Ettore Socci

Da Firenze a Digione: Impressioni di un reduce Garibaldino


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levare il pelo: feci guardare nei buchi più ascosi della nave, ma non potei rintracciare suo figlio. Allora la donnicciola impallidì e non potendo resistere alla pena e allo stringimento di cuore mi cadde fra le braccia svenuta. Un vecchio che l'aveva accompagnata in barchetta e che seppi dopo esser marito di lei, saltò infuriato sul ponte facendo un baccano indiavolato, minacciando tutti e bestemmiando peggio di un turco. La mia posizione, se era interessante era anche molto noiosa. I volontarii si erano affollati intorno all'energumeno e di momento in momento stava per nascere una pubblicità spaventevole. Riavutomi un pochino dalle stupore, fui preso da rabbia indicibile e mi venne voglia perfino di scaraventare in mare l'incomodo fardello che mi gravava le braccia.

      —Oh! andremo in questura!…—Proferì il vecchio strascinandosi dietro la moglie che s'era riavuta e che urlava a squarciagola: birbanti, ladri, assassini, il giusto Dio verrà anche per voi!

      Appena rimessi da quella brutta impressione, vedemmo capitare altre due donne. Capimmo, pur troppo, per aria quello che volevano anche loro. Io cominciai a credere di assistere ad una processione di streghe e mi persuasi che il nostro orizzonte cominciava a oscurarsi davvero.

      Una dell'ultime venute vide il suo figliolo e noi glielo restituimmo. Ecco un'altro scandalo! Il figliolo non voleva andare a nessun costo e si mise a correre come uno spiritato offrendo un gradito spettacolo alle guardie che ci circondavano e che si erano tutte rizzate per goder meglio la scena, urlando ad ogni poco: piglialo piglialo.

      Non si creda calunnia il contegno che io attribuisco alle guardie: chiunque è stato sul Var può fare ampia testimonianza che esse fino dal bel principio della mattina erano completamente ubriache.

      A viva forza spingemmo il recalcitrante figliuolo, giù dal battello; appena però egli si assise nella barchetta che aveva accompagnato sua madre, fu circondato dai carabinieri i quali non curando i pianti, i lamenti, le disperazioni delle disgraziatissima donna, lo condussero verso le carceri.

      —Si nascondano si nascondano per carità, l'ha raccomandato anche il signor Colonnello.—Venne a gridarci con voce angosciosa il cameriere di bordo.

      —Che c'è dunque?

      —C'è che la polizia vuole acchiapparli…

      —È una storiella!…

      —È la verità, se lo assicurino.

      —Ma il Colonnello?

      —È nascosto.

      —E tutti gli altri?

      —Hanno seguito l'esempio del Capo… si nascondano anche loro… o che vorrebbero comprometterci tutti col rimanere in così pochi sul ponte?

      Ci guardammo difatti e con nostra sorpresa il brulichìo che ci eravamo abituati a vedere, era scomparso e tutti i nostri compagni, come per incanto, si erano dileguati.

      Anche noi ci buttammo gattoni verso la carbonaia e poco dopo i miei amici vi erano già scesi: ero per seguitarli, quando sentii bussare dietro la porta della vicina cabina e la voce del Colonnello mi disse: Noi siamo qui, venga anche lei. La porta si schiuse ed io entrai.

      Eravamo in sette in una stanzuccia dove a mala pena ci si poteva rigirare in tre! la grotta di Monsummanno era al paragone una cantina in tempo d'estate! mai bagno a vapore ha ottenuto l'efficacia diretta che produceva in noi quell'ambiente! i nostri abiti e le nostre camice sembravano inzuppate nell'acqua: se le autorità costituite avessero saputo i nostri tormenti, benevole come sono verso noi scavezzacolli, scommetto che invece di arrestarci ci avrebbero lasciato diverse ore in quel bagno; se non altro per avere il gusto di aprire la porta a trovarci in uno stato di liquefazione completa.

      —Ma cos'è accaduto, di nuovo? Domandai a bassa voce.

      —È accaduto che la questura lasciava liberamente partire noi sette o otto, purché prima le avessimo, consegnato tutti questi bravi ragazzi…. Io ho sdegnosamente rifiutato questa proposta.

      —Bravissimo!—E ora?

      —Ora credo che sieno andati a riportare la mia risposta al questore.

      —O guardiamo, se Bolis è tanto birro da violare anche la bandiera francese.

      —Prima di farlo vorrà pensarci due volte.

      —E perché?.. I ciuchi hanno sempre dato pedate ai leoni morenti… ma per qual causa stiamo nascosti?

      —Il capitano è sceso a terra; se gli rilasciano le patenti, in meno di un'ora si prenderà il largo.

      —Speriamolo… perché qui non siamo di certo in un letto di rose.

      Passa mezz'ora, un'ora e nessuna notizia: si comincia a udir qualche rumore; poi di sotto la fortezza ci giunge all'orecchio un sussurro inusitato; poniamo, l'occhio al finestrino della cabina: il mare è popolato di barche, e le barche, son popolate d'angioli custodi in lucerna; affollatìssima è tutta la spiaggia: sul cassero un calpestìo concitato e in senso diverso, poi reclamazioni a cui si risponde dalla parte del popolo con fischiate non interrotte; un battere di sciabole, uno sbatacchiare di porte…. pur troppo non vi era più dubbio alcuno, il grande atto si era consumato, e gli eroici campioni del Regio Governo Italiano potevano annoverate una gloria di più tra tutte le altre che li ha resi famosi.

      Sprangammo la porta; ci rannicchiammo nelle cucciette e, rattenendo il respiro, facendoci piccini piccini coll'ansia e la trepidazione nell'anima, collo sconforto nel cuore, incerti di ciò che ci sarebbe accaduto tra pochi minuti, ma decisi a giocare di tutto, attendevamo di momento in momento di veder saltare la porta.

      Trascorre un altra mezz'ora; si ascolta il rumore dei disgraziati che sono stati avvinghiati pei primi dai falchi del Bolis: si compiangono, ma quale fortuna, se noi potessimo uscir loro dalle unghie!.. Il vapore è in movimento… Che si parta davvero? Non si osa credere a noi stessi, ma alle fine ci si persuade che si va… Si va, ripetiamo tutti tra noi, e sentiamo tra ciglio e ciglio l'umor di una lacrima—Ci si ferma di nuovo!…—Esclama un nostro compagno, e pur troppo, ci si convinse di subito della triste verità. Una testa comparisce al nostro finestrino; era la testa di un questurino, che da abile esploratore, si era arrampicato al difuori del bastimento, ed aveva scoperto il nostro nascondiglio.

      —Signori, non resistano—Ci disse con voce rauca. —Nessuno rispose; egli se ne andò… Oh! avessimo avuto un revolver!

      —Lei deve aprirci la porta—Ripeteva intanto sul cassero una vocina melliflua, a cui rispondeva l'accento ben cognito del capitano: Mi rincresce, ma fu perduta la chiave… l'assicuro però che quello è il mio spogliatoio…

      —Io ho l'ordine di perquisire ogni cosa.. si mandi pel magnano del porto. Intanto una tempesta di colpi si sprigionava su quel povero uscio.

      —È impossibile trovare il magnano—Diceva poco dopo un'altra voce.

      —Signori—Gridava allora al buco della nostra serratura quello che poco fa parlava col capitano.—Signori, io li prego a non commettere imprudenze, si arrendano colle buone; partire è impossibile, non facciano perdere un tempo prezioso al capitano.

      Che fare? Qualunque resistenza sarebbe stata inutile e non ci poteva riuscir che dannosa; ci guardammo in faccia (che facce! il condannato che vien trascinato al patibolo ne può dare un'idea!) e con mano tremante il più vicino alla porta tirò la stanghetta.

      Un'ooh prolungato e di soddisfazione ci accolse, appena che comparimmo.

      Dalla scena che si presentò allora ai nostri occhi, un pittore avrebbe potuto prendere argomento per un bellissimo quadro ed un letterato per una magnifica descrizione. Una lunga fila di carabinieri e di questurini occupava tutto il lato del bastimento che era dicontro alla nostra cabina; più avanti il giudice d'istruzione colla ciarpa turchina, Bolis raggiante di contentezza, e un nuvolo di delegati e d'applicati di Pubblica Sicurezza che si davano un moto, un daffare indicibile, e si pavoneggiavano, esponendo al rispettabile pubblico ed all'inclita guarnigione le fasce tricolori che avevano a tracolla, come segno indiscutibile della loro autorità. Il capitano serio serio rivolgeva delle parole concitatissime al console, che appoggiato