Dawn Brower

Ammaliando Il Suo Furfante


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      Ammaliando il Suo Furfante

AMMALIANDO IL SUO FURFANTEUN ROMANZO DI LEGATI ATTRAVERSO IL TEMPODAWN BROWERMONARCHAL GLENN PRESS

      Questo è un lavoro di finzione. Nomi, personaggi, luoghi e eventi sono prodotti dall'immaginazione dell'autore o sono usati fittiziamente e non devono essere interpretati come reali. Qualsiasi somiglianza con luoghi, organizzazioni o persone reali, vive o morte, è del tutto casuale.

      Charming Her Rogue 2018 Copyright © Dawn Brower

      Cover Artist e Edits Victoria Miller

      Tradotto da Aurora Torchia

      Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta elettronicamente o stampata senza autorizzazione scritta, tranne nel caso di brevi citazioni contenute nelle recensioni.

      RINGRAZIAMENTI

      Grazie a quelli che mi hanno aiutato a rifinire questo libro. Elizabeth sei la mia numero uno. Sei la migliore. Grazie ancora una volta al mio fantastico editor, Victoria Miller. Mi rendi una scrittrice migliore e senza di te non sarei dove sono oggi.

      Nella vita ci troviamo di fronte a molte scelte. Questo libro parla di lealtà, dovere e amore. Ognuno di questi gioca un ruolo nelle decisioni prese dai personaggi – decisioni che non sono mai facili, ma questo è il fulcro della vita. Non siamo mai certi di quale svolta dovremmo prendere o se è quella giusta. Di frequente non lo scopriamo finché non è troppo tardi per modificare il nostro corso. Questo libro è per tutti coloro che sono incerti sul loro futuro, ma vanno avanti nonostante le avversità. Continuate a combattere, a vivere e ad amare. Questa è l'unica cosa che potete fare. Semplicemente siate voi stessi.

      CAPITOLO UNO

      18 Giugno, 1914

      Lady Catherine Langdon faceva roteare lo champagne nel suo bicchiere, fissando le bolle mentre scoppiavano contro il lato del cristallo. La musica echeggiava per tutta la stanza mentre un violinista suonava le Quattro Stagioni di Vivaldi. Catherine avrebbe preferito qualcosa di un po' più rilassante per alleviare il suo attuale disagio, ma non aveva molta possibilità di scelta in nulla della sua vita. Si considerava una donna moderna, eppure doveva continuare a seguire i dettami della società.

      A ventun'anni, le sarebbe piaciuto essersi trovata una propria residenza e usare la sua eredità come meglio credeva. Non sarebbe stato questo il suo destino, però. Suo padre si era assicurato che lei avesse un tutore per tutti i suoi beni, e lei non avrebbe avuto il controllo dei suoi fondi per altri quattro anni. Se si fosse sposata, sarebbero andati a suo marito. Catherine non aveva alcuna intenzione di permettere che qualcosa di così arcaico le accadesse. Nessun uomo avrebbe mai avuto potere su di lei.

      "Trovate anche voi queste cene deprimenti?" chiese un uomo dietro di lei.

      Era così presa dai suoi pensieri che non aveva notato la sua presenza finché non aveva parlato. Catherine si voltò a guardarlo. Era alto e imponente. Alcune donne avrebbero potuto essere intimidite da ciò, ma non Catherine. Aveva capelli biondi dorati con riflessi su tutta la loro lunghezza che suggerivano trascorresse del tempo all'aperto in pieno sole. Un ciuffo pendeva dalla fronte in un ricciolo seducente. I suoi occhi erano come smeraldi scintillanti che la ipnotizzarono per qualche breve istante fino a quando non riacquistò la sua compostezza.

      "Possono essere piuttosto noiose" confermò. "Ma sembrano essere una necessità per l'ambasciatore." Sir Benjamin Villiers, il suo tutore, lavorava come segretario dell'ambasciatore. Catherine viveva in Francia con lui dalla morte di suo padre oltre un anno prima. Alcune donne sarebbero state entusiaste di vivere a Parigi e avere accesso alle ultime mode, ma non lei – lei mai. I capelli scuri di Catherine provenivano da suo padre, l'ex Duca di Thornly, ma gli occhi color blu zaffiro erano di sua madre. Il titolo del padre era passato a un cugino che conosceva a malapena. Sua madre era morta di parto, dopo una delle tante volte in cui aveva cercato di dare al duca un erede di cui aveva disperatamente bisogno – o più precisamente – desiderava. Sfortunatamente, né sua madre né il bambino erano sopravvissuti. Era completamente sola al mondo, e qualche volta era più di quanto potesse sopportare.

      Voleva molto di più che bei vestiti e ninnoli splendenti. Certo, erano carini e apprezzava di non doversi preoccupare dei soldi. Alcune cose erano molto più importanti però. Stava segretamente studiando per diventare infermiera. Sir Benjamin sarebbe stato inorridito se lo avesse scoperto. Pregava affinché continuasse a rimanere all'oscuro del suo passatempo. Con l'attuale clima nel mondo politico, temeva che tali abilità avrebbero potuto rivelarsi necessarie, anche se pregava che il suo istinto si rivelasse sbagliato.

      Ai membri della sua famiglia erano stati conferiti certi doni che risalivano a secoli prima. Alcuni dei suoi antenati erano stati perseguitati come streghe. Sua madre era una diretta discendente di quella schiatta, e ora lo era lei. Il nome di Catherine proveniva da una variante di quello di una di quelle streghe di tanto tempo prima: Caitrìona. Anche Catherine aveva lo stesso dono della donna che era stata condannata come malvagia e serva del diavolo. Quelli che non comprendevano le loro abilità sceglievano di credere che le persone che le possedevano fossero immorali, ma la sua famiglia considerava le loro capacità una benedizione da parte di qualche entità benevola.

      La particolarità dei doni era questa: a volte comparivano in triplette. Era stata in qualche modo benedetta con tutte le abilità, ma una era più forte di tutte le altre. Le sue premonizioni non arrivavano in lampi, ma più come sensazioni enfatizzate dalle emozioni delle persone intorno a lei. La sua abilità più forte e più affidabile era incentrata su questa amplificazione, e a volte aveva difficoltà a decifrare cosa significasse tutto ciò. Quell'uomo emanava con estrema forza una cosa – segreti. Stava nascondendo qualcosa, e qualunque cosa fosse poteva potenzialmente avere un impatto sul mondo.

      "Alcune persone hanno bisogno di eventi sociali per funzionare" disse lui in tono piatto. "Io non sono mai stato tipo da farci affidamento. A voi piacciono?"

      "Non particolarmente" rispose lei. "Come avete affermato, sono più noiosi che divertenti. Se non vi piacciono, cosa vi porta a questo in particolare? Gli ospiti dell'ambasciatore sono generalmente del tipo prestigioso."

      Aveva incontrato numerose persone che si vantavano della loro importanza. Catherine non aveva trovato nessuno di loro particolarmente degno di nota. Non si era mai affidata ai suoi doni per avere una qualche epifania al loro riguardo. Nella sua esperienza, se qualcuno parlava molto di sé, di solito significava che era di scarsa importanza. Erano quelli silenziosi che doveva osservare e capire. Come quell'uomo, che aveva iniziato la conversazione, ma non aveva detto molto su sé stesso.

      "Non è mia abitudine vantarmi delle mie connessioni." Allungò una mano e afferrò un bicchiere di champagne da un cameriere mentre passava. L'uomo se lo portò alle labbra e sorseggiò il liquido frizzante. Ancora una volta, Catherine si ritrovò ipnotizzata da lui, dalle sue azioni e dalla sua indolenza. Tutto di lui rimaneva un enigma. A che gioco stava giocando? Abbassò il bicchiere e incontrò lo sguardo di lei. "Non pensate che sia molto meglio mimetizzarsi e non permettere a nessuno di notarti?"

      Non capiva come sarebbe mai stato in grado di rendersi invisibile. Era di gran lunga l'uomo più bello della stanza, ed emanava fascino e arroganza, ma forse le stava mostrando solo quella parte di sé. Sembrava un uomo composto da diverse sfaccettature. Aveva il suo fascino, la natura disinvolta che mostrava al mondo, ma i suoi occhi avevano un'oscurità in loro che suggeriva avesse qualcosa da nascondere. Ma non aveva bisogno di affidarsi completamente alle supposizioni. Era nata con la capacità di vedere oltre le facciate che le persone usavano per nascondere chi erano veramente. Quell'uomo aveva un'aura che urlava segretezza. "Non sono mai stata granché il tipo da fare da tappezzeria" rispose lei. "Mi piace l'interazione sociale, la maggior parte delle volte." In effetti, ne aveva quasi bisogno.

      Lui inclinò la testa. "No, infatti. Una donna come voi si distingue in mezzo alla folla. Dovete avere numerosi pretendenti."

      "Non particolarmente" rispose lei. "Almeno non qui in Francia. A casa ne avevo qualcuno." Nessuno di loro le faceva battere il cuore più forte o rendeva il suo respiro affannoso. Quell'uomo sì però. Qualcosa in lui le faceva desiderare di avvicinarsi, di toccarlo,