— Ho fatto per dargli una lezione. Così un'altra volta imparerà a non metter bocca nei discorsi degli altri. —
Erano giunti più che a mezza strada, quando la Volpe, fermandosi di punto in bianco, disse al burattino:
— Vuoi tu raddoppiare le tue monete d'oro?
— Cioè?
— Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?
— Magari! e la maniera?
— La maniera è facilissima. Invece di tornartene a casa tua, dovresti venir con noi.
— E dove mi volete condurre?
— Nel paese dei Barbagianni. —
Pinocchio ci pensò un poco, e poi disse risolutamente:
— No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andarmene a casa, dove c'è il mio babbo che m'aspetta. Chi lo sa, povero vecchio, quanto ha sospirato ieri, a non vedermi tornare. Purtroppo io sono stato un figliuolo cattivo, e il Grillo-parlante aveva ragione quando diceva: «I ragazzi disobbedienti non possono aver bene in questo mondo.» Ed io l'ho provato a mie spese, perchè mi sono capitate molte disgrazie, e anche ieri sera in casa di Mangiafoco ho corso pericolo.... Brrr! mi viene i bordoni soltanto a pensarci!
— Dunque, — disse la Volpe — vuoi proprio andare a casa tua? Allora va' pure, e tanto peggio per te.
— Tanto peggio per te! — ripetè il Gatto.
— Pensaci bene, Pinocchio, perchè tu dai un calcio alla fortuna.
— Alla fortuna! — ripetè il Gatto.
— I tuoi cinque zecchini, dall'oggi al domani sarebbero diventati duemila.
— Duemila! — ripetè il Gatto.
— Ma com'è mai possibile che diventino tanti? — domandò Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore.
— Te lo spiego subito; — disse la Volpe — bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c'è un campo benedetto chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro, per esempio, uno zecchino d'oro. Poi ricoprì la buca con un po' di terra: l'annaffi con due secchie d'acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell'albero carico di tanti zecchini d'oro quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno.
— Sicchè dunque — disse Pinocchio sempre più sbalordito — se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini vi troverei?
— È un conto facilissimo; — rispose la Volpe — un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque, e la mattina dopo trovi in tasca duemilacinquecento zecchini lampanti e sonanti.
— Oh che bella cosa! — gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza. — Appena che questi zecchini li avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voialtri due.
— Un regalo a noi? — gridò la Volpe sdegnandosi e chiamandosi offesa. — Dio te ne liberi!
— Te ne liberi! — ripetè il Gatto.
— Noi — riprese la Volpe — non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo per arricchire gli altri.
— Gli altri! — ripetè il Gatto.
— Che brave persone! — pensò dentro di sè Pinocchio: e dimenticandosi lì sul tamburo, del suo babbo, della casacca nuova, dell'Abbecedario e di tutti i buoni proponimenti fatti, disse alla Volpe e al Gatto:
— Andiamo subito, io vengo con voi. —
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