Блейк Пирс

Corsa Contro la Follia


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strisciare e si appiattì, mentre sentiva il pungente filo spinato graffiarle leggermente la schiena.

      Un tormentoso torpore prese il sopravvento, suscitando un amaro ricordo.

      Riley era in un’intercapedine oscura sotto una casa. Era appena fuggita da una gabbia, dov’era stata tenuta prigioniera e tormentata da uno psicopatico con una torcia al propano. Nell’oscurità, aveva perso la cognizione del tempo e non ricordava per quanto tempo fosse stata tenuta prigioniera.

      Ma era riuscita a forzare la porta della gabbia, l’aveva aperta e ora stava strisciando alla cieca, alla ricerca di una via d’uscita. Era piovuto di recente e il fango sotto di lei era appiccicoso, freddo e profondo.

      Mentre il corpo le diventava ancora più insensibile per il freddo, una profonda disperazione s’impadronì di lei. Era debole per la mancanza di sonno e per la fame.

      Non posso farcela, pensò.

      Doveva costringersi a buttare quelle idee fuori dalla sua mente. Doveva continuare a strisciare e cercare. Se non usciva, lui l’avrebbe uccisa alla fine, proprio com’era toccato alle sue altre vittime.

      “Riley, stai BENE?”

      La voce di Lucy richiamò Riley da quel mondo oscuro, ricordo di uno dei suoi casi più strazianti. Era una disavventura che non avrebbe mai dimenticato, perché anche sua figlia, successivamente, era stata catturata dal medesimo psicopatico.

      Riley si chiese se quei flashback l’avrebbero mai lasciata in pace. Ed April si sarebbe mai liberata di quei devastanti ricordi?

      Ora, tornata al presente, si rese conto di avere strisciato sotto l’ostacolo e di essersi fermata sotto il pungente filo spinato. Lucy era proprio dietro di lei ed attendeva che proseguisse.

      “Sto BENE” Riley rispose. “Scusa se ti ho bloccata.”

      Si fece forza per riprendere di nuovo a strisciare.

      Arrivata sulla riva dello stagno, si rialzò i piedi e raccolse le forze. Poi, si incamminò per il sentiero del bosco, certa che Lucy non fosse distante alle sue spalle.

      Sapeva che la prossima prova consisteva nell’arrampicarsi su una rete: un passaggio difficile. Poi, dinnanzi a sé avrebbe avuto altri 3 km da percorrere, e molti altri ostacoli duri da superare.

      *

      Alla fine del percorso di 9 km, Riley e Lucy, entrambe col fiatone, si sorreggevano l’una all’altra, ridendo e congratulandosi a vicenda per essere riuscite ad arrivare in fondo.

      Riley rimase sorpresa quando vide il suo partner storico, fermo ad attenderla alla fine del percorso. Bill Jeffreys era un uomo forte e robusto, e aveva circa l’età di Riley.

      “Bill!” Riley disse, col fiato corto. “Che cosa ci fai qui?”

      “Sono venuto a cercarti” l’altro rispose. “Mi hanno detto che ti avrei trovata qui. Ho stentato a credere che volessi farlo, per di più in pieno inverno! Che cosa sei, una specie di masochista?”

      Riley e Lucy scoppiarono entrambe a ridere.

      Lucy disse: “Forse sono io la masochista. Mi auguro di poter correre la Strada di Mattoni Gialli quando avrò la sua veneranda età.”

      Con tono canzonatorio, Riley si rivolse a Bill: “Ehi, sono pronta per un altro giro. Ti unisci a me?”

      Bill scosse la testa e rise.

      “Huh-uh” disse. “Ho ancora il mio vecchio Mattone Giallo a casa, e lo uso come fermaporta. Uno è sufficiente per me. Sto pensando di correre per un Mattone Verde, comunque. Vuoi unirti tu a me?”

      Riley scoppiò di nuovo a ridere. Il riferimento al “Mattone Verde” era una battuta che circolava nell’ambiente dell’FBI, un premio dato a chiunque fumasse trentacinque sigari in trentacinque notti di fila.

      “Passo” rispose.

      L’espressione di Bill si fece improvvisamente seria.

      “Sono su un nuovo caso, Riley” disse. “E vorrei che ci lavorassi con me. Spero che sarai D’ACCORDO. So che è trascorso pochissimo tempo dal nostro ultimo caso.”

      Bill aveva ragione. A Riley sembrava di aver catturato Orin Rhodes soltanto il giorno precedente.

      “Sai che ho appena portato a casa Jilly. Sto provando ad aiutarla a entrare nella sua nuova vita. Nuova scuola … tutto nuovo.”

      “Come sta?” il partner domandò.

      “E’ incostante, ma ci sta provando davvero. E’ così felice di far parte di una famiglia. Credo che avrà bisogno di molto aiuto.”

      “Ed April?”

      “Lei è assolutamente fantastica. Sono sempre più meravigliata di come la sua lotta con Rhodes l’abbia resa più forte. Ed è già molto affezionata a Jilly.”

      Dopo una pausa, chiese: “Su che tipo di caso stai lavorando, Bill?”

      L’uomo restò in silenzio per un momento.

      “Sto per incontrarmi con il capo per fare il punto della situazione” rispose. “Ho davvero bisogno del tuo aiuto, Riley.”

      La donna guardò il suo amico e partner, dritto negli occhi. La sua espressione era di profonda angoscia; quando aveva detto che aveva bisogno del suo aiuto, era stato sincero.

      Riley si chiese che cosa stesse accadendo.

      “Mi faccio una doccia e indosso dei vestiti puliti” rispose. “Ci vediamo al quartier generale.”

      CAPITOLO CINQUE

      Il Caposquadra Brent Meredith non era un tipo a cui piaceva perdere tempo con le carinerie.

      Riley lo sapeva per esperienza personale.

      Perciò, quando entrò nel suo ufficio dopo la sua corsa, non si aspettava un breve discorso, nessuna domanda gentile su salute, casa e famiglia. L’uomo poteva essere gentile e caloroso, ma quei momenti erano rari. Oggi, sarebbe andato dritto al punto, e il suo punto era sempre di estrema urgenza.

      Bill era già arrivato. Sembrava ancora molto nervoso. Riley si augurò di capirne presto il motivo.

      Quando si sedette, Meredith si allungò verso di lei, protendendosi dalla sua scrivania e avvicinandole il suo viso di afroamericano, ampio, squadrato e intimorente come sempre.

      “Prima le cose urgenti, Agente Paige” disse.

      Riley rimase in attesa che il capo proseguisse, con una domanda o un ordine. Invece, si limitò semplicemente a guardarla.

      A Riley occorse un momento per comprendere a che cosa mirasse Meredith.

      Non aveva intenzione di porre la sua domanda ad alta voce. La donna apprezzò la sua discrezione. Un killer era ancora a piede libero, e si trattava di Shane Hatcher. Era evaso da Sing Sing, e il compito più recente assegnato a Riley era stato quello di riportarlo in prigione.

      Aveva fallito. A dire il vero, non ci aveva davvero provato, e ora altri agenti dell’FBI avevano il compito di catturare Hatcher. Finora non avevano avuto successo.

      Shane Hatcher era un criminale geniale, che era diventato un rispettato esperto di criminologia durante i suoi lunghi anni trascorsi in prigione.

      Perciò, Riley a volte gli aveva fatto visita lì, per ottenere dei consigli sui suoi casi. Lo conosceva abbastanza bene, tanto da essere certa che non fosse un pericolo per la società al momento.

      Hatcher aveva una sua morale, molto strana ma rigorosa. Aveva ucciso un uomo dopo la sua evasione, un suo vecchio nemico, anche lui un pericoloso criminale. Riley era sicura che non avrebbe ucciso ancora.

      Riley intuì che Meredith aveva bisogno di sapere se lei avesse sentito Hatcher. Era un caso di alto profilo, e sembrava che Hatcher stesse diventando rapidamente una sorta