Marco Fogliani

Scherzi Del Mare


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uno di questi giorni ti porterò a casa mia. Ti andrebbe?”

      Lui fece cenno di sì col capo.

      “Allora ti ci porterò. Ma questo vuol dire che dovrai conoscere i miei genitori. Te la senti?”

      “ Quanto corri, esagerata”, avrebbe sicuramente risposto Aldo in altre circostanze e ad un'altra ragazza. Ed invece rispose con naturalezza:

      “Certamente. Perché non dovrei? Sappi che non ho paura di nulla e di nessuno.”

      “Va bene, allora aspettami domani”. E così dicendo sparì alle sue spalle.

      

      

      L'indomani sera Aldo tornò al suo solito scoglio. Si portò come sempre l’occorrente per pescare, ma non lo fece, aspettando l'arrivo di Serena.

      Il tempo era brutto, piovigginoso, e fece anche un paio di rapidi sgrulloni. Il cielo ed il mare, a tratti irrequieti, erano di un grigio oscuro, e non si vedeva quasi nulla. Ma ad un certo punto, dopo molto tempo, Aldo riuscì a scorgere in lontananza il traghetto che passava. L'ora del rientro, pensò Aldo sconsolato; per quella sera lei non sarebbe venuta. Per non pensarci si sedette e, nonostante la pioggia, cominciò a pescare con la sua canna.

      Ed invece fu proprio allora che Serena lo venne a prendere. Una strana onda anomala, forse causata dal passaggio del traghetto ma non giustificata dalle buone condizioni del mare, si abbattè proprio e solo in quella piccola zona di scogli dove il ragazzo si trovava a pescare, e se lo portò via. Un fatto meteorologico e naturale raro ed inconsueto, breve ed improvviso, durante il quale, dichiararono concordemente i pochi pescatori che assistettero a questo accadimento strano ed incredibile, il vento si mise a fischiare, anzi ad urlare, in un modo strano, come se recitasse una specie di canto misterioso.

      E qualcuno, fra i testimoni, affermò anche che il ragazzo non fosse il solo ad essere stato trascinato via dal mare, ma che con lui ci fosse anche una ragazza, dai lunghi capelli chiari e lucenti.

      

      

       Fin qui la leggenda. Poi ci sono i fatti, signor commissario, tutti riportati dettagliatamente in questo faldone. E i fatti sono che, in oltre quindici anni, questo è il quarto ragazzo inghiottito dal mare nella stessa zona di scogli, e all’incirca nello stesso modo, a quanto pare. Tutti, guarda caso, con i capelli rossi. E anche stavolta le ricerche del corpo nelle acque circostanti non hanno restituito assolutamente nulla.

      OSVALDO IL PESCATORE

      Incontrai il mio amico Osvaldo al bar.

      "E allora, Osvaldo, come è andata poi l'altro giorno la tua pesca?", gli chiesi. L'ultima volta che l'avevo visto, forse dieci giorni prima, era stato al porto mentre usciva per andare a pescare con la sua piccola barca, e gli avevo augurato buona fortuna.

      "Bene, bene, grazie. All'inizio no, non ha abboccato niente di niente per parecchio tempo: tanto che pensavo che incontrarti mi avesse portato sfortuna. Ma poi … !"

      "Poi?"

      "Beh, come al solito ero andato al largo e avevo spento il motore; avevo fissato un capo della lenza al piccolo àrgano dell'àncora, e l'altro capo del filo pescava in mare. Non accadde niente per parecchio tempo, e mi stavo quasi appisolando: allora, come faccio in questi casi, ho sistemato sulla lenza i miei campanellini che mi avvertono se qualcosa abbocca. Ma dopo un po', sarà stato per la brezza o il dondolio anomalo delle onde, intuii che la barca era in movimento, quasi che fosse mossa da vele; e tu sai bene che di vele non ne ha.

      La lenza era così tesa che mi stupii che non si fosse spezzata. Era proprio quel filo a muovere la barca: dovevo aver preso qualcosa di grosso, molto grosso. Pensai addirittura che l'amo si fosse impigliato in un sottomarino. Credo che non sarei riuscito a fare nulla se non avessi usato l'àrgano - non per niente mi sono attrezzato a pescare in quel modo - e comunque feci molta fatica a tirarlo a bordo, e in ogni momento temevo che il filo si spezzasse. Ma alla fine eccolo uscire dall'acqua, prima la testa e poi tutto il resto: era un pescione almeno lungo così."

      Osvaldo, per farmi vedere le dimensioni della preda, dovette alzarsi e spostarsi per poter aprire le braccia in tutta la loro lunghezza.

      "Ma dai, esagerato: secondo me ti sei addormentato e te lo sei sognato", gli dissi.

      "No, no, te l'assicuro. Ma la cosa strabiliante, più che la dimensione del pesce, è che a un certo punto ho sentito una voce: eppure ero da solo la in mezzo al mare.

      " Ti prego, toglimi questo coso di bocca e ributtami vivo in acqua. Vedrai che ti saprò ricompensare a dovere."

      Puoi immaginarti come ci sono rimasto: un pesce che parla. Non mi era mai successa una cosa simile!"

      "Neanche a me è mai successo", obbiettai io, sempre più incredulo.

      "E quando gli ho detto, sorpreso:

      "Ma come, tu sai parlare?", lui mi ha risposto:

       "Naturalmente sì, e parlo correntemente cinque lingue di voi uomini. Ma adesso ti prego, rimettimi in acqua."

      Mi stavo quasi impietosendo, alla vista di quel pesce che annaspava e si dimenava disperato; ma esitavo.

       "Ma io ti avrei trasformato in una cena succulenta per almeno dieci persone. Se ti lascio andare, invece …"

       "Come puoi dire che la mia carne sia buona? E comunque, se mi lasci andare, ti prometto che ti procurerò tanto di quel pesce prelibato che non dieci, ma venti persone potrai invitare alla tua tavola. Basta che sistemi delle belle ceste ai bordi della tua barca, ed io in poco tempo te le riempirò. Oggi e per un mese intero a venire."

      Mi aveva quasi convinto. Feci per avvicinarmi a lui per liberarlo dall'amo; tuttavia esitai ancora.

      "Ti voglio fare una bella foto per mostrarla come trofeo ai miei amici. Se ti libero nessuno crederà mai che io abbia pescato un pesce così grosso", gli dissi.

       "Che problema vuoi che abbia a farmi fare una foto in tua compagnia. Basta che adesso mi butti un po' in acqua …"

      Ed io lo feci, lasciandolo per un po' in acqua sempre attaccato all'amo. Poi andai a prendermi la mia macchina fotografica digitale e me la collocai in posizione per un autoscatto. Tirai di nuovo su l'enorme pesce, andai a scattare e tornai al mio posto, imbracciando il pesce e attendendo il flash della macchina.

      "Bene: se adesso mi lasci andare, vado a prenderti i pesci che ti ho promesso", mi disse lui.

       "Generoso lo sono sì, ma mica scemo. Chi mi garantisce che tu non scapperai appena ti libero dall'amo, senza mantenere la tua promessa? Anche perché di pesci che parlano, promettono e mantengono, in fede mia credo che non ce ne sia alcuna traccia nella storia del mondo."

      E così dicendo lo liberai sì dall'amo, ma non prima di averlo legato per la coda ad un altro filo altrettanto robusto. E lo legai così stretto, per paura che si potesse divincolare aiutandosi con le sue squame scivolose, che forse ne soffrì ora più per questa stretta che non per l'amo che aveva in bocca in precedenza.

       "Malfidato che non sei altro. Ma vedrai che ti pentirai amaramente di questa mancanza di fiducia: perché se tu mi avessi liberato completamente, ti avrei reso l'uomo più ricco della nazione. Non hai forse capito che sono un pesce magico? O pensi che qualunque pesce possa parlare?"

       "Sì, puoi ben dire che sono malfidato; ma se nella vita avessi sempre dato credito a chi faceva promesse straordinarie come le tue, a quest'ora non sarei certo qui tranquillo a pescare, ma povero a elemosinare da qualche parte. E comunque sono stato di parola ed ho esaudito la tua richiesta, dato che tu volevi che ti liberassi dall'amo e ti lasciassi in acqua. Ora tocca a te essere di parola: tra un attimo metterò le ceste ai bordi della barca, e tu riempile."

      Ma nonostante le mi precauzioni quello, una volta in mare, con un guizzo si liberò subito della