo—”

      “Non serve, Harry. Ce l’ho da qualche parte. C’è stato qualche nuovo sviluppo da quando hai fatto il tuo primo rapporto?”

      “Ho controllato il terreno intorno al cottage alla ricerca di possibili impronte, ma penso che non siamo fortunati, signore. Non ha piovuto per mesi, lo sa, e il terreno qui è terribilmente secco e asciutto. In gran parte è formato da roccia coperta da un lieve strato di terra e ghiaia. Non son riuscito a trovare nulla.”

      “Che mi dici delle auto? C’erano tracce di pneumatici?”

      “L’auto della signora Stoneham è parcheggiata vicino al cottage. Ci sono due tracce di pneumatici dell’auto di Stoneham e una della mia. Ma il killer non avrebbe dovuto per forza venire in auto. Ci sono parecchi posti a breve distanza di facile cammino da qui.”

      “Una persona che tuttavia doveva conoscere la zona piuttosto bene se non voleva perdersi nel buio, non credi?”

      “Probabilmente sì, signore.”

      “Harry, in via ufficiosa, cosa ne pensi di questa faccenda?”

      La voce all’altro capo si fermò per un momento. “Beh, a dirle la verità, signore, questa è la cosa più ripugnante che abbia mai visto. Per poco non ho vomitato quando ho visto cosa era stato fatto al corpo di quella povera donna. Non ci poteva essere stata nessuna ragione perché il killer facesse quello che ha fatto. Direi che abbiamo a che fare con un malato di mente pericoloso.”

      “Va tutto bene, Harry,” lo confortò Maschen. “Aspetta lì. Vado a prendere Simpson e verremo a sostituirti. Chiudo.” Spense l’interruttore della radio e restituì il microfono a Whitmore.

      Simpson era il vice meglio addestrato sugli aspetti scientifici della criminologia. Ogni volta che accadeva un caso più complesso dell’ordinario, il dipartimento tendeva ad affidarsi a lui più che a chiunque degli altri membri. Di solito, Simpson non sarebbe venuto al lavoro prima delle dieci, ma Maschen lo aveva chiamato, informandolo dell'urgenza della situazione, e dicendogli che sarebbe passato a prenderlo. Prese il kit per le impronte e una macchina fotografica del vice e le portò nella sua auto, poi guidò verso la casa di Simpson.

      Il vice lo stava aspettando nella veranda della sua casa in qualche modo segnata dalle intemperie. Insieme Simpson e lo sceriffo si diressero verso il cottage di Stoneham. Parlarono pochissimo durante il tragitto; Simpson era un uomo magro, molto tranquillo che di solito teneva per sé la sua intelligenza, mentre lo sceriffo ne aveva più che abbastanza da pensare nel considerare i diversi aspetti del crimine.

      Quando arrivarono, Maschen congedò Acker e gli disse di andare a casa e cercare di riposare un po'. Simpson si dedicò senza far rumore ai suoi compiti, fotografando prima la stanza e poi il corpo da tutte le angolazioni, poi raccogliendo piccoli reperti, qualunque cosa fosse in giro, in piccoli sacchetti di plastica, e alla fine dedicandosi alla raccolta delle impronte digitali. Maschen chiamò un’ambulanza, poi si sedette e si mise a guardare il suo vice lavorare. Si sentiva in un certo senso inutile. Simpson era uno dei meglio addestrati per questo lavoro, e c'era poco che lo sceriffo potesse aggiungere alla bravura del suo vice. Forse, pensò amaramente Maschen, dopo tutto questo tempo mi trovo realmente destinato a essere un burocrate e non un poliziotto. Si chiese se non poteva essere un triste resoconto della sua vita.

      Simpson terminò il suo lavoro quasi simultaneamente all’arrivo dell’ambulanza. Quando il corpo della signora Stoneham fu portato via verso l'obitorio, Maschen chiuse a chiave il cottage e, insieme a Simpson, ritornarono verso la città. Erano quasi le otto e trenta, e lo stomaco di Maschen stava cominciando a ricordargli che tutto quello che aveva avuto come colazione era solo una tazza di caffè.

      “Cosa ne pensi dell’omicidio?” chiese all’impassibile Simpson.

      “È insolito.”

      “Beh, sì, questo è ovvio. Nessuna persona normale... lascia che mi corregga, nessun killer normale ridurrebbe un corpo in quel modo.”

      “Non è quello che intendevo. L’omicidio è stato fatto prima.”

      “Cosa intendi?”

      “L'omicida prima ha ucciso la donna, poi l'ha legata.”

      Maschen tolse per un attimo gli occhi dalla strada per guardare il suo vice. “Come lo sai?”

      “Non c’era nessuna interruzione nella circolazione quando le mani sono state legate e quei nodi erano terribilmente stretti. Inoltre, il cuore aveva smesso di pompare sangue prima che fossero fatti. Era stata uccisa prima che fossero fatti quei tagli sul suo corpo, altrimenti sarebbe schizzato fuori molto più sangue.”

      “In altre parole non si tratta del tipico sadico che lega una ragazza, la tortura e poi la uccide. Mi stai dicendo che quest’uomo prima l’ha uccisa, poi l'ha legata e l'ha smembrata?”

      “Sì.”

      “Ma tutto questo non ha alcun senso.”

      “Per questo ho detto che è insolito.”

      Percorsero il resto del tragitto in silenzio, ognuno ripensando per conto proprio alle inusuali circostanze del caso.

      Quando furono di ritorno alla stazione, Simpson si diresse immediatamente verso il piccolo laboratorio per esaminare i reperti. Maschen aveva cominciato a salire le scale del suo ufficio quando Carroll, la sua segretaria, gli venne incontro a metà strada. “Faccia attenzione,” gli sussurrò. “C’è una squadra di reporter pronti a tenderle un’imboscata lassù.”

      Come si riuniscono velocemente gli avvoltoi, pensò Maschen. Mi chiedo se qualcuno li ha informati, o se riescono solamente a sentire l’odore della morte e del sensazionalismo e arrivano di corsa. In realtà non se li era aspettati così presto, e non si era preparato nulla da dire. Il suo stomaco gli stava facendo presente con insistenza che non aveva mangiato nulla di solido nelle ultime quattordici ore. Si chiese se avrebbe fatto ancora in tempo a sgattaiolare via per una veloce colazione prima di affrontarli.

      Non ce ne fu. Una faccia sconosciuta apparve alla fine delle scale. “Ecco lo sceriffo,” disse l’uomo. Maschen sospirò e proseguì a salire le scale dietro a Carroll. Lo aveva saputo che non sarebbe stato un buon giorno.

      Fu ancora più sorpreso quando raggiunse la cima delle scale e si guardò intorno. Si era aspettato una manciata di reporter da un paio dei giornali della contea. Invece la stanza era stipata di gente, e l'unico che fu in grado di riconoscere fu Dave Grailly del San Marcos Clarion. Tutti gli altri erano degli sconosciuti. E non c'erano solo persone, c'erano anche varie attrezzature. Videocamere, microfoni e altro equipaggiamento per le trasmissioni erano disposte con attenzione, con le sigle delle tre reti nazionali principali così come delle stazioni locali delle zone di Los Angeles e San Francisco. Fu sopraffatto dal pensiero che questo caso stava attirando molta più pubblicità di quanto si attendesse.

      Nell’istante in cui apparve, iniziò un forte brusio visto che venti diverse persone cominciarono a porre venti diverse domande allo stesso tempo. Disorientato, Maschen riuscì solo a restare lì in piedi per un momento di fronte al fuoco di fila delle domande, ma alla fine riacquistò il suo autocontrollo. Si diresse nella zona dove avevano allestito i microfoni e annunciò, “Signori, se avete un attimo di pazienza, rilascerò una dichiarazione fra pochi minuti. Carroll, prenda il suo blocco stenografico e venga con me in ufficio”

      Si recò nel suo ufficio e chiuse la porta, appoggiandovisi contro. Chiuse gli occhi, cercando di regolare il suo respiro e di calmare i suoi nervi. Gli eventi si stavano accumulando troppo in fretta per lui. Era solo lo sceriffo di una piccola contea, abituato a un ritmo rilassato e a un’atmosfera tranquilla. All’improvviso il mondo sembrava aver perso il controllo, sconvolgendo il monotono tran tran a cui era abituato. Di nuovo gli passò per