a Brescia, scontro in aula tra il Pdl e la Boldrini
Brunetta rimprovera duramente alla Boldrini di non aver condannato l'aggressione subita a Brescia. Lei ribatte: "Non condanno ogni episodio che attiene alla politica"
Tensione alle stelle, a Montecitorio, tra la presidente della Camera, Laura Boldrini, e i deputati del Pdl.
La discussione si è accesa sui disordini di Brescia, avvenuti sabato scorso durante la manifestazione di piazza del Pdl e le contestazioni, alcune molto violente, messe in atto dai militanti della sinistra. A dare il via alla polemica è Simone Baldelli (Pdl). La Boldrini glissa con alcune venature ironiche. Arrivano poi gli interventi di Rosato per il Pd e Di Battista per M5S.
Baldelli ricorda "il clima d’odio di questi giorni" e, rivolgendosi alla presidente della Camera, dice che "l’art.8 prevede anche, oltre al lodevole impegno contro il femminicidio, che lei rappresenti la Camere, sia detto senza polemiche, un principio di solidarietà democratica verso le forze che rappresentano la nazione". E, proseguendo nel suo intervento, va all'attacco: "Avremmo avuto piacere di ascoltare parole di solidarietà, immediate e incondizionate come lo sono state da parte nostra nei suoi confronti per i fischi con i quali lei è stata ingiustamente contestata a Civitanova e per gli insulti che ella ha annunciato di aver ricevuto via Internet". Applaude il Pdl. Baldelli aggiunge che "questa è solidarietà democratica, al di là delle divisioni tra noi su giustizia, processi e questioni economiche nel Paese".
Gelida e molto sintetica la replica della Boldrini: "Pensavo che il suo fosse un intervento per richiamo al regolamento.
Evidentemente avevo capito male...", ripete un paio di volte, calcando sulle parole. Forti applasi da una parte dell'emiciclo. Il dibattito che ne segue, a colpi di "fioretto", spazia da Brescia, al caso Kyenge, alle aggressioni di Milano.
A inasprire i toni del dibattito è il capogruppo del Pdl, Renato Brunetta che già all’inizio del suo intervento polemizza con la presidente Laura Boldrini: "Visto che mi ha chiamato onorevole e sono invece presidente del gruppo, io non la chiamerò presidente". Poi Brunetta torna sulla questione della mancata solidarietà sulle contestazioni a Brescia: "Io c’ero a Brescia e ho visto le bandiere e gli insulti del suo partito e i teppisti che stavano sotto le bandiere del suo partito, Sel. Le chiedo se lei usa due pesi e due misure per esprimere la solidarietà".
Pressata dal Pdl la Boldrini ricorda che la presidente della Camera "non solidarizza o condanna ogni episodio che attiene allo svolgimento di attività politiche o di partito. Non si può pretendere questo perché così facendo il presidente della Camera finirebbe per entrare nell’agone politico, a danno del suo ruolo di garanzia indispensabile per il funzionamento del sistema".
Da: Il Giornale.
Francesca Angeli - Mer, 08/05/2013
Immigrati, altolà di Grasso: «In Italia solo per partorire»
Roma. Pietro Grasso non è contrario allo ius soli. Ma lo vuole molto molto «ristretto». Evidentemente non tutta la sinistra è convinta che l'integrazione passi attraverso l'automatica concessione della cittadinanza a chi nasce nel nostro paese.
Ed infatti a frenare gli entusiasmi del ministro per l'Integrazione, Cécile Kyenge, che ha trovato una fervida alleata nel presidente della Camera, Laura Boldrini, è la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato, Pietro Grasso: «Non possiamo fare in modo che l'Italia diventi il paese dove sbarcano le puerpere soltanto per ottenere la cittadinanza italiana per i figli - taglia corto Grasso - Ci vogliono regole». L'ex procuratore nazionale antimafia quando parla di regole intende precisi paletti che vadano a restringere l'accesso a quel diritto perché il suo timore è che si venga in Italia a frotte soltanto per ottenere la cittadinanza. Le ragioni sono evidenti: la facilità di accesso attraverso i nostri confini e il nostro sistema sanitario che, seppure assai vituperato negli ultimi anni, offre garanzie molto più alte di assistenza gratuita rispetto ad altri paesi.
«Lo ius soli va temperato dallo ius culturae - spiega Grasso - la possibilità di dare la cittadinanza a coloro che hanno imparato o seguito un corso professionale nel nostro paese. Oppure che almeno un genitore soggiorni nel nostro paese da almeno cinque anni, che uno dei genitori sia nato nel nostro paese e vi soggiorni quando è nato il figlio». Insomma giusto dare la cittadinanza a chi condivide il nostro modo di vivere, la nostra cultura e tradizioni come indubbiamente accade per molti ragazzi nati e cresciuti qui. «Ci sono giovani che frequentano le nostre scuole e tifano le nostre squadre - prosegue Grasso - si sentono italiani e questo è molto bello. Perché non dare a questa umanità la possibilità di condividere quello che l'Italia può dare?». La posizione di Grasso risulta così ugualmente distante sia da quella del ministro Kyenge sostenuta da una parte del Pd e da Sel, sia da quella del centrodestra che è schierato in buona parte per lo ius sanguinis: sei italiano, se sei figlio di italiani.
Ma che dimensione ha questo fenomeno al momento? Ci sono circa 140mila richieste in attesa di ottenere una risposta. Dal 2008 al 2010 si sono concluse con esito favorevole circa 40mila procedimenti all'anno, comprendendo sia chi ha ottenuto la cittadinanza per residenza sia chi è diventato italiano con il matrimonio. Cifre piuttosto ridotte che sembrano dar ragione al sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, che esprime apprezzamento per il ministro Kyenge ma giudica un errore «porre per prima una questione come lo ius soli che è meno sentita dalla comunità straniera». Le priorità degli immigrati, dice Tosi, sono altre: il lavoro, la casa, la scuola.
Oltre a quello sullo ius soli Grasso ha aperto anche un altro fronte di polemica questa volta all'indirizzo dei suoi colleghi senatori. Il presidente ha deciso che attiverà un registro delle presenze in aula, come a scuola, rendendo pubblici i nomi di presenti ed assenti. «Non si potrà mai obbligare nessuno ad essere presente - osserva Grasso - perché i senatori non sono dei dipendenti ma devono rispondere ai loro elettori ed io credo che il consenso per i parlamentari sia molto importante». Nessun obbligo certo ma brutta figura garantita per chi dovesse risultare un assenteista. E Grasso ritiene pure che si possa anche «fare a meno» dei senatori a vita. Qualcosa di superato perché «si tratta di una nomina che risale al periodo regio».
Da: Il Giornale
Paolo Guzzanti - Dom, 12/05/2013
La Boldrini difende le donne ma solo se sono di sinistra
Neanche una parola dalla presidente della Camera per le militanti del Pdl insultate a Brescia. Comprensibile l’imbarazzo, l’attacco èarrivato anche da Sel. Ma il suo silenzio offende tutti
Gli insulti erano per le donne in quanto donne. Speciali perché donne. Bottiglie di vetriolo fatte di parole, perché donne. Altrimenti non ci sarebbero stati insulti differenziati, per così dire.
Il presidente della Camera, Laura Boldrini
E quegli insulti provenivano per lo più dai manipoli di Sinistra Libertà ed Ecologia, ovvero dallo stesso Sel che ha portato in Parlamento Laura Boldrini, poi eletta presidente della Camera dall'agonizzante Bersani. La Boldrini è la stessa persona che ha giustamente chiamato a raccolta l'opinione pubblica di ogni tendenza per difendere la propria dignità femminile e di cittadina offesa dalle sconcezze scaricatele addosso via web. Che cosa ha da dire oggi la presidente Boldrini a quei compagni di partito che hanno sfregiato con insulti sessisti le donne che stavano ieri a Brescia con Silvio Berlusconi? Finora neanche una parola.
Un uomo è stato selvaggiamente picchiato dai contestatori mentre cercava di sottrarre alla loro ira alcuni anziani, uomini e donne. L'aggredito è stato curato, ferito e sanguinante. Ma sono state le donne quelle prese di mira con insulti dedicati al loro genere, come il vetriolo che in questi giorni è alla ribalta nelle cronache. Un cartello, ad esempio, avvertiva che le contestatrici di sinistra considerano se stesse «donne verticali» per definire le donne contestate, le odiate berlusconiane, come «donne orizzontali». La donna più insultata, oltre che contestata, è stata Daniela Santanchè rimasta chiusa in albergo finché non ha potuto ottenere lo spazio fisico per raggiungere la manifestazione. A lei