Guido Pagliarino

Il Vento Dell'Amore – Saggio


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al superstite regno di Giuda e una parte di quest’area meridionale viene ulteriormente frazionata in piccolissimi stati tribali. La ragione di entrambe le ribellioni potrebbe essere di ordine fiscale, dato che a causa del lusso della corte il popolo, e per primi i piccoli contadini, è tartassato. La storia non insegna e la situazione si ripete coi sovrani successivi. Durante i regni di Ozia di Giudea e di Geroboamo d’Israele, il profeta Amos proclama che Jahvè sta per distruggere gli oppressori dei poveri e un altro oracolo di Dio, Osea, ripete l’ammonimento. Comincia adesso a tracciarsi la figura misericordiosa di Jahvè, che s’affina negli scritti dei profeti Isaia e Michea: Dio si manifesta agli Ebrei come colui che, in primo luogo, protegge assolutamente i poveri contro i soprusi: siamo verso la fine dell’VIII secolo a.C.

      Quanto a Isaia, almeno tre sono gli autori che scrivono sotto questo nome. Il primo è l'Isaia persona fisica, detto Proto Isaia; egli è nato probabilmente a Gerusalemme e la sua vocazione profetica si manifesta attorno al 740 a.C., anno di morte del re Ozia. Gli altri scrivono in tempi successivi e la tradizione ha poi attribuito i loro scritti a Isaia. Nel complesso, il libro intestato a Isaia è scritto tra il 740 e il 445 a.C.

      Scrive il Proto Isaia (Is 1, 13-17), proponendo quel primato della carità sul culto che già lascia intravedere il Dio di Gesù che è totalmente al servizio degli esseri umani:

      â€œSmettete di presentare offerte inutili,

      l’incenso è un abominio per me;

      noviluni, sabati, assemblee sacre,

      non posso sopportare delitto e solennità.

      I vostri noviluni e le vostre feste

      io li detesto,

      sono per me un peso;

      sono stanco di sopportarli.

      Quando stendete le mani,

      io allontano gli occhi da voi.

      Anche se moltiplicate le preghiere,

      io non ascolto.

      Le vostre mani grondano sangue.

      Lavatevi, purificatevi,

      togliete il male delle vostre azioni

      dalla mia vista.

      Cessate di fare il male,

      imparate a fare il bene,

      ricercate la giustizia,

      soccorrete l’oppresso,

      rendete giustizia all’orfano,

      difendete la causa della vedova”.

      Scrive il profeta Amos(Am 5, 21-24):

      â€œIo detesto, respingo le vostre feste,

      e non gradisco le vostre riunioni;

      anche se voi mi offrite olocausti,

      io non gradisco i vostri doni.

      E le vittime grasse come pacificazione

      Io non le guardo.

      Lontano da me il frastuono dei tuoi canti,

      il suono delle tue arpe non posso sentirlo!

      Piuttosto scorra come acqua il diritto

      e la giustizia come un torrente perenne”.

      Quanto al profeta Michea, egli dalla Giudea assiste a grandi eventi, anzitutto alla guerra tra i regni ebraici di Giuda e Israele e all'invasione della Galilea da parte dell'esercito assiro con la presa di Samaria e la sconfitta del regno d’Israele. Condanna aspramente sacerdoti e falsi profeti e attacca con veemenza i ricchi proprietari di latifondi, i quali opprimono e sfruttano senza compassione i poveri, tra cui anzitutto i braccianti agricoli e i piccoli proprietari. Denuncia la corruzione delle città, in primo luogo di Gerusalemme che rende simbolo della corruzione dei vertici religiosi e politici e dei funzionari governativi. Come contemporaneamente Amos in Israele, Michea prédica la giustizia di Jahvè e richiede a suo nome un comportamento concretamente onesto e non solo di giustizia formale: Dio richiede che, sul suo stesso esempio, si eserciti la pietà (Mi 6, 8).

      Ãˆ interessante notare che Michea presenta una delle profezie più chiare sul Messia, figura che il Nuovo Testamento identificherà con Gesù Cristo (Mi 5, 1-14): afferma ch’egli nascerà a Betlemme, non sarà un angelo ma un essere umano, originerà dal passato più lontano, si circonderà d’un gruppo di uomini retti, si prenderà cura dei miseri e fonderà un universale regno di giustizia, pace e benessere (Mi 4,1-5) di cui sarà sovrano Dio stesso e in cui le lance diverranno falci e le spade aratri perché non ci saranno più guerre; questo simbolicamente; in sostanza, un regno ultraterreno di Pace e cioè la Vita eterna in Dio dei beati.

      Prima della schiavitù babilonese gli Ebrei sono attirati dal politeismo: convivendo stirpi e religioni diverse sullo stesso territorio palestinese, non c’è affatto da stupirsene. Molti adorano, a lato di Jahvè, dèi della terra e, in generale, della fertilità; per primi un Padre El che arriva nelle menti di certuni a confondersi con Jahvè, una Madre Asherah, equivalente alla babilonese Ishtar, a sua volta corrispondente alla fenicia Astarte e da taluni ritenuta la moglie di Jahvè stesso, e i loro figli Anath e Baal, nome il secondo dal plurimo significato di Marito, Signore, Padrone; quest’ultima divinità è la più onorata e blandita, da certuni maggiormente di Jahvè. Gli Ebrei erigono loro statue e stele e offrono sacrifici, addirittura nel cortile del tempio costruito da Salomone. S’innalzano inoltre pietre di culto, davanti a una porta di Gerusalemme intitolata a Giosuè, persino ai pelosi, divinità inferiori dei campi simili ai boschivi fauni dei Greci. Vari sovrani sono conniventi o peggio; è idolatra Geroboamo, primo re d’Israele dopo la dissociazione da Giuda delle terre del nord: è scritto in 2 Cronache che “Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per i demòni e per i vitelli che aveva eretti” (2 Cr 11, 15); nell’originale ebraico era detto precisamente che si trattava di statue di pelosi e di vitelli.

      Nel corso del tempo cadono mali sul popolo ebraico, ed ecco sorgere nell’ambiente profetico l’idea, che si rifletterà sulla Bibbia, che Jahvè punisca quegl’idolatri dei suoi sudditi: sudditi perché il solo re d’Israele è Dio mentre Davide e i successivi sovrani sono suoi delegati, vice re. Il profeta di turno leva quindi la voce perché si cessi d’adorare divinità estranee, ma sempre invano, e i castighi divini arrivano di nuovo puntuali, tante volte nella forma d’una sconfitta in guerra. Adorare gli dèi di altri popoli è una prassi talmente viva in Israele che ci vorrà infine la punizione enorme, come verrà intesa, della deportazione in terra babilonese perché l’intero Israele giunga all’idea di Dio unico e solo.

      Si forma nel IX secolo a.C. un movimento, diretto dai profeti Elia ed Eliseo, particolarmente duro contro il politeismo e che giunge all’omicidio di sacerdoti e di profeti delle divinità straniere. Questo partito ispira, a fini religiosi, una rivoluzione nel regno d’Israele verso l’840 a.C., tuttavia il movimento non riesce ad affermarsi, restando assai minoritario. Da parte sua già il re Asa (circa 913-873 a.C.), nipote di Salomone, aveva combattuto, vanamente, la mentalità politeista. Poi interviene un fatto nuovo e critico, la dominazione assira.

      Nell’VIII secolo prima di Cristo l’Assiria, sotto Tiglatpileser III re dal 744, da regno s’è fatta impero conquistando molti stati e instaurandovi suoi governatori e la pratica di deportare parte delle popolazioni vinte sostituendole con altre: gli Assiri si sono rivolti a nord verso Urartu, a sud hanno conquistato Babilonia, che già era stata loro in passato, ad est hanno vinto la Media, a nord si sono espansi verso le zone mediterranee; finalmente sconfiggono il regno d’Israele e, subito dopo, l’Egitto.