insistette Angelica. Capì non appena le parole le uscirono di bocca che era la cosa sbagliata da dire.
Un cenno della vedova e le mani della guardia stavano trascinando Angelica in piedi con malagrazia.
“Ho agito come era necessario per preservare la mia famiglia,” disse la vedova. “Ogni morte, ogni compromesso sono stati attuati in modo che i miei figli non venissero uccisi da qualcun altro desideroso di conquistare il potere. Qualcuno come te. Tu agisci solo per te stessa, e morirai per questo.”
“No,” disse Angelica, come se quella parola da sola avesse il potere di impedirlo. “Vi prego, posso aggiustare le cose.”
“Hai avuto le tue possibilità,” disse la vedova. “Se mio figlio non ti sposerà intenzionalmente, non lo costringerò a condividere il suo letto con un ragno come te.”
“L’Assemblea dei Nobili… la mia famiglia…”
“Oh, probabilmente non potrò veramente farti indossare la maschera di piombo per le tue azioni,” disse la vedova, “ma ci sono altri modi. Il tuo fidanzato ti ha appena abbandonata. La tua regina ti ha appena parlato in modo severo. Col senno di poi, dovresti aver visto quanto sei turbata, quanto fragile…”
“No,” disse di nuovo Angelica.
La vedova guardò alle sue spalle, verso la guardia. “Portala al tetto e spingila giù. Fai apparire la cosa come se si fosse buttata per il dolore di aver perso Sebastian. Accertati che nessuno ti veda.”
Angelica tentò di implorare, tentò di lottare per liberarsi, ma quelle mani forti la stavano già tirando indietro. Fece l’unica cosa che era in grado di fare, e gridò.
CAPITOLO CINQUE
Rupert fumava per la rabbia mentre camminava lungo le vie di Ashton, diretto verso il molo. Si sarebbe dovuto trovare a percorrere quelle strade a cavallo in mezzo alle grida di festa della popolazione che lo osannava per la sua vittoria. Ci sarebbe dovuto essere il popolo comune che gridava il suo nome e gli gettava fiori. Ci sarebbero dovute essere donne lungo la strada desiderose di gettarsi tra le sue braccia, e giovani uomini gelosi perché non avrebbero mai potuto essere come lui.
Invece c’erano solo strade umide e gente che andava in giro ad eseguire ogni sorta di noioso incarico come i paesani erano soliti fare quando non erano impegnati a festeggiare i propri superiori.
“Vostra altezza, va tutto bene?” chiese Sir Quentin Mires. Camminava in mezzo alla decina di soldati che erano stati scelti per accompagnarlo, probabilmente per essere certi che arrivasse alla nave e non se ne scappasse via. Probabilmente con l’ordine di scoprire dove si trovava Sebastian, prima che lui partisse. Non era neanche lontanamente vicino a questo. Non assomigliava neanche un po’ a una guardia d’onore, per niente.
“No, Sir Quentin,” disse Rupert. “Non va tutto bene.”
Avrebbe dovuto essere l’eroe in quel momento. Aveva fermato l’invasione da solo, quando suo fratello e sua madre erano stati troppo codardi per fare quello che era necessario. Era stato il principe che il regno aveva richiesto in quel momento, e cosa stava ottenendo in cambio?
“Come sono le cose nelle Colonie Vicine?” chiese.
“Dicono che le isole siano variegate, vostra altezza,” rispose Sir Quentin. “Alcune sono rocciose, altre sabbiose, altre ancora hanno delle paludi.”
“Paludi,” ripeté Rupert. “Mia madre mi manda ad aiutare nel governo delle paludi.”
“Dicono che ci sia una vasta varietà di natura selvaggia lì,” disse Sir Quentin. “Alcuni degli uomini di scienze del regno passano anni lì nella speranza di fare delle scoperte.”
“Quindi sono paludi pure infestate?” disse Rupert. “Sapete che non state migliorando le cose, Sir Quentin?” Decise allora di fare le domande più importanti, spuntando le cose con le dita mentre proseguivano. “Ci sono delle buone sale per il gioco d’azzardo? Famose cortigiane? Bevande tipiche del posto?”
“Dicono che il vino sia…”
“Al diavolo il vino!” rispose seccamente Rupert, incapace di trattenersi. A volte era più bravo a ricordarsi di comportarsi come il principe dorato che tutti si aspettavano. “Mi perdoni, Sir Quentin, ma la qualità del vino nel mezzo di terre selvagge non compensa il fatto che io sia in tutto e per tutto un esiliato, eccetto che per definizione.”
L’altro uomo chinò la testa. “No, vostra altezza, certo che no. Meritavate di meglio.”
Quella era una dichiarazione tanto ovvia quanto inutile. Certo che si meritava di meglio. Era il primogenito tra i principi e il legittimo erede al trono. Meritava tutto ciò che il suo regno avesse da offrire.
“Ho una mezza idea di dire a mia madre che non andrò,” disse Rupert. Si guardò attorno osservando Ashton. Non aveva mai pensato che avrebbe sentito la mancanza di una città puzzolente e squallida come questa.
“Potrebbe essere… poco saggio, vostra altezza,” disse Sir Quentin, con una particolare voce che probabilmente significava che stava tentando di evitare di dire che Rupert era un idiota. Probabilmente pensava che Rupert non se ne accorgesse. La gente tendeva a pensare che lui fosse stupido, fino a che poi era troppo tardi.
“Lo so, lo so,” disse Rupert. “Se resto, rischio l’esecuzione. Pensi che mia madre mi giustizierebbe davvero?”
La pausa fu troppo lunga mentre Sir Quentin cercava le parole da usare.
“Sì, lo pensi. Pensi davvero che mia madre giustizierebbe il suo stesso figlio.”
“Ha una certa reputazione per… essere spietata,” sottolineò il cortigiano. Onestamente, era di questo che gli uomini con collegamenti nell’Assemblea dei Nobili parlavano tutto il tempo? “E anche se non arrivasse sul serio alla vostra esecuzione, quelli attorno a voi potrebbero essere… vulnerabili.”
“Ah, allora è della vostra pellaccia che siete preoccupato,” disse Rupert. Questo aveva più senso. Trovava che il più delle volte la gente guardava ai propri interessi. Era una lezione che aveva appreso presto. “Avrei detto che i vostri contatti nell’Assemblea vi avrebbero tenuto al sicuro, soprattutto dopo una vittoria come questa.”
Sir Quentin scrollò le spalle. “Fra un mese o due, forse. Abbiamo il sostegno adesso. Ma per il momento stanno ancora parlando della prevaricazione del potere reale, di voi che avete agito senza il loro consenso. Nel tempo che servirà loro per cambiare idea, un uomo potrebbe perdere la testa.”
Poteva darsi che Sir Quentin perdesse la sua comunque, se avesse suggerito che Rupert potesse in qualche modo avere il permesso di fare ciò che voleva. Lui era l’uomo che sarebbe diventato re!
“E ovviamente, anche se non vi giustiziasse, vostra altezza, vostra madre potrebbe imprigionarvi, o spedirvi nel peggiore dei posti, con guardie ad assicurarsi che ci arriviate sano e salvo.”
Rupert indicò con il dito gli uomini che lo circondavano, marciando al passo con lui e Sir Quentin.
“Pensavo fosse ciò che si stava già verificando.”
Sir Quentin scosse la testa. “Questi uomini sono tra quelli che hanno combattuto al vostro fianco contro il Nuovo Esercito. Rispettano il coraggio della vostra decisione, e volevano assicurarsi che non ve ne andaste da solo, senza l’onore di una scorta.”
Quindi era dopotutto una guardia d’onore. Rupert non era certo di poterla considerare come tale. Lo stesso, ora che si curava di guardarsi attorno ed osservarli per bene, vide che la maggior parte degli uomini presenti erano ufficiali piuttosto che soldati comuni, e che per lo più sembravano felici di accompagnarlo. Era più vicino di quanto pensasse al genere di adulazione che Rupert desiderava, ma non era ancora sufficiente a compensare per la stupidità di ciò che sua madre gli aveva fatto.
Era un’umiliazione e, conoscendo sua madre, era ben calcolata.
Raggiunsero