Silvia Martinengo

Il Tempo È Mio Amico


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       Segreto numero 3: conoscere noi stessi profondamente

      Se vogliamo essere giovani esternamente dobbiamo prima lavorare internamente. Dato che siamo esseri eterni che vivono un’esperienza terrena, internamente siamo già giovani, perché siamo senza né inizio né fine.

      Ciò significa che per avere benefici personali è fondamentale conoscersi bene. Sapere chi siamo fa di noi i nostri migliori amici. Sì, perché vuol dire conoscere le nostre paure per poterle se non superare almeno affrontare. Affrontando le nostre paure, ci alleggeriamo di un pesante fardello energetico ed il nostro corpo lo avverte restituendoci energia.

      Più è alta la nostra energia meglio stiamo. Più è bassa peggio è. Lavorare su se stessi è un impegno a tempo pieno ma ripaga con gli interessi.

      Pensate a quella volta in cui vi siete liberati della vostra paura più grande, o anche solo ci siete andati vicino. Perché a volte anche un passo nella direzione dei nostri obiettivi è sufficiente.

      Se non riusciamo a superare il problema ora, sicuramente lo faremo in futuro. Conoscersi significa amarsi, contare su di sé. Se non possiamo contare su noi stessi allora non possiamo contare su nessuno.

      Accettando se stessi qui e ora, si fa pace con la situazione che ci riguarda e si smette di remare contro. Da qui inizia la guarigione, di qualunque tipo.

      Io ho sempre potuto contare su di me. Ne ho passate tante, come tutti, ma so di essere forte quando è necessario. Se siamo forti dentro, se abbiamo costruito qualcosa con noi stessi, allora ciò si vedrà anche all’esterno.

      Pensate a come appare una persona sicura di sé: spalle dritte, fronte alta. Al contrario una persona insicura è spaventata, testa bassa, occhi sfuggenti. Beh se esternamente appare così internamente è sicuramente peggio.

      Alcune persone non conoscono se stesse. Seguono gli altri e ciò che piace ai più. Con questo tipo di persone non sono mai riuscita a legare perché non sono autentiche. Quando ci conosciamo bene sappiamo quali sono i nostri gusti, le nostre passioni e i nostri punti di forza, quindi a volte possiamo osare. Quanto mi piace questa parola: OSARE. Suona molto bene. Osare essere se stessi. Bellissimo. Se non osiamo essere noi stessi, chi altro lo potrà mai fare? Osare essere più giovani, osare essere più belli, osare essere più in forma… Potrei continuare all’infinito, ma sono certa che avete capito la forza ed il potere della parolina magica “osare”.

      Quando conosciamo noi stessi osiamo esserlo. Essendo noi stessi, diamo e siamo al cento per cento. A questo punto i risultati arrivano, devono arrivare. Osare significa che ora sappiamo che possiamo farlo e possiamo farlo perché ci conosciamo così bene, così a fondo da sapere di poterlo fare e di farlo alla grande. Di qualunque cosa si tratti.

      Trovare il coraggio ed andare fino in fondo. Attenzione però, guardate che non è facile, perché bisogna essere sempre sinceri con se stessi. Se barate da soli, la cosa non funzionerà mai perché le fondamenta non ci sono più, vengono a mancare.

      Quando sono andata sul set di “Don Matteo”, per esempio, ho osato. Alla grande!

      Anni fa, mi ero appena iscritta al fans club di Terence Hill, quando mi arrivò una email che diceva che chi voleva, poteva andare a Gubbio sul set e partecipare alle riprese come comparsa.

      Non ci sarebbe stato compenso per il lavoro ma alla produzione conveniva perché dovevano riempire un teatro e quindi avevano bisogno di volontari. Per me era un’esperienza lavorativa da aggiungere al mio curriculum. Inoltre avrei potuto conoscere Terence Hill di persona, nulla mi avrebbe fermato. Confermai quindi la mia presenza e partii per l’Umbria. Tralasciando l’avventura del viaggio, nel quale arrivai in stazione e vidi il treno partire. Credetti di averlo perso, anche se per una frazione di secondo, invece, con mio grandissimo stupore, si fermò immediatamente per farmi salire… Per poi rompersi del tutto a Fabriano e lasciarci tutti lì.

      Comunque alla fine con enorme ritardo ci caricarono su di un altro treno e, grazie a una gentilissima ragazza e a suo padre, che mi diedero un passaggio (a quell’ora non c’erano più mezzi) potei raggiungere Gubbio.

      Credevo che il giorno delle riprese avremmo lavorato tutto il giorno, invece, a mezzogiorno, ci ringraziarono dicendo che era tutto. Sì, tutto finito.

      “Eh no pensai io”, non può essere tutto qui, dopo quel viaggio disastrato ed aver visto Terence col binocolo!

      Sì perché io mi ero trovata un posto proprio davanti a lui nel palco di fronte.

      Un posticino perfetto.

      Un ragazzo della produzione però venne a rompermi le uova nel paniere e, davanti a tutti mi fece la solita fatidica domanda: “ma tu sei maggiorenne?”

      Dio mio avevo trent’anni! (ovviamente solo trent’anni, come vi ho insegnato). Dissi di sì comunque mi fece spostare in platea, per lasciare il posto alle comparse pagate. Fantastico!

      Perciò, quando a mezzogiorno ci misero alla porta io… Osai restare. Pensai: ”e che cavolo, ma perché me ne devo andare? Io resto”.

      Stavolta nessuno mi avrebbe spostato dal mio posticino. Ho lavorato mesi sul set di una fiction e sono stata ospite svariate volte a New York sul set di Sentieri (Guiding light). So come muovermi e cosa fare. Quindi osai e potei assistere con gli altri al resto delle riprese, ovviamente senza disturbare nessuno.

      Ciò mi portò ad aiutare un’amica di Terence che non parlava italiano e pochissimo inglese che mi chiese di spiegare alla produzione che era una sua amica e che lui la stava aspettando. La aiutai con piacere ma ignoravo che solo poche ore dopo lo avrei raccontato a Terence in persona.

      Ci fu anche un momento in cui mi si avvicinò una ragazza chiedendomi se fossi una comparsa pagata ma mentre stavo per risponderle qualcuno la chiamò e non potei dire nulla.

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