Sophie Love

Per Sempre e Oltre


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      “Vi ho portate qui per il Ringraziamento e il Natale,” cominciò Roy. “Le cose con tua madre non andavano bene, quindi lei è rimasta a casa. Ma poi avete preso tutte e due l’influenza.”

      “Credo di ricordarmelo,” disse Emily. Tornò a un ricordo d’infanzia in cui aveva avuto la febbre. “C’era il cane di Toni, Persefone. Sono crollata in corridoio.”

      Roy annuiva, ma sembrava imbarazzato. Emily il perché lo sapeva; era stato un momento cruciale nella sua relazione con Toni, il momento in cui aveva avuto tanta faccia tosta da far incrociare la vita della sua amante con quella delle figlie.

      “Ti ricordi che tua madre è venuta qui senza avvertire?” chiese Roy.

      Emily fece di no con la testa.

      “Voleva venire per seguirvi, dato che stavate molto male.”

      “Non è una cosa che la mamma farebbe,” disse Emily.

      Roy rise. “No, non lo è. Magari era una scusa. Sospettava che avessi una relazione e voleva presentarsi qui per cogliermi in fallo.”

      Emily annuì mogia. Questo era più lo stile di sua madre.

      “Devi aver rimosso il litigio, perché sono sicuro che abbiamo gridato tanto da farci sentire fin giù al porto.” Si strinse nelle spalle. “Non lo so se è stato questo a svegliare Charlotte. Prendeva delle medicine che la intontivano. Tutte e due le prendevate. Ma lei si è svegliata e immagino che si sia un po’ confusa mentre ci cercava, o solo che si sentisse male. È finita nella dépendance con la piscina. Immagino che il resto tu lo conosca.”

      Il resto lo conosceva. Ma quello che non aveva capito era che piccolissimo ruolo avesse avuto lei in ciò che era accaduto. Non era stata colpa sua se non si era svegliata quando l’aveva fatto Charlotte per impedirle di andarsene in giro. Non era stata colpa sua se aveva parlato con tanto entusiasmo della piscina nuova da far venire voglia alla sorellina di andare a vederla. Era malata, confusa, forse anche terrorizzata per via del litigio dei suoi genitori. Non aveva nessuna colpa. Neanche una.

      Emily provò un improvviso sollievo. Il peso che non si era neanche accorta di aver portato con sé le si sollevò dalle spalle. Era rimasta aggrappata al senso di colpa per la morte di Charlotte, anche dopo che sua madre le aveva chiarito che la colpa non era sua. Adesso le parve che suo padre le avesse dato il permesso di lasciar andare la colpa.

      Si accoccolò contro di lui, mentre una nuova sensazione di pace metteva radici dentro di lei.

      Proprio allora la calma venne interrotta da dei colpi alla porta. Daniel fece capolino nella stanza.

      “Daniel, vieni,” disse Emily facendogli cenno di entrare. Adesso che lei e suo padre avevano portato tutto alla luce lo voleva lì con sé. Aveva bisogno del suo sostegno.

      Lui entrò e si sedette sull’orlo del sofà di fronte a loro. Emily si asciugò le lacrime dalle ciglia, ma rimase aggrappata al padre, appallottolata accanto a lui come una bambina.

      “Avete bisogno di qualcosa?” chiese loro dolcemente. “Un fazzoletto? Qualcosa di forte da bere?”

      Era proprio ciò che serviva in quel momento per tagliare la pesantezza. Emily scoppiò a ridere con un singhiozzo. Sentiva la pancia di Roy rumoreggiare mentre rideva.

      “Un drink andrebbe bene,” disse.

      “Anche per me,” rispose Roy. “Il bar è pieno?”

      Daniel prese il comando. “Sì. Vieni. È fantastico. Preparo qualcosa da bere.”

      Emily esitava. “Papà, è una buona idea?” disse.

      “Perché no?” rispose Roy confuso.

      Emily abbassò la voce. “Per via del tuo problema con l’alcol.”

      Roy era sconvolto. “Quale problema con l’alcol?” Poi impallidì. “Patricia ti ha detto che ero un alcolista?”

      “Ma tu eri davvero un alcolista,” rispose Emily. “Me lo ricordo che bevevi. Continuamente.”

      “Bevevo pesantemente,” ammise Roy. “Lo facevamo tutti e due, io e tua madre. È uno dei motivi per cui il nostro rapporto era così esplosivo. Ma non ero un alcolista.”

      “E gli zabaioni che ti bevevi a colazione sotto Natale?” chiese ricordandosi quanto si fosse irritato suo padre quando lei gli aveva fatto cadere il bicchiere.

      “Ma era solo per Natale!” esclamò Roy.

      Un altro pezzo del passato di Emily si ridefiniva. Aveva creduto alla versione amara e distorta degli eventi di Patricia, aveva permesso che rimpiazzasse i ricordi che aveva lei di suo padre. Provò rabbia contro sua madre per aver trasformato Roy nel cattivo della loro esperienza più traumatica.

      Andarono al bar e si accomodarono al bancone. Daniel si mise al lavoro per preparare i cocktail.

      “Per la sera abbiamo un barista,” spiegò a Roy. “Alec. È fantastico. Meglio di me, comunque.”

      Versò per ognuno un margarita. Roy bevette un sorso.

      “È buonissimo,” disse. Poi, un po’ timidamente, aggiunse, “Devo dire che sei diventato un distinto giovane gentiluomo.”

      Emily sentì sollevarsi il cuore. Sorrise, finalmente espirò, con la sensazione che tutto fosse come doveva essere.

      “Per questo devo ringraziare te,” rispose Daniel, timidamente, senza guardarlo negli occhi. “Per avermi insegnato cose che mi interessavano. La pesca. La navigazione.”

      “Navighi ancora?” chiese Roy.

      “Ho una barca la porto. L’ho sistemata grazie a Emily. Usciamo in gita in famiglia. Anche Chantelle la adora. È bravissima a pescare.”

      “Anch’io esco ancora spesso in barca,” disse Roy. “Quando non sto lavorando a un orologio trascorro il tempo in barca. O in giardino.”

      “Ti ricordi il giorno in cui mi hai insegnato a fare l’orto?” chiese Daniel.

      “Certo,” rispose Roy. Sorrise al ricordo. “Non avevo mai visto un trasandato teppistello lavorare così duramente con un trapiantatoio in mano.”

      Daniel rise. “Ero assetato di conoscenza,” disse. “Di cogliere l’opportunità. Anche se da fuori sembrava che odiassi il mondo.”

      Emily trovò strano vederli ridere e scherzare. C’era tanto dolore in meno tra di loro. Era più spirito di squadra. Daniel era da sempre grato all’uomo che gli aveva dato un’opportunità quando ne aveva avuto bisogno, anche se quello stesso uomo era scomparso senza dire una parola neanche a lui. Forse era solo sorpresa di accorgersi di quanto un tempo fossero stati vicini sapendo anche che quell’estate che avevano trascorso insieme era stata l’estate che lei e suo padre avevano trascorso separatamente.

      In quel momento le vibrò il telefono e vide che era un messaggio da parte di Amy sulla visita che avevano programmato per quel pomeriggio. Lei e Jayne avevano della roba urgente di cui occuparsi e avrebbero fatto una sosta, quindi sarebbero arrivate più tardi del previsto. Emily si accorse, con fare colpevole, di essersi completamente dimenticata del loro arrivo. Era stata così presa dal padre che tutto il resto le era uscito di mente.

      Le rispose rapidamente e poi riportò l’attenzione su suo padre e su Daniel. Ridevano di nuovo con leggerezza.

      “Sono contentissimo che la barca abbia retto,” stava esclamando Daniel. “Chi avrebbe pensato che il tempo sarebbe cambiato così? Una tempesta nel bel mezzo dell’estate.”

      “È stato un pessimo tempismo,” rispose Roy. “Considerando che era il tuo primo giro in barca.”

      “Be’, avevo il maestro migliore, quindi non ero preoccupato.” Sorrise, con lo sguardo distante, perso nei ricordi. “Grazie per avermi insegnato tutto sulle barche, sull’acqua e sulla navigazione. Adesso non riesco a immaginarmi di vivere senza queste cose.”

      Emily