Angel Martinez

Sangue Scremato & Versi Violenti


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ho avuto la possibilità di esaminarlo. È possibile che il libro fosse antico e di sicuro si qualifica come raro».

      «Sicuro come la morte», mormorò Amanda.

      Seguirono il percorso su per gli scalini di marmo fino al terzo piano, dove Carrington li condusse a una breve rampa di scale dietro una porta a vetri. Questa dichiarava Reparto Libri Rari in lettere dorate al centro, con un ulteriore avviso dipinto sulla partizione di vetro alla sinistra della porta in più sobrie lettere nere: Per favore suonare il campanello per entrare.

      «Per favore bussare se non è richiesta una risposta», mormorò Carrington mentre premeva il pulsante.

      «Cosa?»

      «Niente. Scusa. Citazione di Winnie the Pooh».

      Amanda unì le sopracciglia. «Capito. È uno dei tuoi giorni strani».

      Ci volle qualche minuto a camminare avanti e indietro e una seconda scampanellata prima che uno dei bibliotecari, un giovane afroamericano, scendesse in fretta le scale. Magro come un manico di scopa e più basso della media, arrivò apparentemente senza fiato, ansimando mentre apriva la porta.

      «Ehi, scusate, avevate un appuntamento?»

      Carrington per poco non si colpì la fronte. Ovvio. L’accesso alla sezione Libri Rari era su appuntamento. Avrebbe dovuto chiamare per cortesia. «No, noi…»

      «Oh. Mi dispiace davvero, ma il tour era alle undici di stamattina, e al momento ci sono solo io qui».

      Il che significa che non fai tour? O hai altri doveri urgenti in un reparto pieno di libri antichi dentro delle teche e non puoi fare tour quando sei solo? Carrington spinse da parte le sue divaganti speculazioni ed estrasse il distintivo. «Sono l’agente Loveless. Lei è l’agente Zacchini. Ci serve solo un attimo del suo tempo, per favore».

      Occhi scuri saettarono tra Carrington e Amanda in modo preoccupato. «È successo qualcosa? Mia madre sta bene?»

      «Non ho alcuna informazione su sua madre. Abbiamo solo qualche domanda. È la sua competenza sui libri insoliti che ci serve».

      Il bibliotecario si afflosciò con visibile sollievo e tenne aperta la porta. «Entrate, agenti. Sono Erasmus Graham, uno dei bibliotecari in organico. Il mio settore specifico è Beatrix Potter, ma vi aiuterò come posso».

      «Beatrix Potter?» Amanda si sfilò la giacca mentre entravano in una stanza contornata di teche chiuse di libri sotto vetro. «Come Peter Coniglio?»

      La risatina di Graham fu calda e autocritica. «Sì. Abbiamo la più grande collezione di disegni della signorina Potter della nazione, qui. Passo buona parte delle mie giornate con affascinanti conigli e anatre inglesi».

      «Al mondo farebbe comodo un po’ più di fascino». Carrington si fermò davanti a una teca di vetro con un corvo impagliato la cui targa dichiarava che l’uccello era Grip, animale domestico di Charles Dickens e musa di Edgar Allan Poe. Mi chiedo se fosse parente del nostro Edgar. «Signor Graham, siamo del 77°. L’unità crimini paranormali».

      «Erasmus, vi prego». Li condusse a una scrivania ed estrasse abbastanza sedie perché tutti potessero accomodarsi. «Sento parlare della vostra unità a volte. La cugina della moglie di mia madre è la comandante della vostra stazione».

      «Oh, grazie al pane imburrato», disse Amanda. «Doverci spiegare a volte richiede più tempo delle domande».

      La risata di Erasmus fu lieve e smorzata, come dovrebbe essere quella di un bibliotecario. Era difficile immaginare che alzasse mai la voce. «Allora, come posso aiutarvi, agenti? State cercando un antico manoscritto?»

      «Forse». Carrington si mosse a disagio sulla sedia di metallo, appoggiò una caviglia sul ginocchio, incrociò le gambe, infine passò a una posa rilassata a gambe allungate. La nonchalance era più difficile quando ti faceva male il sedere. «Abbiamo incontrato uno strano libro oggi. O meglio, io l’ho incontrato. Amanda non l’ha visto».

      Erasmus aveva una matita pronta su un blocco note come se avesse avuto bisogno di prendere appunti. «Era strano l’argomento? La lingua?»

      «Ha colpito in faccia Carr, l’agente Loveless, con delle parole».

      «Delle… parole?» Erasmus mise giù la matita e si tirò il lobo dell’orecchio destro. «Non sono sicuro di capire».

      «Ho avuto un incontro paranormale questo pomeriggio». Carrington si spostò di nuovo in avanti, le mani unite tra le ginocchia. A volte il contatto visivo prolungato aiutava i normali umani a credere a quello che diceva, anche se doveva ammettere che funzionava meglio con quelli di scarsa intelligenza. «C’era un libro su un tavolo che si muoveva per conto suo. Si è dondolato un po’ sulla copertina e quando ho tentato di parlargli mi ha lanciato contro delle parole offensive. Effettive lettere fisiche che mi hanno colpito alla testa».

      Lo strattonamento d’orecchio peggiorò ed Erasmus aprì la bocca parecchie volte prima di sbottare con: «Un libro l’ha presa a pugni?»

      Carrington si lasciò ricadere la testa tra le mani.

      «A volte se lo dimentica». La voce di Amanda tremava e non era per le lacrime. «Non tutti hanno a che fare con la merda che vediamo noi. Alcune delle cose paranormali in cui ci imbattiamo sono cose normali. Come vampiri e lupi mannari».

      Erasmus fece un verso che avrebbe potuto fungere anche da cigolio di una sedia. «D’accordo. Immagino che per la vostra unità quelli siano normali… più o meno».

      «Già. Ma a volte ci imbattiamo in cose che dovrebbero essere immuoventi… Carr? Qual è la parola?»

      «Inanimate».

      «Quello. Ma quelle cose si muovono di loro volontà. Abbiamo un giubbotto spaccone che è una specie di consulente per la stazione. Pensa di essere divertente, ma il suo cuore è al posto giusto. Anche se… Sai cosa intendo. Quindi questo libro si muoveva per conto suo. Carr ha pensato che forse poteva parlarci, invece lui gli ha sputato contro brutte parole dure. Gli ha perfino lasciato il segno».

      «Portando il concetto di parole che feriscono un po’ troppo oltre». Erasmus gli mise una mano sulla spalla e la lasciò lì fino a quando Carrington alzò lo sguardo. «Sta bene?»

      Arrestato da caldi occhi scuri, lui annuì. Occhi adorabili. Se solo fosse più grosso. Un po’ meno scheletrico. «Sì, bene. Mi hanno tirato addosso di peggio. Il motivo per cui siamo venuti qui è chiedere se tu o i tuoi colleghi abbiate mai sentito parlare di un libro simile».

      «Non ho mai sentito niente del genere». Erasmus riprese la matita. «Cosa le ha detto? O, ah, tirato addosso? Se è qualcosa che non le dispiace dirmi».

      Carrington si sforzò di ricordare tutte le parole volanti, ma lo shock del momento le aveva allontanate quasi tutte. «Temo di non poterle citare testualmente. Di sicuro c’era qualcosa sulla pelle d’anguilla. E una lingua secca di bue».

      Erasmus sbuffò dal naso e si strozzò, alzando una mano mentre tossiva per riprendere il controllo. «Mi dispiace. Non è davvero divertente».

      «Già. Sono piuttosto sicura che lo sia», disse Amanda, anche se non aveva fatto neppure un sorriso.

      «Un attimo. Sembra Shakespeariano». Erasmus scrisse rapidamente sul telefono. «Sì. Lo è. Enrico IV, Parte 1».

      «Con Falstaff?» Carrington prese il telefono che gli veniva porto, ed eccola là, l’esatta citazione che gli era saltata addosso, nel contesto della sua scena della commedia. «Sì. Hal e Falstaff che si scambiano insulti. Ecco cosa mi ha lanciato contro il libro».

      Un sorriso luminoso aveva acceso il volto di Erasmus al riconoscimento del personaggio da parte di Carrington, al punto che si sarebbe pensato che avesse detto qualcosa di enormemente intelligente e originale. Lui capiva, ovviamente. Fare una citazione letteraria ed essere capiti da qualcuno? Valeva un sorriso.

      «Potrebbe aiutare a rintracciare il libro, se sapessimo qual è il suo