da adolescente, immagino, pensò Riley.
Almeno, quel giorno il centro commerciale non era affollato.
April indicò un cartello fuori da un negozio, la cui insegna recitava: Towne Shoppe.
“Oh, guarda!” lei esclamò. “‘ARTICOLI DI MARCA CONVENIENTI’! Entriamo a dare un’occhiata!”
All’interno del negozio, April si fiondò su uno scaffale di jeans e giacche, scegliendo dei modelli da poter provare.
“Vorrei dei nuovi jeans anch’io” osservò Riley.
April roteò gli occhi.
“Oh, mamma, non dei jeans da mamma, per favore!”
“Ecco, non posso indossare quello che porti tu. Devo riuscire ad andare in giro senza dovermi preoccupare che i miei vestiti si strappino o volino via. Nessun difetto nel mio guardaroba, grazie.”
April scoppiò a ridere. “Vuoi dire, un paio di pantaloni! Allora ti auguro buona fortuna, sarà difficile riuscire a trovarne in un posto del genere.”
Riley si guardò intorno, esaminando i jeans disponibili. Erano tutti estremamente attillati, a vita bassa e strappati artificialmente.
Sospirò. Conosceva un paio di negozi nel centro commerciale, dove avrebbe potuto acquistare qualcosa che si avvicinasse di più al suo stile. Ma avrebbe dovuto sopportare le prese in giro di April.
“Cercherò qualcosa per me un’altra volta” Riley .
April afferrò diverse paia di jeans e si diresse al camerino di prova. Quando uscì, indossava il tipo di jeans che Riley detestava: attillati, strappati e con l’ombelico bene in vista.
Riley scosse la testa. “Dovresti provare anche tu i jeans da mamma” suggerì. “Ti accorgeresti che sono molto più comodi. Ma, alla fine, la comodità non ti interessa, vero?”
“No” April rispose, voltandosi e guardando come le stavano i jeans allo specchio. “Prendo questi. Adesso provo gli altri.”
April tornò al camerino svariate volte. Provò soltanto jeans del tipo che Riley odiava, ma la donna sapeva che era meglio non impedirle di comprarli. Sarebbe stata una battaglia inutile e avrebbe perso, in un modo o nell’altro.
Osservando April posare davanti allo specchio, Riley notò che la figlia era quasi alta quanto lei, e la maglietta che indossava mostrava una figura ben sviluppata. Con i capelli scuri e gli occhi nocciola, la rassomiglianza tra loro era impressionante. Naturalmente, i capelli di April non mostravano i fili grigi che apparivano tra quelli di Riley. Ma, nonostante tutto …
Sta diventando una donna, Riley pensò.
Non riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio all’idea.
April stava crescendo troppo in fretta?
Aveva senz’altro vissuto molte esperienze nell’arco dell’ultimo anno. Era stata rapita per ben due volte. In un’occasione, era stata tenuta prigioniera al buio da un sadico, che l’aveva torturata con una fiamma ossidrica. Aveva anche combattuto contro un killer nella loro stessa casa. Ma l’esperienza peggiore di tutte era stata un’altra: un fidanzato violento l’aveva drogata e aveva provato a venderla al mercato del sesso.
Riley sapeva che era un carico eccessivo da affrontare per una quindicenne. Si sentiva in colpa, perché era stato il suo stesso lavoro a mettere April e le altre persone che amava in un pericolo mortale.
E ora April era lì, apparentemente molto matura, nonostante gli sforzi per sembrare e comportarsi come una normale adolescente. Sembrava aver superato la fase peggiore della PTSD. Ma quale genere di ansie e timori ancora la tormentavano nel profondo? Se le sarebbe mai lasciate alle spalle?
Riley pagò i nuovi vestiti di April, e poi uscì su un balcone del centro commerciale. L’atteggiamento fiducioso che traspariva dalla camminata di April ridusse la preoccupazione di Riley. Le cose, dopotutto, stavano migliorando. Sapeva che in quel momento, Ryan stava portando alcune delle sue cose nella sua casa di città. E April e Jilly stavano andando bene a scuola.
Riley stava per proporre di trovare un posto in cui mangiare, quando il cellulare di April si mise a vibrare. La ragazza si allontanò bruscamente, per rispondere alla chiamata.
Riley ne rimase avvilita. A volte, quel cellulare sembrava un essere vivente, che richiedeva tutta l’attenzione di April.
“Ehi, che cosa c’è?” April chiese, rispondendo al telefono.
Improvvisamente, le sue ginocchia cedettero, e si sedette su una panchina. Il suo viso divenne pallido e la sua espressione felice mutò in una smorfia di dolore. Le lacrime cominciarono a rigarle il viso. Allarmata, Riley si precipitò dalla figlia, e si sedette accanto a lei.
“Oh mio Dio!” April esclamò. “Come è potuto … perché … non posso…”
Riley ora era davvero agitata.
Che cos’era successo?
Qualcuno era ferito o in pericolo?
Si trattava di Jilly, Ryan, Gabriela?
No, avrebbero senz’altro chiamato Riley per dare una notizia simile, non di certo April.
“Mi dispiace tanto” April continuava a ripetere. Poi, mise fine alla telefonata.
“Chi era?” Riley chiese ansiosamente.
“Era Tiffany” April disse con un tono scioccato ma calmo.
Riley riconobbe il nome. Tiffany Pennington era la migliore amica di April in quel periodo. Riley l’aveva incontrata un paio di volte.
“Che cosa succede?” Riley chiese.
April guardò sua madre, rivolgendole un’espressione addolorata e sconvolta.
“La sorella di Tiffany è morta” April disse.
Fu come se April non riuscisse a credere alle sue stesse parole.
Poi, con voce rotta, aggiunse: “Dicono si sia trattato di suicidio.”
CAPITOLO DUE
A cena, quella sera, April provò a dire alla sua famiglia quel poco che sapeva della morte di Lois. Ma le sue parole sembrarono strane ed aliene persino a lei stessa, come se fosse un’altra persona a parlare.
Non sembra vero, continuava a ripetersi.
April aveva incontrato Lois diverse volte, quando era andata a trovare Tiffany. Ricordava chiaramente l’ultima volta. Lois era stata sorridente e felice, pronta a raccontare molte delle avventure che viveva andando a scuola lontano da casa. Era davvero impossibile credere che fosse morta.
La morte non era un concetto astratto per April. Sapeva che sua madre l’aveva affrontata ed aveva finito con l’uccidere, mentre lavorava ai casi dell’FBI. Ma quelli erano stati degli uomini cattivi, e dovevano essere fermati. April stessa aveva persino aiutato sua madre a combattere ed uccidere un assassino sadico, dopo che l’uomo aveva tenuto la ragazza prigioniera. Sapeva anche che suo nonno era morto quattro mesi prima, ma non lo aveva visto per molto tempo, e non si erano mai avvicinati.
Ma questa morte era più reale ai suoi occhi, e non aveva alcun senso. In qualche modo, non sembrava nemmeno possibile.
Mentre l’adolescente parlava, vide che anche i suoi familiari erano confusi e depressi. La madre le si avvicinò e le prese la mano. Gabriela si fece il segno della croce, e mormorò una preghiera in spagnolo. La bocca di Jilly si spalancò con orrore.
April provò a ricordare tutto ciò che Tiffany le aveva detto, quando avevano parlato di nuovo quel pomeriggio. Aveva spiegato che, la mattina precedente, Tiffany ed i suoi genitori avevano trovato il corpo di Lois impiccato nel loro garage. La polizia pensava che si trattasse di suicidio. In effetti, tutti si comportavano come se fosse così. Come se tutto fosse scritto.
Tutti, tranne Tiffany, che