Морган Райс

Un Regno D’acciaio


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       CAPITOLO DUE

       CAPITOLO TRE

       CAPITOLO QUATTRO

       CAPITOLO CINQUE

       CAPITOLO SEI

       CAPITOLO SETTE

       CAPITOLO OTTO

       CAPITOLO NOVE

       CAPITOLO DIECI

       CAPITOLO UNDICI

       CAPITOLO DODICI

       CAPITOLO TREDICI

       CAPITOLO QUATTORDICI

       CAPITOLO QUINDICI

       CAPITOLO SEDICI

       CAPITOLO DICIASSETTE

       CAPITOLO DICIOTTO

       CAPITOLO DICIANNOVE

       CAPITOLO VENTI

       CAPITOLO VENTUNO

       CAPITOLO VENTIDUE

       CAPITOLO VENTITRÉ

       CAPITOLO VENTIQUATTRO

       CAPITOLO VENTICINQUE

       CAPITOLO VENTISEI

       CAPITOLO VENTISETTE

       CAPITOLO VENTOTTO

       CAPITOLO VENTINOVE

       CAPITOLO TRENTA

       CAPITOLO TRENTUNO

       CAPITOLO TRENTADUE

       CAPITOLO TRENTATRÉ

      “Esiste un luogo dove una volta si coltivava il cibo, ma ora è stato trasformato e assomiglia al fuoco. Qui un tempo i sassi erano zaffiri e la polvere era fatta d’oro.”

      “Il cavallo ride in faccia alla paura, non teme nulla; non si inibisce di fronte alla spada. Non sa rimanere fermo quando suona la tromba. Alla prima nota già sbuffa: ‘Evviva!’”

      -- Il Libro di Giobbe

      CAPITOLO UNO

      Reece stava lì, con il pugnale in mano ancora conficcato nel petto di Tiro, immobile in quel momento di shock. Tutto il mondo ruotava attorno a lui a rallentatore, tutta la sua vita gli vorticava confusa in mente. Aveva appena ucciso il suo peggior nemico, l’uomo responsabile della morte di Selese. Per quel gesto Reece provava un profondissimo senso di soddisfazione, di vendetta saziata. Finalmente era stato rettificato un grosso torto.

      Ma allo stesso tempo Reece si sentiva ora insensibile al mondo, aveva la strana sensazione di dover dare ora il benvenuto alla propria morte, preparandosi alla rovina personale che sarebbe presto conseguita. La stanza era piena degli uomini di Tiro, tutti lì, anche essi scioccati testimoni dell’accaduto. Reece era pronto a morire e non aveva rimpianti. Era felice che gli fosse stata concessa almeno la possibilità di uccidere quell’uomo, che addirittura aveva osato pensare che si sarebbe realmente scusato con lui.

      Reece sapeva che la morte era inevitabile: c’erano troppe persone contro di lui in quella stanza e gli unici dalla sua parte là dentro erano Mati e Srog. Srog, ferito, era legato con delle funi, tenuto prigioniero; Mati si trovava accanto a lui, sotto l’attenta sorveglianza dei soldati. Sarebbero stati di scarso aiuto contro quell’esercito degli abitanti delle Isole Superiori, così leali a Tiro.

      Ma prima di morire Reece voleva completare la sua vendetta e uccidere quanti più di quegli uomini avesse potuto.

      Tiro si accasciò ai suoi piedi, morto, e Reece non esitò un solo istante: estrasse il pugnale e subito si voltò tagliando la gola al generale di Tiro che si trovava vicino a lui. Con lo stesso movimento poi ruotò e colpì un altro generale al cuore.

      Mentre tutti nella stanza, scioccati, iniziavano a reagire, Reece si mosse rapidamente. Sguainò due spade da entrambi i foderi dei due uomini morenti e si lanciò contro il gruppo di soldati pronti ad affrontarlo. Ne uccise quattro prima ancora che avessero la possibilità di reagire.

      Centinaia di guerrieri alla fine scattarono in azione e gli piombarono addosso da ogni parte. Reece raccolse tutto ciò che aveva imparato nel suo allenamento nella Legione, pensando a tutte le volte che era stato costretto a combattere contro gruppi di uomini. Accerchiato, sollevò la spada con entrambe le mani. Non era appesantito da un’armatura come quegli uomini, né da una cintura carica di armi o da una scudo: era più leggero e più veloce di tutti loro, e oltretutto era furioso, accerchiato e spinto a combattere per salvarsi la vita.

      Reece combatteva valorosamente, rapidissimo, ricordando tutte quelle volte che si era confrontato con Thor, il più forte guerriero che avesse mai incontrato e capendo quanto le sue abilità si fossero affinate in quelle occasioni. Mandò al tappeto molti altri uomini facendo sbattere la sua spada contro innumerevoli altre, mentre le scintille volavano in ogni direzione. Continuò a tirare fendenti fino a che le braccia iniziarono a farsi pesanti, abbattendo una decina di uomini in un battito di ciglio.

      Ma arrivavano sempre più soldati: ce n’erano troppi. Per ogni sei che cadevano, ne apparivano il doppio e la folla si faceva più fitta mentre correvano contro di lui e gli si gettavano addosso da ogni parte. Reece aveva il fiatone e sentì una spada colpirlo a un braccio. Gridò e il sangue cominciò a sgorgare dal bicipite. Si voltò di colpo e pugnalò l’uomo alle costole, ma il danno ormai era stato fatto. Ora era ferito e sempre più uomini gli apparivano di fronte. Sapeva che era giunta la sua ora.

      Almeno, pensò soddisfatto, era riuscito a morire in un atto di valore.

      “REECE!”

      Un grido squarciò improvvisamente l’aria, una voce che Reece riconobbe all’istante.

      La voce di una donna.

      Il corpo di Reece si intorpidì quando si rese conto di chi fosse quella voce. Era la voce dell’unica donna al mondo che avrebbe