orribili che Lacy aveva appena fatto non includeva suo padre serial killer, perché Lacy non sapeva di lui, quasi nessuno ne era al corrente. Jessie preferiva così, per la propria sicurezza e per la loro. Lacy continuò.
“Se fosse toccato a me, sarei ancora sdraiata in posizione fetale. Il fatto che tu abbia quasi completato la fisioterapia e stia per entrare nel programma di formazione speciale dell’FBI mi fa pensare che tu sia una sorta di cyborg.”
Jessie doveva ammettere che quando le cose venivano presentate a quel modo, la sua funzionalità era decisamente impressionante. La mano andò involontariamente al punto nel lato sinistro dell’addome dove Kyle le aveva conficcato l’attizzatoio. I dottori le avevano detto che era stata fortunata che il colpo avesse mancato ogni organo interno.
Aveva una brutta cicatrice che andava ad aggiungersi agli altri inestetici segni che le erano rimasti dall’infanzia: il taglio in mezzo alle clavicole. Le era stato concesso il permesso di eliminare il bastone da passeggio una settimana fa e il suo fisioterapista aveva fissato solo un’altra seduta riabilitativa, che era oggi. Dopodiché avrebbe dovuto fare gli esercizi richiesti da sola. Per quanto riguardava invece la riabilitazione psicologica ed emotiva richieste dopo aver appreso che suo marito era un assassino sociopatico, era ancora lungi dall’arrivare al via libera.
“Immagino che le cose non vadano poi tanto male,” rispose alla fine con tono poco convincente mentre guardava l’amica che finiva di vestirsi.
Lacy si infilò le sue scarpe tacco dodici che la trasformavano da una donna alta a una vera e propria Amazzone. Con le sue gambe chilometriche e gli zigomi pronunciati, aveva più l’aspetto di una modella da passerella che di una stilista di moda. Aveva i capelli raccolti in un’alta coda dietro alla nuca che le lasciava scoperto il collo. Era meticolosamente agghindata con un completo di sua creazione. Poteva anche lavorare come acquirente per una boutique esclusiva al momento, ma programmava di aprire una propria azienda di moda prima dei trent’anni e di diventare la più rinomata stilista afro-americana lesbica del paese nel giro di breve tempo.
“Non ti capisco, Jessie,” le disse mettendosi addosso il cappotto. “Vieni accettata in un prestigioso programma dell’FBI a Quantico per la formazione di promettenti profiler criminali, e sembri essere indifferente all’idea. Pensavo che avresti fatto salti di gioia davanti alla possibilità di cambiare aria per un po’. E poi è solo per dieci settimane. Non è che devi per forza trasferirti lì.”
“Hai ragione,” le concesse Jessie mentre mandava giù la sua terza tazza di caffè. “È solo che ci sono così tante cose in ballo al momento, e non sono sicura che sia il momento giusto. Il divorzio da Kyle non è ancora definitivo. Devo ancora concludere la vendita della casa a Westport Beach. Non sono al cento per cento fisicamente. E mi sveglio gridando il più delle notti. Non so se sono pronta per il rigore del programma di formazione dell’analisi comportamentale dell’FBI in questo momento.”
“Beh, farai meglio a decidere in fretta,” disse Lacy portandosi alla porta. Non devi rispondergli per la fine della settimana?”
“Sì.”
“Beh, fammi sapere cosa decidi. E puoi aprire la finestra della tua camera quando esci? Senza offesa, ma sa un po’ da palestra là dentro.”
Prima che Jessie potesse rispondere, era già uscita. Ad ogni modo non era certa di cosa avrebbe potuto risponderle: Lacy era una grande amica sulla quale si poteva sempre fare affidamento, ad essere onesti, ma il tatto non era il suo forte.
Jessie si alzò e andò in camera sua a cambiarsi. Colse uno scorcio di se stessa nel grande specchio che si trovava dietro alla porta, e non si riconobbe subito. In superficie era sempre la stessa, con i capelli castani che le arrivavano alle spalle, gli occhi verdi, la sua struttura slanciata che superava il metro e settanta.
Ma gli occhi erano contornati di rosso per la stanchezza, e i capelli apparivano crespi e unti, tanto che decise di farsi una coda e mettere un berretto in testa. E poi si sentiva costantemente ingobbita, come risultato dell’onnipresente preoccupazione che potesse arrivarle qualche fitta di dolore dall’addome.
Tornerò mai ad essere quella che ero? Esiste ancora quella donna?
Cacciò via il pensiero, costringendo l’autocommiserazione a fare un passo indietro, almeno per un po’. Era troppo occupata per darle soddisfazione adesso.
Era ora di prepararsi alla sua seduta di fisioterapia, l’incontro con l’agenzia per l’appartamento, l’appuntamento con la psichiatra e poi con la sua ginecologa. Sarebbe stata un’intera giornata in cui fingere di essere un essere umano completamente funzionale.
*
Il mediatore immobiliare, una sorta di minuta sacerdotessa islamica in pantaloni che si chiamava Bridget, le stava mostrando il Terzo appartamento della mattina quando Jessie iniziò a sentire l’urgenza di lanciarsi dal balcone.
Tutto era andato bene all’inizio. Si sentiva un po’ esaltata dalla sua seduta di fisioterapia, che si era conclusa con l’affermazione che ‘era ragionevolmente equipaggiata per le necessità della vita quotidiana’. Bridget aveva gestito le cose in maniera dinamica mentre guardavano i primi due appartamenti, concentrandosi sui dettagli del condominio, sul prezzo e altre caratteristiche. Fu soltanto quando arrivarono alla terza opzione, l’unica che a Jessie un po’ interessasse tra quelle visionate fino a quel momento, che iniziarono le domande personali.
“È certa di essere interessata solo ad appartamenti con una camera?” chiese Bridget. “Vedo che questo le piace. Ma c’è un due camere al piano di sopra, praticamente con la stessa disposizione delle stanze. Viene solo trentamila dollari di più e avrebbe un valore di rivendita molto maggiore. E poi non si sa mai quale potrebbe essere la sua situazione da adesso a un paio di anni.”
“Questo è vero,” confermò Jessie, notando mentalmente che solo due mesi prima era sposata, incinta e residente in una villa nella Contea di Orange. Ora era separata da un assassino confesso, aveva perso il suo bambino non ancora nato e stava condividendo un appartamento con una vecchia amica di studi. “Ma una camera mi va bene.”
“Certamente,” disse Bridget con un tono che suggeriva che non avrebbe lasciato perdere. “Le spiace se le chiedo quali sono le sue attuali condizioni? Potrebbe aiutarmi a mirare in modo più preciso alle sue preferenze. Non posso fare a meno di notare che la pelle sull’anulare è bianca, indicando la presenza forse di una fede nuziale fino a poco tempo fa. Potrei gestire la scelta di una residenza capendo se desidera andare avanti in modo aggressivo o…. più pacato.”
“Siamo nella zona giusta,” disse Jessie, la voce involontariamente più tesa. “Voglio vedere solo appartamenti da una camera da queste parti. È l’unica informazione che le serve per ora, Bridget.”
“Certamente, mi scusi,” rispose la donna con tono remissivo.
“Dovrei usare il bagno un momento,” disse Jessie, la tensione alla gola che ora si stava propagando al petto. Non era certa di cosa le stesse accadendo. “Posso?”
“Nessun problema,” disse Bridget. “Ricorda dove si trova, in fondo al corridoio?”
Jessie annuì e si diresse rapidamente nella direzione indicata, cercando ad ogni modo di non mettersi a correre. Quando fu arrivata e si fu chiusa la porta alle spalle, ebbe quasi il timore di poter svenire. Sembrava quasi un attacco di panico.
Cosa diavolo mi sta succedendo?
Si bagnò il viso con acqua fresca, poi appoggiò le mani sul bordo del lavandino, ordinando a se stessa di fare respiri lenti e profondi.
Nella mente le scorrevano immagini che non avevano alcuna attinenza o logica tra loro: lei accoccolata sul divano con Kyle, tremante in un capanno isolato tra le montagne dell’Ozark, l’ecografia del bambino mai nato, e che mai sarebbe venuto al mondo, una fiaba della buonanotte su una sedia a dondolo con il suo padre adottivo, suo marito che gettava un corpo morto dallo yacht nel mare al largo dalla costa, il suono della voce di suo padre che le sussurrava “farfallina” in un orecchio.
Perché la domanda