Dana Lyons

Segreti


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reti: Dreya Love. Libro III

SEGRETIDREYA LOVE BOOK 3DANA LYONS

      Copyright © 2018 by Dana Lyons

      Translated by Aurora Torchia

      Tutti i diritti riservati.

      Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, compresi i sistemi di archiviazione e recupero delle informazioni, senza il permesso scritto dell'autore, tranne per l'uso di brevi citazioni in una recensione del libro.

      Questa è un'opera di finzione. Tutti i personaggi, i nomi, gli eventi, le organizzazioni e i dialoghi in questo romanzo sono o il prodotto della vivida immaginazione dell'autore o sono usati in modo fittizio ai fini della storia.

      Cover Design di Tara di Fantasia Frog Designs

      

Creato con Vellum

      Per Ricky e la sua infinita pazienza.

      Una menzione speciale alla CSI Academy of Florida; grazie Kim e Deb.

       Non c'è ritorno per un bambino a cui è stato negato l'amore.

      Martin Nash aveva una volta sette anni e desiderava parole d'amore da sua madre. A trentacinque anni, sa che non le sentirà mai. Ma è disposto a uccidere per tutto il tempo necessario… fino a quando qualcuno non gli dirà quelle parole.

      La Nobility ha trasformato loro e le loro vite.

      La Nobility, una modifica genetica creata dal Dr. Anthony Lazar, utilizza il DNA animale latente per ingabbiare l'ego umano e elevare l'umanità a un codice morale superiore privo di invidia, avidità e gelosia. Essere Nobile significa possedere un carattere eccezionale di fronte alle avversità.

      Mentre Dreya, Rhys, Quinn e Simon scoprono la posizione pericolosa in cui si trovano essendo Nobili, cercano un modo per fare in modo che l'eccezionale si incastri nella loro vita quotidiana. Benché le vecchie abitudini rappresentano una sfida continua, non si può tornare indietro.

      Nel mezzo di questa incertezza, Dreya si mette in pericolo con un serial killer che ha un'ossessione per i bulbi oculari. Quello che non sa è che…

      Niente è sicuro e nessun luogo è privato.

      Non è un buon momento per avere segreti.

SEGRETILa fede è la certezza di cose sperate, la convinzione di cose non viste

      1

      Martin Nash fissò i rami degli alberi che si estendevano molto sopra la sua testa, sicuro che se fosse salito in cima, sua madre lo avrebbe visto e poi lo avrebbe amato. Lo sapeva perché l'aveva imparato a scuola. Bobby Joe glielo aveva detto – e lui era in seconda elementare, quindi ne sapeva.

      "I ragazzi si arrampicano sugli alberi e le loro mammine li amano" ricordò a se stesso. Ma arrivare in cima sarebbe stato difficile, perché aveva solo sette anni, gambe corte e braccia piccole. "Posso farcela!" dichiarò.

      Saltò verso il primo ramo e si aggrappò, afferrando il tronco d'albero con le gambe. Il ramo successivo era a portata di mano e lui si inerpicò più in alto, senza osare guardare in basso. Un altro ramo e un altro ancora, finché non salì su un ramo robusto vicino alla cima. Si sedette con cautela, aggrappandosi con le mani, le gambe a cavalcioni del ramo.

      Era l'inizio della primavera e le foglie non avevano ancora riempito l'albero. Con la sua maglietta rosso acceso, lei non poteva non notarlo. "Mammina. Mammina. Vieni a vedere, mammina. Vieni a trovarmi!" urlò.

      La porta sul retro rimase chiusa, ma lui rifiutò di arrendersi. Aveva faticato troppo duramente per arrampicarsi lì; non poteva arrendersi. Inoltre, Bobby Joe aveva detto che avrebbe funzionato. Gridò di nuovo: "Mammina!" E attese che la porta sul retro si aprisse.

      Lei non verrà.

      Le dita gli facevano male dove la corteccia del ramo gli affondava nella pelle. Abbassando lo sguardo, vide quanto era lontano da terra e le sue gambe iniziarono a tremare.

      La porta si spalancò, sbattendo sul retro della casa, facendo volare schegge di vernice screpolata e sbiadita che svolazzarono sul portico. Deglutì a fatica, avvertendo la rabbia di lei, ma l'eccitazione lo attraversava. Gridò. "Mammina, qui. Qui sopra!"

      Al suono della sua voce, lei alzò lo sguardo.

      Per il più breve dei momenti la vide sorridere, come nei suoi sogni. Quella madre immaginaria nei suoi sogni allungò le braccia verso di lui con parole d'amore sulle labbra.

      "Ti voglio bene, Martin. Scendi ora prima di farti male."

      Trattenne il respiro, avendo bisogno di quelle parole più che dell'aria.

      Ma a differenza della donna nei suoi sogni, il labbro di sua madre si arricciò per la disapprovazione. Il suo sogno svanì, la sua eccitazione evaporò e la paura la sostituì, perché era così lontano dal suolo. Perfino la pancia gli faceva male e pensò che avrebbe vomitato. Iniziò a tremare. "Mammina, aiuto. Aiutami a scendere, per favore, mammina."

      Lei non disse nulla, guardandolo con la mano che le schermava gli occhi. Lottò per mettersi in piedi. Da qui poteva vedere chiaramente i suoi occhi su di lui, ma sapeva che non lo aveva mai visto davvero, mai.

      È come essere invisibile.

      Ondeggiò, il piede scivolò, si inclinò all'indietro e cadde tra i rami. In quel crudo momento di caduta libera, le vide gettarsi i capelli biondi sopra la spalla. Tuttavia quando si schiantò a terra e gridò, lei si voltò e tornò dentro la casa.

      Il dolore gli riempì il corpo. Venne l'oscurità, cancellando la visione di sua madre che gli dava le spalle. In quell'istante, lei risucchiò tra i denti come aveva fatto quando era finita nella pupù dei cani una volta. Con tutta la certezza che la sua mente di sette anni poteva trovare, lo capì.

      La mamma non mi vede. Lei non mi ama.

      Oggi, Washington, DC

      Il primo giorno di lavoro dopo essere tornati dalla Draco Station, Rhys uscì di corsa dall'ufficio del Vicedirettore Jarvis, desideroso di sfuggire allo sguardo penetrante di quell'uomo, anche se Dreya era rimasta indietro.

      Simon e Quinn erano già nel loro ufficio, preparandosi per il loro prossimo caso, ma lui indugiò vicino alla porta di Jarvis. Il suo istinto era di rimanere e difendere Dreya, se ne avesse avuto bisogno. Ma quella era la Nobility, non la realtà. Strinse le mascelle e concentrò la sua attenzione su Quinn e Simon.

      La faccia di Simon era fredda e dura, mentre da Quinn emanava rabbia incandescente. Rhys mosse le spalle spinto da istinti da corvo, desiderando uscire e volare lontano da quel caos umano.

      Dreya prima, branco secondo, io terzo, lavoro quarto.

      La loro genetica da mutaforma portava costanti rinnovamenti a priorità e motivazioni. Ogni giorno era come indossare la pelle di una nuova persona. Sfuggire a quella turbolenza assumendo la sua forma di uccello forniva un sollievo che non poteva esprimere.

      Lazar è stato geniale nel progettarci in questo modo.

      L'interazione tra le controparti umane e animali era simbiotica: non poteva esistere l'uno senza l'altro. L'animale lo aveva reso sicuramente un essere umano migliore. Scosse di nuovo le spalle, desiderando volare. Ma la Nobility esigeva che prima si occupasse delle sue priorità. Diede un'occhiata attraverso il vetro nell'ufficio di Jarvis. Dreya si faceva valere, in piedi sull'attenti.

      Nel suo ufficio, Quinn e Simon avevano scatole di prove del nuovo caso impilate sulla loro scrivania; Simon si avviò alla lavagna del delitto. Rhys si unì a loro. Una rapida occhiata gli mostrò le foto di cinque vittime. Valutando le due scatole scarse di prove, le sue sopracciglia si sollevarono. "Dov'è il resto?"

      Simon