a un teschio con gli occhi. Gli occhi però erano di un blu molto intenso, una cosa mai vista. Accanto a lui sedeva una ragazza alta con il trucco scuro, le braccia incrociate in un modo che la faceva apparire davvero perfida. Accanto a lei c’era un ragazzo grassoccio con capelli scuri e occhi completamente neri che stavano fissi sul piano del tavolo. Era come se avesse appena vissuto un qualche terribile trauma.
Madeleine, la ragazza dai capelli rossi, si accomodò nell’unico posto libero accanto al ragazzo dall’aspetto equivoco, lasciando Edmund lì in piedi da solo.
“Questo è Edmund,” annunciò Madama Ossidiana, sorridendo in quel suo modo freddo. “Il mio informatore interno. La mia straordinaria spia.”
Edmund sentì lo stomaco che gli si aggrovigliava. Come osava fingere che lui fosse stato d’accordo con il suo piano. Come se non lo avesse ingannato inducendolo a lavorare per lei.
“Pensavo che sarebbe carino se tu spiegassi a tutti quello che è successo alla Scuola degli Indovini,” continuò la preside. “Dato che il tuo ruolo è stato così determinante per la missione.”
Edmund strinse i denti. Rabbrividì ricordando il modo in cui la scuola si era messa a tremare. A come le sue pareti avevano cominciato a crollare. A come i rami del kapoc si erano spezzati, facendo crollare le passerelle a terra. A come i suoi insegnanti e compagni di classe – e suoi amici – avevano dovuto fuggire attraverso il trasportatore di emergenza.
“È stata evacuata,” mormorò, tenendo la testa bassa per la vergogna.
“E perché è stata evacuata?” insistette Madama Ossidiana.
Chiaramente si stava divertendo. Edmund provò una fitta di odio nei suoi confronti, più forte dell’odio che aveva mai provato per il suo vecchio rivale d’amore, Oliver.
“Perché stava crollando,” annunciò, tutta l’amarezza provata che traspariva nel tono di voce.
Tutt’attorno alla stanza gli studenti ossidiani applaudirono. Sembravano emozionati mentre si scambiavano esclamazioni sussurrando l’uno con l’altro. L’intera faccenda lo faceva stare male e lo lasciava pieno di vergogna.
Madama Ossidiana, d’altro canto, sembrava completamente deliziata. “La Scuola degli Indovini di Ametisto sta affrontando la rovina,” annunciò con gioia. “Quindi adesso è il momento perfetto per mandare una squadra d’assalto.”
Edmund sussultò. “No. per favore, lasciatela stare! Cos’altro c’è da prendere dalla scuola? Non avete già ottenuto tutto quello che volevate?”
Madama Ossidiana fece un ghigno. “Edmund, Edmund, Edmund. Caro, stupido ragazzo. La Scuola degli Indovini contiene alcuni degli artefatti più importanti conosciuti da quelli come noi. Il professor Ametisto ha tenuto rinchiusi e protetti così tanti documenti e testi, così tanti archivi. Detiene tanta di quella conoscenza. Si reputa un guardiano, capisci. Crede che solo lui e un piccolo numero di indovini sparpagliati per la storia possano essere considerati affidabili nella conservazione dei segreti degli indovini. Ma io credo nella condivisione delle informazioni. Desidero liberare la conoscenza che lui ha preservato per se stesso per tutti questi secoli.”
Attorno al tavolo Edmund vide tutti gli studenti indovini che annuivano concordi. Quindi quella era la bugia che Madama Ossidiana aveva propinato loro, pensò. Laddove aveva usato l’amore che lui provava per Esther per convincerlo a seguire i suoi ordini, stava nel contempo intessendo un falso racconto anche per i suoi studenti. Tutti pensavano al professor Ametisto come a un uomo terribile che teneva per sé tutti i segreti degli indovini. Ma Edmund sapeva la verità. Sapeva che il professor Ametisto era il miglior indovino dell’universo. Che aveva accettato un grosso fardello sulle proprie spalle. Che il suo cuore era puro e che tutto ciò che voleva era insegnare ai suoi studenti le cose giuste, in modo che insieme potessero tenere l’universo al sicuro.
Edmund capì di aver tradito il miglior mentore che mai avesse avuto il privilegio di avere. Che la scuola che amava era spacciata. E che lui aveva la colpa di tutto. Si sentiva annientato. Senza speranze. Desolato.
Negli occhi di Madama Ossidiana lampeggiò una luce malefica. La donna batté le mani sonoramente. Improvvisamente apparve un vorticante portale dall’altra parte della stanza.
Il vento soffiò nella stanza. Edmund sussultò, sentendo l’aria che gli sferzava gli abiti e i capelli.
Madama Ossidiana si alzò lentamente dal suo trono e sorrise, le luci del portale che si riflettevano nei suoi occhi.
“Madeleine. Natasha. Malcom,” disse. La maligna ragazza con i capelli neri e il giovane con il viso da teschio scattarono in piedi al suo comando, come anche Madeleine. Madama Ossidiana guardò il ragazzo paffuto. “E Christopher.”
Anche lui si alzò in piedi. C’era qualcosa che non andava in lui, pensò Edmund. Qualcosa che non era del tutto umano. Sembrava perseguitato, come se avesse subito un terribile trauma. E sembrava cattivo, come se fosse alla ricerca di vendetta.
“Voi siete la mia squadra,” annunciò Madama Ossidiana. “I miei migliori e più brillanti studenti.”
Edmund guardò, lo stomaco strizzato dalla vergogna, mentre i quattro studenti ossidiani si dirigevano verso il portale per mettere fine una volta per tutte alla distruzione della Scuola degli Indovini, un processo che lui stesso aveva messo in moto nell’istante in cui aveva assecondato i desideri di Madama Ossidiana.
“È giunta l’ora,” gridò la donna con voce ruggente, agitando il pugno verso il cielo. “È ora di rivelare i segreti degli indovini una volta per tutte!”
I quattro ragazzi scomparvero attraverso il portale ed Edmund sentì le proprie spalle afflosciarsi. La Scuola degli Indovini era spacciata.
CAPITOLO SETTE
Oliver, Ralph, e Hazel corsero dietro al ragazzo, seguendolo tra le vie di Firenze. Oliver stentava a credere che fossero arrivati ai tempi di Galileo. Aveva incontrato talmente tanti dei suoi eroi viaggiando nel tempo, e non ci stava più dietro con la testa. Se qualcuno gli avesse detto, mentre leggeva un tempo il suo libro degli inventori, che un giorno avrebbe incontrato alcune delle persone di cui si parlava al suo interno, non ci avrebbe mai creduto!
Davanti a loro apparve una fila di edifici terrazzati di colore beige. Erano alti dai quattro ai sei piani, e ciascun livello era dotato di una serie di piccole finestre quadrate e ordinate. Il ragazzo che stavano seguendo entrò di corsa da un portone in legno intagliato che dava accesso a uno degli edifici di quattro piani. Quando furono più vicini, Oliver vide che accanto al grosso portone c’era una placca di pietra intagliata che riportava le parole Accademia delle Arti e del Disegno.
“È molto più piccola di quanto mi aspettassi,” commentò Ralph.
Hazel accarezzò con le dita le lettere incavate, come a volere assorbire parte della loro storia. “Sapete che anche il nostro amico Michelangelo ha studiato qui?” commentò.
“Amico?” scherzò Ralph. “Non penso che incontrare una persona una volta la renda automaticamente un amico.”
“Ci ha aiutato a salvare la vita di Esther,” rispose Hazel corrugando la fronte. “Di certo questo non lo fa diventare un nostro avversario!”
“Ragazzi,” li interruppe Oliver. “Adesso non è il momento di mettersi a bisticciare. Su, entriamo.”
Spinse il grosso portone di legno che si aprì cigolando. Oliver si sentiva come se si stesse introducendo in qualche posto segreto. Era una sensazione che spesso provava quando gironzolava per il passato. Era difficile accettare sul serio che, in quanto indovino in missione, l’universo gli concedesse di trovarsi in un certo posto e tempo. Si aspettava sempre che qualche insegnante severo saltasse fuori e gli dicesse di andarsene.
L’Accademia delle Arti del Disegno era piuttosto fresca all’interno, grazie in parte al pavimento in marmo e alle piccole finestre che lasciavano entrare ben poco del calore del sole. Il contesto scuro era accentato anche dai pannelli