le rispose con un sorriso malizioso. “Ogni volta che ti pieghi o ti giri, ti irrigidisci un poco, cosa che mi fa capire che stai prendendo una dose più bassa di antidolorifici, rispetto a quella prescritta. E poi continui a spingerti in avanti come una scolaretta preoccupata che la suora di turno le sbacchetti le mani per essere stata a ciondolare sul banco.”
“Cosa c’entra tutto questo?”
“Hai paura di appoggiarti con la schiena alla sedia, perché è ancora dolorante. Quindi hai adottato la postura più composta che abbia mai visto al di fuori di un romanzo di E.M. Forster.”
Jessie scosse la testa, tanto frustrata quanto stupita.
“È quasi come se lo facessi per lavoro.”
“I complimenti li trovi dappertutto,” le disse sorseggiando ancora il caffè. “Ma dico sul serio. Dovresti andarci piano finché puoi. E poi stare alla larga dalla scena pubblica potrebbe contribuire alla scomparsa degli ultimi sprazzi derivanti da quei post razzisti.”
“I post che non ho scritto io?” gli ricordò Jessie.
“Non è questo il punto,” le disse con tono rassegnato. “Per quante prove tu possa offrire che il tuo account ha subito l’attacco di un hacker, alcune persone sono ancora intenzionate a pensare il peggio di te.”
“Quindi pensi che dovrei starmene nascosta fino a che la gente si dimenticherà di pensare che sono razzista?” gli chiese scettica.
Garland sospirò ma non abboccò all’amo.
“Magari fai quello che sta facendo la tua amica Kat,” le suggerì.
L’amica di Jessie, la detective privata Katherine ‘Kat’ Gentry, stava attualmente seguendo una completa riabilitazione neurologica alla Clinica Mayo di Phoenix. Era stata insieme a Jessie durante il salvataggio della donna rapita nella casa in fiamme. Entrambe avevano subito delle concussioni per l’esplosione di una bomba sulla scena.
Per Kat, che aveva prestato servizio come ranger dell’esercito in Afghanistan e si gloriava di ignorare le proprie cicatrici, sia esterne che interne, era stata almeno la sesta esplosione della sua carriera. Alla fine aveva accettato di farsi dare una controllata quando i mal di testa e i fischi alle orecchie non si erano placati ancora dopo due settimane piene. Sarebbe stata in Arizona per cinque giorni per tornare proprio quel fine settimana.
“Kat è una veterana dell’esercito che deve gestire disturbi post-traumatici da stress, ferite da esplosivo e probabilmente encefalopatia traumatica cronica,” gli spiegò Jessie. “Io sono solo una tipa che si è beccata un paio di scottature.”
Garland sorrise con fare paterno.
“Bella zuppa di terminologia medica, Jessie. E sebbene sia vero che la tua amica sta gestendo delle problematiche potenzialmente gravi, lo stai facendo anche tu. Hai subito numerose concussioni, nel tempo. E hai più cicatrici – fisiche ed emotive – di molti soldati. Quanti di loro sono stati torturati dal loro stesso padre dopo averlo guardato assassinare loro madre?”
“Probabilmente qualcuno,” rispose bruscamente Jessie con tono sarcastico.
“E quanti di loro si sono trovati coinvolti in una lotta per la vita e la morte con lo stesso padre? E hanno poi ucciso il suo seguace serial killer? E hanno avuto uno scontro con l’ex marito assassino sociopatico? E…”
“Ho capito, Garland,” lo interruppe Jessie.
Rimasero seduti un momento in silenzio.
“Sto solo dicendo che devi prenderti cura di te. Se non lo vuoi fare per il tuo benessere personale, pensa alla tua sorellina e a quell’affascinante detective che ami. Quelle relazioni soffriranno inevitabilmente se tieni il piede schiacciato sull’acceleratore tutto il tempo. Prenderti cura di te ti aiuta a prenderti cura di loro.”
Jessie annuì, prendendo un altro morso del muffin a cui non era più interessata.
“Ho notato che anche tu hai cambiato argomento,” gli disse.
“Cosa?”
“Il caso? L’avete risolto?”
“A momenti,” le disse sarcasticamente.
“Pensate di dirmi qualcosa riguardo a questo caso o no?” chiese irritata.
“Donna morta trovata nella casa di un vicino,” le disse senza mezzi termini. “Abbiamo eliminato il marito, cosa che mi ha deluso perché è davvero una persona sgradevole. Mi sarebbe piaciuto un sacco inchiodarlo come colpevole. Ma almeno significa che non dovrò più interagire con lui. Era come un’ulcera che parla e cammina.”
“Che altro?” chiese Jessie.
Lui la guardò con espressione strana, come se volesse chiederle qualcosa ma non sapesse come affrontare l’argomento.
“Ti consideri un’esperta di moda?” le domandò alla fine.
Jessie non si era aspettata questa domanda.
“So vestirmi,” disse. “Ma se intendi sapere se ho un abbonamento a Vogue, no. Perché?”
Garland fece per parlare, ma poi si interruppe, e prese invece un sorso di caffè.
“Tutto qua?” gli chiese Jessie. “Non hai intenzione di spiegarmi?”
“Non penso,” le disse. “Ho già detto più di quanto avrei dovuto. Ho paura che qualsiasi altra cosa ti dica sarebbe come miele per le api e poi ne vorresti sempre di più. Devi rimetterti in sesto e non voglio mettere a repentaglio la tua ripresa. Se vuoi davvero i particolari, vai ad assillare Hernandez.”
“Uffa,” disse Jessie. “È il motivo per cui ho chiesto che ci vedessimo io e te.”
“E io che pensavo che volessi solo il piacere della mia compagnia. Questa cosa mi spezza il cuore.” Sembrava ferito, ma Jessie vide il sorriso che iniziava a curvargli le labbra.
“Sei un uomo molto sgradevole,” gli disse. “Lo sai, vero?”
Garland prese un altro sorso di caffè e si concesse questa volta un sorriso pieno.
“Vuoi parlare di qualsiasi argomento non connesso al caso?” le chiese. “Ho come la sensazione che tu ti stia trattenendo.”
“Cosa starei trattenendo?” rispose Jessie con tono più petulante di quanto avrebbe voluto.
“È da un po’ che non parliamo di Hannah. Come vanno le cose?”
Jessie espirò profondamente.
“A volte è dolce. A volte di pessimo umore. A volte è esilarante. A volte fa la stronza. A volte è taciturna. Il solito incubo.”
“Ma non ammazza, giusto?” chiede Garland.
“Come?”
“La sorellastra che temevi potesse essere una potenziale aspirante serial killer sociopatica… non ha ancora assassinato nessuno?”
“Non che io sappia,” rispose Jessie.
“Allora gli sbalzi d’umore non mi sembrano poi tanto male al confronto,” le fece notare.
Jessie scrollò le spalle.
“Se la metti così, no.”
“Allora diciamo che sei fortunata,” le disse. “Considerata la vita che conduci, le cose potrebbero andare molto peggio.”
Jessie non poteva negarlo. Stava per chiedergli un parere su un’altra questione, quando il suo telefono suonò. Abbassò lo sguardo. Era il suo amico agente dell’FBI Jack Dolan, che le aveva promesso di tenere d’occhio i movimenti del suo ex marito Kyle.
“Devo rispondere,” gli disse.
“Va bene,” le disse Garland, lasciando una banconota da cinque dollari sul tavolo. “Devo comunque andare in ufficio. Probabilmente il tuo ragazzo sente la mia mancanza.”
“Vuoi un passaggio?”
“No. Hai la tua chiamata. E poi sai che mi piace camminare.”
“Ok,”