Massimo Longo E Maria Grazia Gullo

Un Quarto Di Luna


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Elio cercando di vedere non so quale stranezza.

      - Il cielo - ripeté.

      - Il cielo?

      - Si il cielo, è una cosa bellissima, ma spesso per molto tempo della nostra vita non alziamo la testa per guardarlo e non intendo guardarlo per vedere che tempo fa, ma ammirarlo in silenzio, come si fa con il mare, che essendo in una posizione favorevole agli occhi, è apprezzato con più frequenza. Tu ti fermi mai ad osservarlo?

      - No.

      - Eppure dovresti, è molto rinvigorente e mette tante cose nella giusta prospettiva.

      Elio si stupì di tanta profondità del cugino e rimase in silenzio con lui per un po' a fissarlo.

      Dal bianco accecante sino alle sfumature fumo, le nuvole stavano sospese tra due fasce di cielo, cielo plumbeo sotto di loro, cielo turchino sopra, misto ai riverberi ocra di un sole ormai quasi al tramonto che le rischiarava rendendo la loro sommità dorata e dando la sensazione di essere la luce di un altro mondo, lì a illuminare una vita che su loro si svolgeva. Dense, come albume montato a neve, quelle bianche, pasticciate, come nello sfogo pittorico di un bimbo di tre anni, quelle grigie.

      Fra tutte se ne distingueva una, dalla forma di unicorno, che si stagliava scura sullo sfondo bianco come se il grigio animale corresse sulle bianche praterie celesti. Proprio come in un affresco del Tiepolo, questo soffitto sfondato naturale tendeva all’infinito che c’è oltre il visibile, al mistero che fa sentire le nostre anime piccole e allo stesso tempo eterne.

      Libero all’improvviso saltò giù dal trattore.

      - Adesso ho fame - disse ridendo a voce alta

      - Tu non ne hai Elio?

      - Si.

      - Allora salta giù e andiamo a mangiare, magari la prossima volta ti faccio fare un giro con il trattore.

      E si avviò verso casa.

      Elio non perse tempo e lo seguì, la fame tornava a farsi sentire.

      Quarto Capitolo

      Come un cattivo presagio, mormorava parole in una lingua sconosciuta

      Elio si alzò di buon'ora, era inevitabile cedere alla zia che continuava a chiamarlo con insistenza. Fuori era appena l’aurora, guardò il cielo che albeggiava e ripensò per un attimo al tramonto della sera prima, alla sensazione di pace provata in quegli attimi, ma durò poco, le sue orecchie cominciarono a fischiare, un fischio sordo, pungente, che gli tagliava l’anima e lo faceva ripiombare nella sua fredda realtà.

      Elio si trascinò ancora in pigiama fino alla cucina, sperando di svegliarsi un po' con la colazione.

      La zia, il cugino e sua sorella erano già vestiti e pettinati come se fossero le otto del mattino e non solo le cinque e trenta! C’era aria di festa, suo cugino Ercole sarebbe tornato dal campo scout. Ida era eccitata per il rientro del figlio, era stato via per ben cinque giorni, era sempre preoccupata quando i suoi figli erano fuori casa per l’incidente accaduto a Libero da ragazzo e non avrebbe mai voluto perderli di vista.

      Il sergente Ida, appena avvistato l’insubordinato Elio, lo cacciò immediatamente via dalla cucina perché andasse a lavarsi e sistemarsi.

      Ida era una donna forte, temprata dalle vicissitudini della vita. Dopo la morte del marito e il problema con il figlio, si era dovuta adattare ad uno stile di vita completamente diverso da quello cittadino, che aveva segnato la sua vita nei primi anni di matrimonio.

      Dura e decisa, aveva preso di petto quella nuova sfida. Più di una volta si era ritrovata sola a piangere per la disperazione, ma non si era lasciata piegare.

      La sua aria da generale non doveva ingannare, dentro era morbida come il cuore di un soufflé.

      Poco dopo Elio ritornò vestito e quasi sistemato, anche se l’umore era nero e la fame gli era rimasta.

      Si sentiva il profumo del latte e cioccolata, ma soprattutto dei biscotti giganti fatti dalla zia il giorno prima, che era rimasto nell’aria.

      Erano delle enormi trecce al latte impastate con diversi aromi: alla cannella, all’anice e, per non farsi mancare niente, le sue preferite al sesamo.

      Sua sorella e Libero stavano già inzuppandole nel latte.

      Libero gli chiese:

      - Sai chi torna oggi?

      Elio si stupì della domanda:

      - Chi? - rispose.

      - Ercole, il mio fratellino!

      Elio non disse niente ma si era completamente dimenticato del cugino suo coetaneo.

      - Da dove? - chiese come se il giorno prima non ne avessero parlato.

      - Come da dove? - rispose Gaia - L’ha detto ieri la zia.

      - Torna dal campo scout - disse sorridendo Libero.

      - Oggi la soffitta vi aspetta - suggerì la zia con tono che non ammetteva repliche - Muoviti Elio, finisci la colazione e mettiti al lavoro. Gaia arriverà ad aiutarti fra un po', adesso ho bisogno di lei per una commissione.

      Elio finì di bere il latte in un sorso pensando con sollievo al fatto che per un po' sarebbe stato da solo in soffitta in tutta tranquillità. Godeva all'idea di infilare nelle orecchie le cuffie del suo amato lettore mp3.

      Guardò in giro senza trovarlo, poi tornò in cucina e chiese:

      - Qualcuno ha visto il mio lettore in giro?

      - Purtroppo, ieri è rimasto vittima di un incidente. Lo avevi abbandonato sul divano e quando l'ho aperto per prepararvi il letto è finito incastrato in mezzo al meccanismo di estrazione della rete…non ne è rimasto molto, ma ti ho conservato la scheda di memoria - raccontò la zia e, prendendola da un piattino decorativo appoggiato sulla credenza, gliela porse.

      La giornata era proprio cominciata male, pensò il ragazzo, salì la scaletta che portava in soffitta con la lentezza che lo contraddistingueva e accese la luce.

      Ovunque c’erano accatastate cose, avrebbero dovuto pulire e creare uno spazio dove preparare i letti, troppa fatica per lui solo a pensarci. Così decise di aprire la grande finestra centrale, per far entrare aria e luce, e poi sedersi da qualche parte ad oziare in attesa di Gaia.

      I suoi occhi videro qualcosa che lo colpirono, un libro su una vecchia cassa di legno, come quello che lo strano signore entrato nel loro scompartimento leggeva.

      Veramente una strana coincidenza, non era certo un best-seller alla moda, questo lo inquietò. D’improvviso si spense la luce ed Elio cominciò a sentire la strana voce che, come un cattivo presagio, mormorava parole in una lingua sconosciuta al suo orecchio.

      Pur sapendo come non fosse possibile, ebbe il terrore che quell’uomo si potesse trovare lì, con lui, al buio. Cercò l’interruttore della luce ma non riuscì a riaccenderla, doveva essersi fulminata la lampadina. Una paura profonda s’impossessò di lui, la voce era sempre più forte, la sentiva risuonare dentro la sua testa. A tentoni cercò di arrivare alla finestra, trascinando con sé gli oggetti che incontrava al suo passaggio.

      Arrivato alla maniglia, non riuscì ad aprirla, allora, fuori di sé, cominciò a prenderla a pugni nella speranza di sbloccarla.

      Tremava e sudava freddo.

      Ad un tratto si accese la luce, Elio si girò di scatto, avrebbe voluto urlare, ma la voce gli era morta in gola.

      Vide Gaia.

      - Elio stai bene? Cos’è tutto questo rumore? Ti sei fatto male?

      Il ragazzo, bianco come un lenzuolo, aveva lo sguardo stravolto e tremante.

      Gaia lo abbracciò forte preoccupata e gli sussurrò:

      - Va tutto bene? Ti è successo di nuovo, vero? Quella strana cosa che ti fa andare in confusione….

      Elio non rispondeva, né ricambiava