ancora cercando di capire perché quel posto era diventato il loro punto di interesse. Era così affollato, rumoroso e sporco che quasi comprendeva perché i demoni lo avessero scelto, ma ciò non significava che a lui sarebbe piaciuto. Evitava il più possibile le aree popolate perché aveva imparato che erano luoghi come quello a generare gli umani della peggior specie. Alcuni di loro erano quasi malvagi quanto i demoni che inseguiva.
Nel corso dei millenni aveva ucciso innumerevoli demoni... ma quelli più forti e più veloci si erano dispersi e si erano nascosti mentre lui era impegnato ad uccidere quelli più deboli. Tutte quelle piste inconcludenti sembravano portare lì... in quella città.
I suoi pensieri s’incupirono, sapeva che i demoni maestri ora tramavano insieme, pensando erroneamente che il loro esercito, confuso tra così tanti umani, potesse sconfiggerlo. Nascondersi tra gli umani non li avrebbe aiutati. Le loro aure spiccavano come fari nella notte per lui, somigliando più a ombre distorte che a veri e propri esseri viventi.
Gli occhi di Darious si oscurarono a quel pensiero. Se doveva distruggere quella città e tutti i suoi abitanti, allora così sia. Non doveva niente ai mortali. Inoltre, loro sapevano dei demoni e avevano scelto di ignorare la cosa. Tutti i film horror ne erano una prova, anche se loro li chiamavano “finzione”. Avevano dimenticato che ogni leggenda umana era basata su una piccola dose di verità.
Quella notte era la notte dei demoni... gli umani la chiamavano “Halloween”. La notte in cui la gente ignorava ciò che aveva davanti agli occhi. Supponeva che fosse una delle ragioni per cui gli umani si travestivano da mostri una volta l’anno... così i mostri veri non li avrebbero riconosciuti. Com’era diventata ignorante la razza umana.
Con la sua vista acuta, Darious guardò la superficie di vetro dei grattacieli dall’altro lato della strada e vide il proprio riflesso. Restrinse lo sguardo, chiedendosi che cosa vedessero le persone quando lo guardavano, tanto da allontanare i bambini dalla sua presenza.
Vedevano la propria mancanza di conoscenza, avevano paura o forse era una sfida alla loro nota ignoranza? Volevano continuare ad essere ignari dei veri pericoli del mondo. Lui era lì per salvarli, eppure lo trattavano come se fosse un demone. Solo gli innocenti incrociavano il suo sguardo... i bambini, mentre i loro genitori li tenevano a distanza.
*****
Kyoko era in piedi nell’ufficio per il pubblico, contenta che ci fosse solo Suki. Rise nervosamente mentre preparava la sua prima tazza di caffè. Sapeva che i ragazzi si sarebbero vendicati per quello che aveva fatto la scorsa notte. Deglutì, ricordando il pavimento che vibrava per il volume alto e lei che correva nel tentativo di raggiungere la sua stanza prima che la prendessero.
Aveva sentito Toya rincorrerla imprecando di tutto. Entrambi sapevano che, se l’avesse raggiunta davvero, non le avrebbe fatto niente.
Nella sua folle corsa, aveva svoltato l’angolo e aveva trovato Kyou in piedi sulla porta della sua stanza. Indossava i pantaloni di un pigiama di seta nera, pericolosamente bassi sui fianchi, e i suoi lunghi capelli argentati erano perfetti anche nel cuore della notte. Erano stati i suoi occhi a farle venire voglia di scappare nella direzione opposta. Erano color oro fuso e la fissavano mentre gli passava accanto.
Kyoko si era voltata e aveva urlato quando aveva visto Toya che sfrecciava verso di lei. Proprio mentre chiudeva la porta, le sembrò di vedere Kyou sporgere il piede di qualche centimetro, facendo inciampare Toya, che cadde a faccia in giù.
Le veniva ancora da ridere.
Si fidava di Kyou, sembrava prendersi cura di tutti quelli che vivevano e lavoravano all’interno dell’edificio. Non sapeva quasi niente di lui ma, allo stesso tempo, sentiva di conoscerlo così bene che spesso si sentiva in imbarazzo.
Tutto quello che sapeva era che lui sembrava avere una montagna di soldi e si assicurava che tutti avessero più di quello di cui avevano bisogno. Aveva anche uno strano modo per sapere esattamente quali casi paranormali affidargli e di quali armi avrebbero avuto bisogno. Era il fratello maggiore di alcune persone che lavoravano lì... anche se lei non aveva mai capito bene la loro età.
Toya era il secondogenito, con i capelli color ebano caratterizzati da strie argentate come i capelli di Kyou. Proprio come tutti i suoi fratelli, aveva un corpo che sarebbe potuto comparire su un cartellone pubblicitario di biancheria intima. Di quelli che fanno fermare le ragazze per strada.
Per quasi tutti i casi di cui si occupava, era Toya il suo partner e lei gli si era affezionata molto. Non poteva essere diversamente, visto che lui l’aveva salvata infinite volte da mostri di cui le persone normali non sapevano neanche l’esistenza. Per molti versi, lo vedeva quasi come un eroe.
Il terzo fratello era Shinbe, con i suoi lunghi capelli blu notte e gli occhi color ametista. Sembrava l’enigma del gruppo, si comportava sempre come un pervertito e il suo senso dell’umorismo la divertiva spesso. Ma c’erano momenti in cui era molto serio. In quei momenti, nessuno del gruppo lo dava per scontato.
Il quarto fratello, Kotaro, era un detective di polizia e si occupava dei casi che non convincevano le forze dell’ordine. Aveva lunghi capelli color ebano e occhi color ghiaccio che lasciavano senza fiato. Mentre gli altri sbirri correvano alla ricerca di un sospettato umano, era l’esigua squadra di Kotaro ad attirare l’attenzione dell’agenzia paranormale e ad aiutare a rintracciare i demoni.
Sorprendentemente, una volta risolto il caso, gli agenti non facevano mai troppe domande al riguardo. Era quasi come se non volessero saperlo.
Tasuki e Yohji erano due ragazzi che lavoravano per Kotaro in centrale. Kyou li aveva invitati a vivere lì, dal momento che lavoravano più lì che al dipartimento di polizia. Avevano anche “rubato” la segretaria all’ufficio di polizia e ora lei lavorava lì. Si chiamava Suki, e Kyoko le voleva bene come se fosse la sua migliore amica. Inoltre, Kotaro aveva convinto Kyou ad accogliere due fratelli sensitivi... Amni e Yuuhi. Erano di grande aiuto.
Il più giovane dei fratelli era Kamui, sebbene lei non fosse del tutto sicura dell’età, visto che sembravano avere tutti tra i diciannove e i ventisette anni. I suoi capelli erano multicolore, con strepitosi riflessi ametista. Sapeva per certo che i suoi occhi cambiavano colore più spesso di quanto un adolescente si cambia i vestiti... il che era tutto dire.
Era il mago dei computer e poteva entrare in qualsiasi banca dati del mondo per ottenere le informazioni di cui avevano bisogno. Più di una volta si era infiltrato nei sistemi delle agenzie governative solo per creare scompiglio.
Kyoko si voltò con la tazza di caffè in mano e cercò di concentrarsi su quello che aveva detto Suki negli ultimi due minuti. Quasi si ustionò quando incrociò lo sguardo di Kyou.
Era di nuovo appoggiato allo stipite della porta, stavolta quella del suo ufficio, con lo stesso sguardo che aveva la sera prima. Guardarlo le provocò un brivido sensuale in tutto il corpo.
Prima o poi avrebbe scoperto come faceva a farla sentire così. Aveva visto molte donne inciampare nei propri passi quelle rare volte in cui Kyou lasciava il suo “santuario”, l’ufficio, e camminava per le strade della città.
«Immagino che tu abbia dormito bene.» le disse lui stoicamente, anche se Kyoko notò un accenno di divertimento nei suoi occhi.
«Sì, benissimo.» affermò lei con un sorriso.
«Mmm, la vedo piuttosto difficile, con quattro maschi che hanno sgomitato e litigato per tutta la notte per chi sarebbe stato il primo a sfondare la porta della tua stanza.»
Voltandosi rapidamente per nascondere il proprio imbarazzo, Kyoko guardò fuori dalla grande finestra che dava sulla strada trafficata. A volte vivere in quell’edificio era davvero difficile per il suo cuore... per non parlare dei suoi ormoni.
Sentendo i brividi dietro la nuca, capì che non poteva scappare, quindi cercò di distrarre la mente. Guardò dall’altra parte della strada, verso la fila di edifici di fronte... immaginando di trovarsi in uno di essi... almeno finché l’angoscia adolescenziale della sera prima non sarebbe svanita.
Rimase a bocca aperta quando notò