accadeva alcuni anni fa. Sono rimasto scioccato nello scoprire quello che è diventata. Non ne avevo idea.”
A quel punto si azzittì. Riley ebbe la sensazione che l’uomo avesse omesso di dire qualcosa, ma si disse che forse era tutto quello che sapeva. Dopotutto, che cosa avrebbe saputo dire lei della sua sorella maggiore, se qualcuno glielo avesse chiesto? Lei e Wendy avevano perso i contatti da lungo tempo, ed era come se non fossero affatto sorelle.
Nonostante questo, percepiva qualcosa più del dolore nell’atteggiamento di Holbrook e ne era colpita in modo strano.
Morley suggerì che Riley e Bill andassero con lui al reparto di Patologia Forense, dove avrebbero potuto dare un’occhiata al corpo. Holbrook annuì e disse che sarebbe stato nel suo ufficio.
Mentre seguivano l’Agente Responsabile lungo il corridoio, Bill chiese: “Agente Morley, per quale ragione pensiamo di avere a che fare con un serial killer?”
Morley scosse la testa. “Non sono certo che ci sia una ragione precisa” rispose. “Ma, quando Garrett ha scoperto la morte di Nancy, si è rifiutato di lasciar perdere. E’ uno dei nostri migliori agenti e ho provato ad andargli incontro. Ha tentato di indagare, ma non è arrivato da nessuna parte. La verità è che non è stato se stesso per tutto il tempo.”
Riley aveva notato che Garrett sembrava essere terribilmente turbato. Forse più di quanto un agente esperto avrebbe dovuto essere per la morte di un parente. Aveva detto chiaramente che non erano in rapporti stretti.
Morley condusse Riley e Bill nell’area di Patologia Forense, presentandoli al capo della squadra, la Dottoressa Rachel Fowler. La patologa aprì l’unità di refrigerazione, dov’era custodito il corpo di Nancy Holbrook.
Riley trasalì leggermente al familiare tanfo della decomposizione, sebbene l’odore non fosse ancora troppo forte. Vide che la donna era bassa di statura e molto magra.
“Non è stata a lungo in acqua” la Fowler disse. “La pelle stava appena cominciando a raggrinzirsi, quando è stata trovata.”
La Dottoressa Fowler ne indicò i polsi.
“Potete notare delle escoriazioni da corda. Sembra che fosse legata, quando è stata uccisa.”
Riley notò dei segni sull’interno del gomito del cadavere.
“Questi sembrano buchi da ago” disse Riley.
“Giusto. Faceva uso di eroina. Immagino che ne stesse diventando dipendente.”
A Riley sembrava che la donna fosse stata anoressica, il che poteva rafforzare la teoria della dipendenza formulata dalla Fowler.
“Quel tipo di dipendenza non è tipica di una escort d’alto bordo” Bill intervenne. “Come sappiamo che cosa facesse?”
Fowler gli porse un biglietto da visita laminato, conservato all’interno di un sacchetto di plastica per la raccolta delle prove. Vi era stampata una foto provocante della donna morta, il nome “Nanette” e le parole “Ishtar Escorts.”
“Questo biglietto era su di lei, quando è stata trovata” la dottoressa spiegò. “La polizia si è messa in contatto con la Ishtar Escorts e ha scoperto il suo vero nome, e questo ha condotto subito all’identificazione della sorellastra dell’Agente Holbrook.”
“Qualche idea di come sia morta di asfissia?” Riley chiese.
“Ci sono dei lividi intorno al suo collo” la Fowler spiegò. “L’assassino deve averle messo un sacco di plastica sulla testa.”
Riley osservò attentamente i segni. Era una sorta di gioco erotico finito male, o un omicidio volontario? Non era ancora in grado di dirlo.
“Che cosa indossava quando è stata ritrovata?” chiese la donna.
La Fowler aprì una scatola che conteneva i vestiti della vittima. Ne emerse un vestito rosa con una profonda scollatura—a malapena rispettabile, osservò Riley - ma sicuramente di un livello superiore al tipico abbigliamento squallido di una passeggiatrice. Era il vestito di una donna che voleva apparire molto sexy, abbigliata in modo appropriato per i nightclub.
Legato in cima al vestito c’era un sacchetto di plastica trasparente, contenente dei gioielli.
“Posso dare un’occhiata?” Riley chiese alla patologa.
“Faccia pure.”
Riley aprì il sacchetto e ne osservò il contenuto. Si trattava per la maggior parte di bigiotteria di gusto piuttosto raffinato: una collana di perle, bracciali e semplici orecchini. Ma un oggetto emergeva tra tutti gli altri. Era un sottile anello d’oro con un diamante. Lo prese e lo mostrò a Bill.
“Vero?” Bill chiese.
“Sì” la Fowler rispose. “Vero oro e un vero diamante.”
“L’assassino non si è disturbato a rubarlo” commentò Bill. “Allora non era questione di denaro.”
Riley si rivolse a Morley. “Vorrei vedere dov’è stato trovato il corpo” disse. “Ora, mentre c’è ancora la luce.”
Morley apparve un po’ perplesso.
“Possiamo portarla lì in elicottero” l’uomo rispose. “Ma non so che cosa si aspetta di trovare. Poliziotti ed agenti hanno perlustrato attentamente i luoghi.”
“Si fidi di lei” intervenne Bill, con convinzione. “Scoprirà qualcosa.”
Capitolo Otto
Mentre l’elicottero si avvicinava al punto di atterraggio, Riley osservava l’ampia superficie del Lago Nimbo, che sembrava calma e tranquilla.
Ma l’apparenza è ingannevole, ricordò a se stessa. Sapeva bene che le superfici calme possono celare oscuri segreti.
L’elicottero si avvicinò a terra, volteggiando con violenti scossoni alla ricerca di un posto in cui atterrare. Riley si sentiva nauseata. Non le piacevano molto gli elicotteri. Guardò Bill, che era seduto accanto a lei e immaginò che anche lui si sentisse nauseato.
Ma, volgendo lo sguardo verso l’Agente Holbrook, vide un volto spento. L’uomo aveva a malapena spiccicato una parola durante la mezz’ora di volo da Phoenix. Riley non aveva ancora deciso come comportarsi con lui. Di solito riusciva a decifrare le persone con facilità, a volte perfino troppo agevolmente. Ma Holbrook era ancora un mistero per lei.
Alla fine l’elicottero atterrò e tutti e tre gli agenti dell’FBI misero i piedi sulla terraferma, allontanandosi dal velivolo piegati in avanti, per sottrarsi all’aria resa turbolenta dalle eliche ancora in movimento.
La strada su cui l’elicottero era atterrato non era altro che una pista, due tracce parallele di pneumatici attraverso le erbacce del deserto.
Riley notò che la strada non appariva molto battuta. Tuttavia, sembrava che, nei giorni precedenti, fosse transitato da lì un numero di veicoli sufficiente a cancellare ogni traccia lasciata da quello guidato dall’assassino.
Il motore dell’elicottero infine si spense, rendendo più facile colloquiare.
Riley e Bill seguivano Holbrook a piedi.
“Ci dica quello che può su questo lago” chiese Riley ad Holbrook.
“Rientra in una serie di bacini idrici creati dalle dighe lungo il Fiume Acacia” disse Holbrook. “Questo è il più piccolo dei laghi artificiali. E’ pieno di pesci, ed è una meta popolare per le gite fuori porta, ma le aree pubbliche sono dall’altra parte. Il corpo è stato scoperto da una coppia di adolescenti strafatti d’erba. Vi mostro dove.”
Holbrook li guidò fuori dalla strada, verso un promontorio roccioso che si affacciava sul lago.
“I ragazzi erano proprio dove ci troviamo noi” cominciò, indicando poi in basso, verso la riva del lago. “Hanno guardato laggiù e l’hanno visto. Hanno detto