A. C. Meyer

La Fidanzata Perfetta


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che avrebbe fatto sciogliere anche i ghiacciai dell’Alaska.

      Quell’uomo era bello. Melissa non poteva negarlo, ma tutto quello che vedeva quando lo guardava era il suo capo e un suo amico. A differenza di Jonas, che lei definiva carino ma ordinario. Quel tipo era la canaglia più spudorata che avesse mai incontrato e che, a causa del lavoro, era costretta a sopportare.

      — Non c’è di che — continuò lei, senza perdere il filo del discorso mentre camminavano lungo i corridoi. — Ho lasciato tutto quello che è stato pubblicato sulla tua scrivania e… Oh, merda! — mormorò, vedendo Mauro uscire dalla stanza del presidente.

      Prima che Bruno potesse fare qualcosa, lei lo spinse in un ufficio e andò avanti, facendo fermare davanti a sé l’uomo sulla cinquantina, che aveva chiaramente i capelli neri tinti per sembrare più giovane e la pelle di un colorito arancione a causa delle sedute di lampade abbronzanti. Lui aprì la bocca ma Melissa non lo lasciò parlare.

       — Ciao Mauro! Sono appena arrivata dalla reception e Michelle X stava aspettando di parlare con te. — La bocca dell’uomo si aprì e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa quando sentì parlare dell’attrice porno che diceva di voler essere rappresentata dalla Star, anche se lui le aveva detto innumerevoli volte che non lavoravano in quel settore. — Vuoi che la faccia passare? — domandò, con un’aria innocente.

      — Shh! — mormorò lui, agitando le mani per farle abbassare la voce. — Non mi hai visto. Non sono qui! — E poi si voltò, tornò nel suo ufficio, come se mille demoni lo stessero inseguendo.

      Quando la porta si chiuse, Bruno uscì dal suo nascondiglio e i due camminarono di nuovo lungo i corridoi fino a raggiungere il suo ufficio.

      Bevendo un sorso generoso di caffè appena fatto , il giovane dirigente si sedette sulla sedia di pelle e iniziò a rovistare tra la pila di notizie lasciate da Melissa e sentì il suo stomaco contorcersi al pensiero della mole di lavoro necessaria per sistemare quel casino. In giornate come quella, Bruno si sentiva come se avesse cinquant’anni e non solo venticinque.

      Mentre accendeva il computer, sentì Mel rispondere al telefono. La donna agitò la mano verso di lui. Prendendo l’auricolare posto sulla sua scrivania, se lo mise all’orecchio nel momento esatto in cui la sua assistente iniziava a parlare :

      — Certo, Raquel, Bruno adesso prenderà la chiamata — Mel passò la telefonata a Bruno che rispose alla stilista con una voce così soave che faceva sospirare tutte le donne.

       — Ciao, Raquel! Come sta la mia stilista preferita? — Sapeva che stava usando un tono adulatorio ma era necessario, dato che la giovane stilista era responsabile della realizzazione dell’immagine di Jonas in tutti gli eventi a cui partecipava.

      — Molto bene. — La voce all’altro capo del telefono suonò devastante. — Soprattutto perché non ho più intenzione di sopportare il tuo amico donnaiolo. Oggi quattro coppie hanno cancellato la loro partecipazione all’evento previsto qui in negozio. Gli uomini sono spaventati a morte dalla possibilità che le loro mogli possano essere sedotte sotto il loro naso. Inoltre, ha spezzato il cuore della mia migliore assistente, che si è licenziata e ha deciso di tornare a casa dei suoi genitori, nell’entroterra, perché Jonas le ha promesso mari e monti per poterla portare a letto.

      Oh, maledizione, pensò Bruno. L’uragano Jonas Lopes stava lasciando una scia di distruzione ovunque passava. Bruno sospirò mentre ascoltava la grafica lamentarsi, si passò le mani tra i capelli corti e parlò non appena la donna fece una pausa per riprendere fiato.

      — Raquel, siamo amici da molti anni...

      Lei lo interruppe:

      — E Jonas si comporta in questo modo da anni!

      — Sai che non ha cattive intenzioni… è un ragazzo molto… affettuoso. —Bruno ammorbidì il tono della sua voce e Melissa si lasciò scappare una risata mentre si occupava dell’altro telefono che squillava.

      — Affettuoso? — La voce di Raquel risuonò un po’ stridula. — È un mascalzone, una canaglia, un cane, Bruno! Non ho annullato prima il contratto con lui per colpa tua! Sai che ti voglio bene ma non posso continuare in questo modo con Jonas…

      Bruno approfittò del momento.

      — Ti prometto che sistemerò tutto, Raquel. Non abbandonarmi, va bene? — le disse con un tono seducente. Respirò un po’ più sollevato, avvertendo il sospiro della stilista.

      — Se non cambia nelle prossime settimane, il nostro contratto verrà cancellato. Ed è inutile che vieni da me con quella voce da ragazzino sofferente! — disse lei, ridendo.

      Nell’ora successiva, Mel e lui risposero a una miriade di telefonate riguardanti lenotizie degli ultimi giorni. Anche se riuscirono a placare l’insoddisfazione di alcuni dirigenti come il direttore del marketing dell’azienda di bevande di cui Jonas era lo sponsor, il risultato finale delle chiamate fu a dir poco desolante.

      — Due contratti cancellati con gli sponsor, cinque inviti a eventi disdetti, otto proposte commerciali rifiutate, oltre a perdere il ruolo da protagonista nella prossima soap opera. — Mel elencò con attenzione mentre Bruno si passava le mani tra i capelli castano scuro in preda alla frustrazione. La ragazza sorrise per come lui aveva scompigliato i suoi capelli lisci, trovando incredibile come potesse sembrare ancora più bello.

      Bruno era il tipo d’uomo che poteva avere tutte le donne che voleva. Con un’intelligenza superiore alla media, un modo di parlare che poteva convincere chiunque e uno sguardo sorprendentemente dolce, quell’uomo era come il miele in un alveare. Entrava nel radar della maggior parte delle donne in lizza per la sua attenzione… Beh, questo quando Jonas non gli rubava le ragazze che gli interessavano. Era il peso di essere il migliore amico del principe delle soap opera, ripeteva ormai rassegnato l’agente.

      — Che cazzo — mormorò, mentre si apriva la porta del suo ufficio.

      Mauro apparve dal nulla con un’espressione piuttosto insoddisfatta.

      — Tu. Nel mio ufficio. Ora.

      L’uomo si voltò senza dare a Bruno la possibilità di rispondere, aprendo la porta con forza mentre usciva.

      Bruno si alzò, si tolse l’auricolare dall’orecchio, si sistemò il nodo della cravatta e si rivolse alla sua assistente.

      — Mel, chiama Jonas. Chiedigli di incontrarmi in quel ristorante italiano che ci piace tanto.

      — A mezzogiorno? — chiese la donna. Bruno annuì e uscì dall’ufficio, sentendo il suo mal di testa peggiorare mentre si avvicinava all’ufficio del suo capo.

      La segretaria di Mauro sorrise non appena lo vide, come faceva sempre. Bruno si avvicinò a Lurdinha, una donna di circa sessant’anni, che curava con mano ferrea l’agenda del presidente della società. Chinandosi, le diede un bacio sulla guancia paffuta; la donna rise e gli passò con affetto una mano sul viso.

      — Prendilo con calma, figliolo. È molto nervoso.

      — Non mi dire… — mormorò, incamminandosi verso la porta socchiusa.

      — Devi fare in modo che quel ragazzo si calmi. Trovagli una bella fidanzata... — disse la donna e Bruno rise.

      — Vediamo che cosa posso fare — le fece l’occhiolino, facendola sorridere ancora di più.

      Bruno attraversò l’ufficio, dirigendosi verso la sedia dall’altra parte della scrivania di Mauro. Mentre camminava, il suo sguardo percorse il pannello che copriva la parete laterale, sul quale vi erano fotografie di artisti, musicisti, personalità e sportivi. L’uomo era una leggenda vivente nell’ambiente artistico, poiché rappresentava i nomi più importanti sul mercato. Bruno non fece in tempo a sedersi che Mauro iniziò a parlare:

      — Lavoro in questo settore da molti anni, Bruno, e ho rappresentato ogni tipo di artista. Permaloso, esigente, noioso… ma è la prima volta che ho a che fare con uno che fa di tutto per buttare la propria carriera nel cesso.

      —