A. C. Meyer

Il Regalo Di Natale


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dovrai andare là.

      La ragazza spalancò la bocca. Gabriela non era mai uscita dal regno dei cieli per una missione. Mai. Le aveva eseguite tutte a distanza e, pensandoci, sospettò che forse era proprio per quello che non erano andate tanto bene.

      - Per questo si tratta di una grande missione, mia cara - disse Angela e concentrò tutta la sua attenzione su di lei. - La tua missione è riparare un cuore spezzato.

      - Una questione di cuore? - chiese la giovane. Adorava i casi che avevano a che fare con storie d'amore. Era così bello vedere le coppie per sempre felici e contente!

      - In realtà no. È un caso... hm... generale.

      - Ok... - mormorò invitandola a continuare dato che non aveva la minima idea di cosa un caso... generale... comprendesse.

      - Sarai trasportata fin là e dovrai interagire con gli umani - disse, e la giovane spalancò gli occhi. - Trascorrerai del tempo con Samuel e lo aiuterai a ricucire il suo cuore.

      - Ma come... come... farò?

      - Lo saprai quando arriverai là - disse, rimanendo misteriosa. Ma prima che Gabriela avesse l’opportunità di ribattere, continuò - quindi, mia cara, è molto importante che ricordi sempre queste tre cose: nessuno deve sapere da dove vieni o sapere cose che ci riguardano; devi portare a termine la tua missione entro la notte di Natale. Quando la campana suonerà la mezzanotte, il tuo tempo sulla Terra sarà finito.

      La ragazza annuì, sentendosi stordita.

      - E la terza e più importante: poiché avrai forma umana, proprio come gli altri, sarà il libero arbitrio a guidare il tuo destino. Resta concentrata sulla missione e sta’ attenta alle scelte che farai.

      - Qualcuno mi aiuterà? E come saprò chi è questo Samuel? Sono molto confusa, Angela. E...

      Ma ancora una volta la guardiana la interruppe.

      - Tutto sarà chiaro una volta che sarai laggiù. E ogni volta che avrai bisogno di me, troverai le risposte ai tuoi dubbi nel candore dei bambini. Ora va mia cara. Ci vediamo a Natale.

      E, con uno schiocco di dita della sua consigliera, il mondo che conosceva svanì nel nulla.

      02

      Primo giorno

      Davanti al computer, con l’editor di testo aperto, Samuel chiuse gli occhi toccandosi ripetutamente la punta del naso con l’indice, come se così l’ispirazione potesse apparire per magia. Fece un sospiro profondo, spinse indietro la sedia girevole e decise di andare in cucina a farsi un caffè. Aveva letto in qualche sito internet che la bevanda favoriva la concentrazione e stimolava la creatività, ma dopo la quarta - o forse la settima? - tazza del giorno, più che altro si sentiva elettrico.

      Era sul punto di premere il pulsante della sua migliore amica, la caffettiera, quando sentì bussare forte alla porta.

      - Cazzo - sbuffò, passandosi la mano sul viso, con la barba incolta, e sui capelli, che a quel punto della giornata erano ancora più disordinati di quando si era alzato dal letto. Passando tutto il giorno a casa da solo, non c’era motivo di pettinarsi o di radersi. Questo se non fosse stato disturbato da visitatori inaspettati e scomodi.

      Il rumore alla porta si fece ancora più forte e, snocciolando una serie di imprecazioni, il ragazzo andò fino alla sala e girò la chiave, sapendo già chi avrebbe trovato dall’altro lato dello spesso portone.

      - Non ti avevo detto di lasciarmi in pace, JP? - borbottò quando vide il suo editore attraversare la soglia ed entrare in casa come fosse il proprietario di quel posto.

      Da quando le cose avevano iniziato ad andare male, poco più di sei mesi prima, la sua vita era completamente finita a gambe all’aria: la rottura del suo fidanzamento, l’allontanamento dal fratello - con il quale era molto legato prima che succedesse tutto -, l’impossibilità di allungare il termine di consegna del manoscritto e la perdita del suo migliore amico (che era anche il suo agente) - il che giustificava la presenza dell’editore a casa sua. Da quando la bomba era esplosa, JP si era assunto la responsabilità di cercare di mantenerlo concentrato per portare a termine il manoscritto e fare onore al sostanzioso anticipo che aveva ricevuto.

      - Come ti ho già detto - disse JP, camminando all’interno della sala e passandogli accanto ignorando completamente le sue parole ostili. Ormai era abituato. Nel profondo JP sapeva che can che abbaia non morde. Soprattutto quello. -, lo chalet, nonostante sia un po’ lontano dal centro, è molto confortevole...

      Samuca aggrottò la fronte, chiedendosi perché il suo editore si comportasse come un agente immobiliare, ma prima che avesse il tempo di chiedere cosa stesse succedendo, sentì un mormorio accanto a sé. Distolse lo sguardo da JP e si imbatté con la ragazza più... carina che avesse mai visto in vita sua. Aveva una folta chioma di capelli biondi che cadevano in onde sulle spalle. La ragazza socchiuse gli occhi, di un blu così brillante da sembrare colorati artificialmente, osservando l’interno dello chalet. I suoi tratti erano molto delicati, perfettamente proporzionati alla sua minuta statura - di, almeno, trenta centimetri meno di lui - il che risvegliava un istinto di protezione. Lo stesso che vide riflesso negli occhi di JP e che giurò a sé stesso di non provare mai più dopo essere stato preso in giro in quel modo. Senza dubbio era bella. Ma, oltre a questo, aveva una luce giovane e vivace che avrebbe potuto contagiare anche il più serio dei mortali.

      Eccetto lui, è chiaro.

      La ragazza gli passò davanti, ma lo ignorò, completamente concentrata sul luogo. Era così affascinata da ciò che stava guardando che sembrava avesse di fronte l’ottava meraviglia del mondo e non uno chalet ai confini di Gramado, lontano da tutto e da tutti - grazie a Dio.

      Quando fece alcuni passi verso di lui, il ragazzo osservò il suo corpo curvilineo completamente vestito di bianco, con pantaloni attillati, camicia, giacca e persino le scarpe da tennis, stile Converse, completamente bianchi. Sembrava quasi che... brillasse... se ciò fosse stato possibile.

      Ah, merda, sto delirando, pensò Samuca tra sé e sé. Deve essere colpa di quell’ultima tazza di caffè, si giustificò mentre sbatteva con forza la porta dietro di sé. Scuotendo la testa, decise di riprendere il controllo della propria vita. O della sua casa, almeno.

      - Posso sapere che cazzo succede? - chiese con un grugnito, e JP smise di parlare spostando lo sguardo dalla ragazza su di lui. Samuca lo fissò con rabbia, sperando che il suo tono fosse feroce quanto bastava per cacciarlo di là. Quando guardò verso la ragazza, si sorprese nel vedere che questa si era portata le mani alla bocca e aveva gli occhi strabiliati, come se fosse scioccata dal suo comportamento.

      JP scosse la testa in segno di disapprovazione e tornò a guardare verso la ragazza.

      - Gabriela, questo è Samuca. - disse indicandolo. - Perdona i suoi modi - disse JP con un sorriso gentile. - Ha passato così tanto tempo lontano dalla civiltà che deve aver dimenticato come si ricevono gli ospiti.

      - Gli ospiti sono benvenuti solo quando sono invitati... In questo modo è possibile rifiutarsi ed evitare questo... malessere - brontolò Samuca guardando verso la ragazza di cui ora conosceva il nome.

      - Ti ho inviato una mail due settimane fa, avvisandoti che sarei venuto con la tua nuova assistente. Ovviamente tu non l’hai aperta, come fai con la maggior parte delle mie mail.

      - Certo che non l’ho aperta. Non ho tempo da perdere in chiacchiere, dopo tutto ho un manoscritto da consegnare - ribatté e guardò di nuovo Gabriela, riuscendo a fatica a distogliere lo sguardo.

      - Che non è pronto... - disse JP, e Samuca alzò le spalle.

      - Quindi. Al di là di questo, non mi serve una nuova assistente.

      Riuscendo finalmente a toglierle gli occhi di dosso, il ragazzo passò davanti ai due imprecando a bassa voce e venne colto di sorpresa dalla voce cristallina che sembrava avvolgergli l’intero corpo.

      - È evidente che hai bisogno di un’assistente - disse la ragazza a bassa voce. - La casa è un disastro. Il tuo lavoro è in ritardo. E