Vittorio Imbriani

La novellaja fiorentina


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sai, dietro.»—«Cosa devo fare, cavallina?»—Butta in terra i' pettine.»—Butta in terra i' pettine; gli viene un bosco folto, che quasi quasi non ci passava nemmeno l'aria. Fece sì tanto i' mago con le sue sclanfie che aveva nelle mani, cominciò a buttare a terra tutto i' bosco. Butta giù, butta giù, butta giù, venne i' momento che venne a passare tutto i' bosco così folto. Dice la cavallina:—«Oh Antonio! e' ci è i' mago, dietro, un'altra volta.»—«che ho io a fare, ora, cavallina mia cara?»—«Butta giù lo specchio in terra.»—Butta giù lo specchio e gli viene una montagna crepitosa. I' cavallo non ci potea salir di certo, e poi fornita gli era questa montagna di porcherie, che quando eran saliti, sdrucciolava giù. Sdrucciola oggi, sdrucciola dimani e ce la passa poi alla fine.—«Antonio?»—«Che c'è'?»—«C è i' mago. Butta giù la bussola!»—E butta giù la bussola. E apparisce un'altra montagna più crepitosa che di quella dello specchio. Ma anche quella e' la passò e andò dalla parte di là per volerli agguantare, tanto la cavallina, quanto Antonio.—«Antonio? E' c'è i' mago un'altra volta. Ma senti, tu non hai la bacchettina fatata? Prendi e batti. Sentirai dire: Comandi, signore. Devi comandare che apparisca una montagna crepitosa, tutta coltelli.»—Antonio gli ubbidisce e fa apparire una montagna crepitosa, tutta temperini, coltelli, rasoi, trincianti, bene affilati e tutto. I' mago che si vede apparire chesta montagna:—«Birboni! me l'hanno fatta! me l'hanno fatta!»—Andava per voler ingegnarsi di voler salire, e ora gli cascava un dito, ora quell'altro. E gli era un pezzo in su quasi per strapassarla, gli si stacca dove s'atteneva con un dito a due rasoi, gli vien di sotto e s'affetta i' mago come una rapa. La cavallina:—«Tu non sai, Antonio? Si pole andare placidamente ora. Non importa più che io corra gran cosa, perchè i' mago non esiste più nin chesto mondo. La prima locanda che te troverai, fermati; perchè ci s'ha a rinfrescare, pernottare e tutto. Ma bada con questo che quel che mangi te, voglio mangiare anch'io; e accanto a i' tuo fianco m'hai a tenere, tanto a mangiare, quanto a dormire e tutto.»—Dice Antonio:—«Cara cavallina; noi siamo prossimi a una locanda e anche a una locanda regia.»—«È quello che io bramo.»—Si ferma questo signore a questa locanda. Vanno a prender la cavallina:—«Grazie, grazie: fermi! La cavallina che non sorta da i' mio fianco.»—«Non si può mettere nella rimessa, con rispetto, nella stalla?»—«No, no, no! deve stare accanto a i' mio fianco.»—Entra nella sala di pranzo, entra, si pianta la cavallina accanto a i' suo fianco sur un divano a sedere. Gli portava da mangiare, gli dava da bere, la custodiva in tutto. Dice:—«La camera! preparatemi una camera.»—Dicono i camerieri:—Guardiamo un pò se la mette a letto la cavallina.»—In camera in dove devo stare io, accanto a i' mio letto ci deve stare un divano grande; se non basta uno, anche due assieme; e sopra a riposare la cavallina accanto a i' mio fianco.»—Il fatto si è, accomodata la camera d'Antonio, accomodato per riposare la cavallina:—«Potete chiudere i' quartiere e di drento cercherò io di mettere i' mio segreto[4].»Andato via i servitori, si chiude drento co' i' segreto, Antonio. Dice la cavallina:—«Caro Antonio, io qui non ci voglio dormire. Antonio, sai? voglio dormire n'i' letto tuo, in dove stai te, e si farà la coppia fra noi due.»—Dice:—«Una coppia di calci!»—Vanno a letto. Dice la cavallina:—«Alzati Antonio!»—Antonio s'alza:—«E che devo fare?»—«Prendi i' nerbo d'i' mago in mano. Cingitelo bene alle mani; e vieni di drieto a me. Ma senti Antonio, se te non fai questa operazione come devi, siamo traditi tutti e due.»—«Traditi tutti e due? E come debbo fare?»—Devi prendere il nerbo. Quanta forza che tu ti trovi addosso, cerca a darmi tre colpi fortissimi n'i' bel mezzo a i' codrione.»—«Ma ti farò male, sai, cavallina?»—«No, no; tu non mi fai più niente. Anzi più sode che me le dai e più meglio[5] è per me.»—Antonio si mette a far quest'operazione; ma con le lagrime agli occhi perchè temeva di non le far male. E quella si raccomandava perchè gnene desse con quanta forza aveva nelle mani. Fatto si è, Antonio le dà tre colpi ne i' bel mezzo a i' codrione, viene a squarciarsi un pezzo in qua, un pezzo in là e si viene a scoprire una bellissima femmina, che pareva che fosse di latte e sangue. Mangiato, avevano mangiato; se ne andiedono a riposare. La mattina a bon'ora si alza Antonio e dice:—«Ebbene, ora, bella femmina, con che ti devo vestire?»—«Non hai la bacchettina costì?»—Picchia la bacchettina; sente dire:—«Comandi!»—«Comando che sia rivestita da quello che lei si merita.»—A tutto in un tratto la vede tutta codesta bella femmina rivestita da Regina, con la corona in testa e tutto.—«Sai cosa devi fare? Ora devi battere la bacchettina fatata che te hai dell'Orco e comanda di essere straportati tutti e due in Portogallo.»—Figlia d'i' Re di Portogallo gli era; che di faccia a i' palazzo d'i' suo signor padre batte la bacchettina fatata e fa uscire un bellissimo palazzo sulle Meraviglie, di faccia a quello d'i' suo signor padre, alle dodici e mezzo di notte, con servitù e tutto. Un palazzo bene ammobiliato! Antonio batte con quella bacchettina:—«Comandi signore.»—«Da mangiare d'i' meglio che ci pol'essere, da Regina com'ella è!»—Si mettono a mangiare tutti e due. Non istorno ad andare a riposarsi; essendo una cislonga di qua e una cislonga di là, si mettono tutti e due sdrajati in queste cislonghe, di faccia a i' terrazzino de i' signor padre. I' maggiordomo, la mattina che si alza, va a i' balcone; a un tratto:—«Ahimè, che affare è questo?»—e vede che avevano nella nottata stampato un palazzo sulle Meraviglie; I' maggiordomo tanto mira quella donna e quell'omo (due be' giovani tutti e due, ma belli! tanto belli!), che gli rimasono impressi intorno a i suoi occhi d'i' maggiordomo. Corre i' maggiordomo alla camera d'i' Re:—«Maestà! Maestà! Maestà!»—A un tratto si sveglia e dice:—«Cosa c'è? cosa c'è? cosa c'è?»—«Ah una gran bellissima meraviglia, Maestà mia cara. Di faccia a i' suo palazzo è stato fabbricato un palazzo sulle Meraviglie nella nottata. C'è due bellissimi giovani. Se è moglie e marito questo io non lo so. Ma è un gran bellissimo giovane, con capelli d'oro tutti inanellati e una gran bellissima femmina.»—«Fai lesto a farmi vestire; voglio vedere quaiccosa ancora io»—fa i' Re. Vestito che è, va insieme co' i' maggiordomo.—«Vede, Maestà?»—«Oh che belle creature che son quelle, maschio e femmina: fanno proprio innamorare.»—E i' Re si sentiva brillare i' suo core dall'allegrezza, di mirare quella bella femmina: chè, si vede, i' sangue tirava. Era sua figlia, ma lui non lo sapeva. Chiama un servitore suo, Fido, e lo manda su i' Ponte—Vecchio[6] da i' suo orefice, che gli portasse una cassetta de' più bei vezzi che lui avesse, ricchissimi. Porta la cassetta l'orefice a Sua Maestà, che sceglie un vezzo dei più ricchi che lui avesse, lo mette in un vassojo di argento e ne manda a fare un regalo a questa bellissima femmina. Il Guardaportone che v'era alla porta, dice:—«Dove va Lei?»—«Si può andare da questi signori a fa' visita?»—«Sì. Aspettate, che passo parola!»—Passa parola.—«Dite che passi!»—Passa Fido, sale:—«Signori, si compiacciano che io possi passare?»—«Passate, passate, passate;»—tanto lei che lui.—«Sua Maestà Le manda questo piccolo regalo. Scuserà che lui ha preso questo ardire.»—«Oh! Oh! anzi! che è stato a incomodarsi. Ringraziatelo fortemente.»—Lei gli fa:—«I' avrei piacere molto che con le sue gentilissime mani me lo piantasse a i' collo i' Re.»—«Io gli porterò l'imbasciata e sentiranno la risposta che i' Re gli manderà.»—Va da i' Re e gli dice:—«Questo e questo, Maestà, m'ha risposto. La ringrazia infinitamente, ma gradirebbe che Lei con le Sue mani gnene mettesse a i' collo.»—«Benissimo!»—dice i' Re:—«È quello che io ci avrò piacere. Sai, devi ritornare là e dirgli che indispensabilmente che domani a ore quattro, gradirei che fossero a pranzo da me, se lo vogliono accettare.»—Va i' servitore, prende licenza da i' Re e gli porta l'imbasciata a questi due giovani.—«Si gradisce con tutto i' vero core di venire a pranzo da Sua Maestà; è quello che si brama. Anzi, venite qua. Tieni, questo è i' vassojo e questo è i' vezzo. Riportalo addietro; che oggi quando verrò a pranzo, Sua Maestà con le sue proprie mani me lo metterà a i' collo. E ringraziatelo di bel novo.»—Quando l'è l'ora, Sua Maestà fa attaccare la carrozza a sei cavalli, la carrozza più bella di gran gala che lui avesse, per andare a prendere questi giovani. Entra in carrozza e non fa altro che svoltare e accostarsi a i' palazzo di questi due giovani. Dato di braccio la servitù a i' Re, che scendesse di carrozza e salisse la scala d'ingresso, per entrare nel palazzo di questi due giovani; entra nella sala in dove l'erano a sedere. Dice Sua Maestà:—«Signori, ben trovati.»—«Oh Sua Maestà!»—Si rizzano tutti e due;