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First Italian Readings


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      PREFACE

      IN the study of Italian, as in that of French, "doubtless the best method of learning to read… is to read." Copious reading should accompany and supplement the study of the essentials of grammar; and it is to supply material for such early reading that the present book has been prepared. The chief object has been, not to offer select specimens that should be representative of Italian literature, but to furnish easy, interesting stories and sketches for beginners.

      Complete selections have in all cases been preferred to extracts; and these selections have, as far as possible, been arranged according to their degree of difficulty. In the interests of the class-room—as the editor understands them—a special endeavor has been made to introduce stories that are bright and animated in tone, and to avoid, for the most part, the pathetic and melodramatic. It is, perhaps, not superfluous to add that in this respect there has been much to avoid.

      The first two stories, from the French of Perrault, have been chosen because of the familiarity of their contents and because of their readableness. At this day it is certainly not necessary to offer any apology for the publication of translations in a reader of this scope. Translations of this kind have done such excellent service in French and German readers, that it is safe to say they can be equally useful in Italian.

      In conformity with the strictly elementary character of this book, annotations of a literary or biographical nature have been almost entirely dispensed with. The notes are purposely brief, it having seemed preferable to render, under the proper word in the vocabulary, many expressions which, in other circumstances, might find a place in the notes. In constructing the vocabulary it has not been deemed necessary to insert all the forms, of article and pronoun, which are commonly listed in the first few pages of a grammar. Careful attention has been given to the irregular verb-forms, especially those occurring in the earlier selections.

      The editor is indebted to Professor Joynes's French Fairy Tales for hints touching the annotation of the first two stories, and to Professor Grandgent's Italian Grammar and Composition for the wording of two or three statements in the notes and vocabulary; also to Professor Matzke of Stanford University for suggestions as to various series of racconti.

B. L. B.

      Ohio State University,

      Columbus, November 12, 1896.

      I.

      IL GATTO COGLI STIVALI

      UN mugnajo, venuto a morte, non lasciò altri beni ai suoi tre figliuoli che aveva, se non il suo mulino, il suo asino e il suo gatto.

      Così le divisioni furono presto fatte: nè ci fu bisogno dell'avvocato e del notaro; i quali, com'è naturale, si sarebbero mangiata1 in un boccone tutt'intera la piccola eredità.

      Il maggiore ebbe il mulino;

      Il secondo, l'asino;

      E il minore dei fratelli ebbe solamente il gatto.

      Quest'ultimo non sapeva darsi pace,2 per essergli toccata3 una parte così meschina.

      –I miei fratelli,—faceva egli a dire,4—potranno tirarsi avanti onestamente, menando vita in comune; ma quanto a me, quando avrò mangiato il mio gatto, e fattomi un manicotto della sua pelle, bisognerà che mi rassegni a morir di fame.—

      Il gatto, che sentiva questi discorsi, e faceva finta di non darsene per inteso,5 gli disse con viso serio e tranquillo:

      –Non vi date alla disperazione, padron mio! Voi non dovete far altro che trovarmi un sacco e farmi fare un pajo di stivali per andare nel bosco; e dopo vi farò vedere che nella parte che vi è toccata, non siete stato6 trattato tanto male quanto forse credete.—

      Sebbene il padrone del gatto non pigliasse7 queste parole per moneta contante, a ogni modo gli aveva visto fare tanti giuochi di destrezza nel prendere i topi, or col mettersi penzoloni, attaccato per i piedi, or col fare il morto,8 nascosto dentro la farina, che finì coll'aver qualche speranza di trovare in lui un po' di ajuto nelle sue miserie.

      Appena il gatto ebbe ciò che voleva, s'infilò bravamente gli stivali, e mettendosi il sacco al collo, prese le corde colle zampe davanti e se ne andò in una conigliera, dove c'erano moltissimi conigli.

      Pose dentro al sacco un po' di crusca e della cicerbita: e sdraiandosi per terra come se fosse morto, aspettò che qualche giovine coniglio, ancora novizio dei chiapperelli venisse a ficcarsi nel sacco per la gola di mangiare la roba che c'era dentro.

      Appena si fu sdrajato, ebbe subito la grazia. Eccoti9 un coniglio, giovane d'anni e di giudizio, che entrò dentro al sacco: e il bravo gatto, tirando subito la funicella, lo prese e l'uccise senza pietà nè misericordia.

      Tutto glorioso della preda fatta andò dal Re,10 e chiese di parlargli.

      Lo fecero salire nei quartieri del Re, dove entrato che fu11 fece una gran12 riverenza al Re, e gli disse:

      –Ecco, Sire, un coniglio di conigliera che il signor marchese di Carabà—era il nome che gli era piaciuto di dare al suo padrone—mi ha incaricato di presentarvi da parte sua.

      –Di' al tuo13 padrone,—rispose il Re,—che lo ringrazio e che mi ha fatto un vero regalo.—

      Un'altra volta andò a nascondersi fra il grano, tenendo sempre il suo sacco aperto; e appena ci furono entrate dentro due pernici, tirò la corda e le acchiappò tutte e due.

      Corse quindi a presentarle al Re, come aveva fatto per il coniglio di conigliera. Il Re gradì moltissimo anche le due pernici e gli fece dare la mancia.

      Il gatto in questo modo continuò per due o tre mesi a portare di tanto in tanto al Re la selvaggina della caccia del suo padrone.14

      Un giorno avendo saputo che il Re doveva recarsi15 a passeggiare lungo la riva del fiume insieme alla sua figlia, la più bella Principessa del mondo, disse al suo padrone:

      –Se date retta a un mio consiglio, la vostra fortuna è fatta: voi dovete andare a bagnarvi nel fiume, e precisamente nel posto, che vi dirò io: quanto al resto, lasciate fare a me.—

      Il marchese di Carabà fece tutto quello che gli consigliò il suo gatto, senza sapere a che cosa gli avrebbe potuto16 giovare.

      Mentre egli si bagnava, il Re passò di là; e il gatto si messe a gridare con quanta ne aveva in gola:17

      –Aiuto, aiuto! affoga il marchese di Carabà.—

      A queste grida, il Re messe il capo fuori dallo sportello della carrozza e, riconosciuto il gatto, che tante volte gli aveva portata la selvaggina, ordinò alle guardie che corressero 18 subito in aiuto del marchese di Carabà.

      Intanto che tiravano su, fuori dell'acqua, il povero Marchese, il gatto avvicinandosi alla carrozza raccontò al Re che mentre il suo padrone si bagnava, i ladri erano venuti a portargli via i suoi vestiti, sebbene avesse gridato al ladro con tutta la forza dei polmoni. Il furbo trincato aveva nascosto i panni sotto un pietrone.

      Il Re diè ordine subito agli ufficiali della sua guardaroba di andare a prendere uno dei più sfarzosi vestiarj per il marchese di Carabà.

      Il Re gli usò mille carezze, e siccome l'abito che gli avevano portato in quel momento faceva spiccare i pregi della sua persona