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Francesco Domenico Guerrazzi
Vita di Francesco Burlamacchi
Pubblicato da Good Press, 2020
EAN 4064066069919
Indice
APPENDICE LETTERA INEDITA DI FRANCESCO BURLAMACCHI
A LIVORNO
IN TESTIMONIO
CHE GRADITO O REIETTO
M'INDUSTRIAI SEMPRE REVERIRE E ONORARE
LE DEDICO QUESTA VITA
DI
UN GRANDE E SVENTURATO ITALIANO
F. D. GUERRAZZI.
PROEMIO.
Decadenza dei popoli graduata: difficilmente risorgono: e se risorgono, sentono per lungo tempo il sepolcro. — Viltà nostra di che danni operatrice nel secolo decimosesto; diversità che passa tra dominatore che ti regge in casa e dominatore che ti regge di fuori. — I papi prima dominatori, poi soci, all'ultimo aguzzini dei re. — I mutamenti religiosi o sovvertono le condizioni dei popoli o le confermano e perchè: Quello che dapprima Leone X pensasse della riforma. — Cristianesimo in onta alle apparenze di subiezione è ribelle, protestantesimo nonostante la sembianza di ribelle è servile. — Per quali cause gl'Italiani si mostrassero parziali alla riforma religiosa. — Condizioni della virtù militare in Italia durante il secolo decimosesto; molta e a suo danno. — La Italia non può morire, e lo ha dimostrato: circolo delle umane cose se vero; umanità sempre in moto verso il meglio. — Sardanapalo ed Anassarco, e parallelo fra loro. — Immondezzaio moderato che ha avvilito la Italia dal 1859 in poi. — Non avendo né potendo avere credito da per sè, i moderati sfruttano l'altrui, ma per poco; finchè non si fanno forti su le manette. — Dove, come e perchè il Burlamacchi si avesse la statua, per virtù dei moderati. — Orazione del professore Pacini ed iscrizione bugiarda: fatti che lo provano: verun tiranno si mostrò astioso quanto i moderati in Toscana. — Della setta moderata vuolsi disperso il seme, se intendiamo che la buona morale risorga, senza la quale restaurare la vita del popolo è niente.
Come nel corpo umano non percuote subita ed improvvisa per ordinario la morte, ma sì con lungo alternare di miglioramenti e di peggioramenti, e non senza supremi sforzi per fuggire la distruzione che lo minaccia, così gli stati anch'essi mano a mano declinano, e prima di quotarsi nello avvilimento mandano i tratti. Caduti poi non si rilevano: affermano risorgesse dal sepolcro l'uomo Dio tutto intorno irradiato di luce celeste; eccetto lui, chi si alza dallo avello porta seco gran parte del sepolcro; e i vermi, per buona pezza almeno, gli formicolano addosso: che ciò sia vero, miralo, se ti talenta nel moto che adesso chiamano risorgimento italiano.
Colpa di noi stirpe tralignata, la quale da molto secolo alla tirannide, quantunque fruttuosa, non si accomoda, come la efficace libertà nè sa adoperare, nè ama, divenimmo tali nel secolo decimosesto, che la nostra contrada o tutta, o parte ebbe a cadere in mano di signori stranieri con questa ragione, che costoro i quali prima ci vennero e posero stanza forse a lungo andare avrebbero fatto tutto un popolo non senza profitto della nostra abiezione, però che per virtù loro potesse rinnovarsi il sangue, e con la ferocia della barbarie, se non correggere, almeno le infamie della bugiarda civiltà castigare. Da ora innanzi i signori veri d'Italia la comandano di fuori, e cotesto governo si rassomiglia a un paio di tanaglie, che ti straccino le carni: a sollievo dei miseri oggimai nulla più giova, nè grida, nè lamenti, nè maledizioni, nè preci. Dio sta in alto, e, il re lontano, rispondono i vicerè; e il dì in cui non hanno fatto piangere dicono: Ho perduto un giorno.
I papi che da prima stettero contro i re per dominarli, e più tardi si accontarono con essi per bilanciarli, da ora innanzi si tramutano in ministri di principi, anche in lancie spezzate, anzi in sicari, oltre il volere della tirannide, suoi partigiani svisceratissimi; in questo mondo le prestano i tormenti della Inquisizione, nell'altro i terrori dello inferno. Ribelli ed eretici diventano tutta una cosa; il re accatasta sotto di loro le legna per arderli; il prete, convertita la religione in mantice, ci soffia dentro per suscitarne le fiamme. Al papa ridotto ad operare da schiavo per libidine di dominazione basta avere per trono anco il teschio dell'ultimo dei viventi sopra la terra.
I perturbamenti religiosi o capovolgono le condizioni dei popoli, o le confermano; le capovolgono dove mirino a mutare di pianta la religione, le confermano se invece di schiantarla la riformano; imperciocchè sia chiaro che, le riforme togliendo via dagl'istituti nostri le parti più insopportabili e più odiate, si venga in certo modo ad allungare loro la vita: difatti Leone X argutissimo intelletto pei primi moti religiosi della Germania si spaventò forte e volle esserne minutamente ragguagliato; quando poi seppe che la guerra era mossa contro gli abusi della Chiesa, non già contro al domma cattolico, ebbe soddisfatto ad esclamare: «Si tratta di fronde; a primavera ributteranno.» Gesù Cristo predicava la obbedienza alle autorità costituite e non rifiniva insegnare: «Date a Cesare quello ch'è di Cesare»; tuttavia appuntellava la nuova religione per dare di leva alle signorie del mondo. Lutero all'opposto, con parole e co' fatti non rifinando di protestarsi ossequente ai principi germanici, metteva la sua dottrina ai servizi della loro potestà: però essi si posero nelle mascelle il protestantismo come dente per masticare, al modo stesso che Carlo V ci incastrò il cattolicesimo; così l'uno non vinse l'altro, e terminarono, comechè trattandosi da suocera e da nuora, a vivere insieme sotto il medesimo tetto ed a sedersi intorno alla medesima mensa; laddove oggi sorgesse un terzo a sturbarne l'accordo, si legherebbero insieme per dargli addosso: quanti preti sono al mondo vivono di credenze, non di verità. Ma ai tempi di cui teniamo discorso taluno andava convinto che la verità si trovasse nella eresia, tal altro che la riforma fosse arnese idoneo a combattere la chiesa romana, nè i secondi erravano. Difficilmente i filosofi e i politici innanzi ai successi presagiscono le cause che li provocano e gli effetti che partoriscono; difficilmente li conoscono anco dopo, almeno nel complesso loro; e quando pure essi valessero a prognosticarli, di politici e di filosofi veri va scarso il mondo, nè fin qui vedemmo politico o filosofo che, renunziata la passione, si governi in tutto e per tutto con la ragione. Insomma, o per ragione lusingata da passione, o per solo impeto di questa, gl'Italiani, crucciosi della perduta libertà, si attaccavano alla riforma come i cadenti alle tamerici cresciute nelle crepature del precipizio.