Морган Райс

Un Trono per due Sorelle


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      “Non possiamo restare dove siamo,” disse.

      Sofia annuì.

      “Moriremo se restiamo qui nelle strade.”

      Era un pensiero duro, ma probabilmente anche vero. C’erano così tanti modi di morire nelle strade di questa città. Freddo e fame erano solo i primi nella lista. Con le bande di strada, i guardiani, le malattie e tutti gli altri rischi là fuori, anche l’orfanotrofio iniziava ad apparire più sicuro.

      Non che Kate volesse tornarci. Lo avrebbe raso al suolo prima di riattraversare quelle porte. Forse un giorno l’avrebbe comunque raso al suolo. Sorrise a quel pensiero.

      Sentendo la fame, Kate tirò fuori l’ultimo dei dolcetti e iniziò a mangiarselo. Poi si ricordò di sua sorella. Ne staccò metà e gliela porse.

      Sofia la guardò speranzosa, ma con un senso di colpa.

      “Va bene,” mentì Kate. “Ne ho un altro nel mio vestito.”

      Sofia lo prese con riluttanza. Kate sentì che sua sorella sapeva che stava mentendo, ma aveva troppa fame per negarlo. Ma il loro collegamento era così stretto che Kate poteva sentire la fame di sua sorella, e non avrebbe mai potuto permettersi di essere felice se sua sorella non lo era.

      Alla fine strisciarono fuori dal loro nascondiglio.

      “Allora, sorellona,” chiese Kate, “qualche idea?”

      Sofia sospirò tristemente e scosse la testa.

      “Beh, sto morendo di fame,” disse Kate. “Sarà meglio pensare a pancia piena.”

      Sofia annuì d’accordo con lei ed entrambe si diressero verso le strade principali.

      Presto trovarono un bersaglio – un altro fornaio – e rubarono la colazione nel modo in cui avevano preso il loro ultimo pasto. Mentre si nascondevano in un vicolo e mangiavano, era una tentazione pensare di poter vivere il resto delle loro vite a quel modo, usando il talento che condividevano per prendere quello di cui avevano bisogno quando nessuno stava prestando attenzione. Ma Kate sapeva che non poteva funzionare così. Niente di buono durava per sempre.

      Kate guardò verso il trambusto della città davanti a lei. Era travolgente. E le sue strade sembravano allungarsi per sempre.

      “Se non possiamo stare nelle strade,” disse, “cosa facciamo? Dove andiamo?”

      Sofia esitò un momento, come insicura quanto Kate.

      “Non lo so,” ammise.

      “Bene, cosa possiamo fare?” chiese Kate.

      Non sembrava una lista lunga come avrebbe dovuto essere. La verità era che gli orfani come loro non avevano tante opzioni nella vita. Erano preparati per vite dove erano vincolati come apprendisti o schiavi, soldati o peggio. Non c’era nessuna reale aspettativa di effettiva libertà, perché anche quelli che cercavano sinceramente un apprendista non avrebbero pagato che una miseria, non abbastanza da estinguere i loro debiti.

      E la verità era che Kate aveva poca pazienza per cucire e cucinare, per l’etichetta o la merceria.

      “Potremmo trovare un mercante e tentare di diventare suoi apprendisti,” suggerì Kate.

      Sofia scosse la testa.

      “Anche se ne trovassimo uno intenzionato ad assumerci, vorranno sentire le nostre famiglie prima. Se non troviamo un padre che garantisca per noi, capiranno cosa siamo.”

      Kate doveva ammettere che sua sorella aveva ragione.

      “Bene, allora potremmo firmare come manovali per le chiatte, e vedere il resto del paese.”

      Anche mentre lo diceva, sapeva che era probabilmente ridicola come la prima idea. Il capitano avrebbe comunque fatto delle domande, e probabilmente qualsiasi cacciatore di orfani fuggitivi avrebbe cercato nelle chiatte per trovare coloro che tentavano di scappare. Di certo non potevano fidarsi che qualcuno potesse aiutarli, non dopo quello che era successo nella biblioteca, con l’unico uomo in quella città che aveva considerato amico.

      Che sciocca infantile era stata.

      Anche Sofia parve cogliere l’enormità della situazione in cui si erano cacciate. Distolse lo sguardo con espressione pensierosa.

      “Se potessi fare qualsiasi cosa,” chiese Sofia, “se potessi andare in qualsiasi posto, dove andresti?”

      Kate non ci aveva pensato in quei termini.

      “Non lo so,” disse. “Voglio dire, non ho mai pensato a più che sopravvivere alla giornata.”

      Sofia fece silenzio a lungo. Kate poteva sentirla pensare.

      Alla fine Sofia parlò.

      “Se tentiamo di fare qualcosa di normale, ci saranno tanto ostacoli come se sparassimo contro le cose più grandi del mondo. Forse ancora peggio, perché la gente si aspetta che quelli come noi si accontentino di meno. Quindi cos’è che vuoi più di tutto?”

      Kate ci pensò.

      “Voglio trovare i nostri genitori,” disse Kate, rendendosene conto solo mentre lo diceva.

      Poté percepire il lampo di dolore scorrere in Sofia a quella parole.

      “I nostri genitori sono morti,” disse Sofia. Suonava così sicura che Kate voleva chiederle ancora cosa fosse successo anni fa. “Mi spiace, Kate. Non era quello che intendevo.”

      Kate sospirò amaramente.

      “Non voglio più che qualcuno controlli quello che faccio,” disse Kate scegliendo una cosa che voleva tanto quanto il ritorno dei suoi genitori. “Voglio essere libera, veramente libera.”

      “Lo voglio anche io,” disse Sofia. “Ma ci sono pochissime persone veramente libere in questa città. Quelli che davvero lo sono…”

      Guardò verso la città e, seguendo il suo sguardo, Kate poté vedere che stava guardando verso il palazzo, con il suo marmo scintillante e le decorazioni dorate.

      Kate poteva sentire quello che stava pensando.

      “Non penso che essere una servitrice al palazzo di renderebbe libera,” disse Kate.

      “Non stavo pensando di diventare una servitrice,” disse Sofia. “E se… potessimo entrare lì e semplicemente essere uno di loro? E se potessimo convincerli di quello che eravamo? E se potessimo sposare un qualche ricco uomo e avere dei collegamenti con la corte?”

      Kate non rise, ma solo perché capiva quanto seria fosse sua sorella riguardo a quell’idea. Se avesse potuto avere qualsiasi cosa al mondo, l’ultima cosa che Kate avrebbe desiderato sarebbe stato entrare al palazzo e diventare una gran dama, sposando un qualche uomo che le dicesse cosa fare.

      “Non voglio dipendere da nessun altro per la mia libertà,” disse Kate. “Il mondo ci ha insegnato una cosa, e solo una cosa: dobbiamo contare su noi stesse. Solo su noi stesse. In questo modo possiamo controllare tutto ciò che ci capita. E non dobbiamo fidarci di nessuno. Dobbiamo imparare a prenderci cura di noi stesse. A sostenerci. A vivere della terra. A imparare a cacciare. A coltivare. Qualsiasi cosa dove non sia necessario fare affidamento sugli altri. E dobbiamo raccogliere armi e diventare grandi combattenti così, se qualcuno venisse a prendere ciò che è nostro, potremmo ucciderli.”

      E improvvisamente Kate capì.

      “Dobbiamo lasciare questa città,” disse con urgenza alla sorella. “È piena di pericoli per noi. Dobbiamo andare oltre la città, in campagna, dove vivono poche persone e dove nessuno sarà capace di farci del male.”

      Più ne parlava e più si rendeva conto che era la cosa giusta da fare. Era il suo sogno. In quel momento Kate non voleva altro che correre verso i cancelli della città e scappare negli spazi aperti che si trovavano oltre.

      “E quando avremo imparato a combattere,” aggiunse, “quando saremo diventate più grandi e più forti e avremo le migliori spade