colpo.
Scese da cavallo e s’avvicinò alla marchesa che lo guardava sorridendo, e le mise sulle ginocchia il volatile dicendo:
– Lo conserverete per mio ricordo, signora; cosí quando io sarò partito vi ricorderete qualche volta di me.
– Volete dunque partire? – chiese la bella vedova.
– È probabile che questa sera io non sia piú a San Domingo – rispose il conte.
– Allora voi accetterete di far colazione con me.
– Non rifiuto mai la compagnia d’una signora, specialmente quando è bella e amabile come voi.
– Ah, conte!…
Si era alzata. Fece con la mano un gesto d’addio ai cavalieri che stavano allineati dinanzi al palco scoperto, e salí lestamente il magnifico scalone di pietra, mentre la folla si disperdeva.
Il conte di Ventimiglia, l’aveva seguita insieme al maggiordomo e dalle donne di casa.
La marchesa gli fece attraversare parecchie sale riccamente decorate ed elegantemente ammobiliate, e infine entrò in un salotto da pranzo, non molto vasto, con le pareti coperte di cuoio rosso di Cordova e il soffitto dorato.
Nel mezzo una tavola era imbandita con posate e piatti d’oro e magnifici trionfi d’argento contenenti le piú svariate frutta dei climi tropicali.
Non vi erano che due poltrone l’una accanto all’altra.
– Signor conte, – disse la marchesa – vi avverto che oggi non ho invitati: cosí potremo parlare liberamente come due buoni amici.
– Vi ringrazio, marchesa, di questa delicata attenzione.
– E poi devo chiedervi qualche informazione.
– A me! – esclamò il corsaro con stupore.
– A voi! – rispose la marchesa di Montelimar, sulla cui bella fronte era apparsa una leggera ruga.
– E se vi dicessi che io desideravo vivamente rivedervi, prima di spiegare le vele, per chiedervi anch’io un’informazione, che cosa direste?
Questa volta fu la marchesa che fece un gesto di sorpresa.
– A me! – esclamò. – Mi conoscevate voi, conte, prima di gettare le vostre âncore in questo porto?
– No: avevo solamente udito parlare dei Montelimar.
– Di mio marito?
– No, d’un vostro cognato che molti anni or sono doveva coprire la carica di governatore di Maracaibo.
– Infatti mio marito aveva un fratello governatore.
– L’avete mai veduto quel Montelimar?
– Sí, due anni or sono feci la sua conoscenza a Portorico.
L’entrata di quattro servi negri, i quali portavano le vivande su dei larghi piatti d’argento cesellato e alcuni canestri contenenti polverose bottiglie, fece interrompere la conversazione.
– Facciamo colazione ora – disse la marchesa al conte. – Gli uomini di mare devono esser dotati d’un buon appetito e spero, signor de Miranda, che farete onore ai miei cuochi.
– Quando suona la campana del mezzodí i nostri stomachi sono sempre pronti, marchesa. Se vedeste i miei marinai che terribile assalto danno alle tavole!
– Mi piacerebbe assistervi.
– Se rimanessi ancora qualche giorno nel porto sarei onoratissimo di ricevervi sulla mia nave. Disgraziatamente dubito di essere ancora qui domani.
– Ma voi mi diceste che vi avevano mandato per proteggere la città da un assalto combinato fra filibustieri e bucanieri.
– Questo pericolo non c’è piú, ormai – rispose il conte con aria un po’ imbarazzata. – Mi avevano detto che parecchie navi sospette si erano vedute nelle acque di Jonaires, veleggianti verso il sud: stamane invece sono stato avvertito che si erano allontanate in direzione della Tortue. Andrò appunto a sorvegliare quei paraggi, per accertarmi della cosa.
– E per calare a fondo quelle navi?
– Sí, se mi sarà possibile.
– Sono formidabili quei filibustieri!
– Montano all’abbordaggio come diavoli, marchesa, e quando sparano una fucilata uccidono sempre.
Prese una bottiglia, che i servi avevano già stappata, ed empí due bicchieri dicendo:
– Alla vostra bellezza, marchesa!
– Alla vostra nave, capitano! – rispose la signora di Montelimar.
Il conte vuotò il suo bicchiere tutto d’un fiato, fece segno ai servi negri di uscire, poi, guardando fisso la marchesa, riprese:
– Ed ora, signora, se non vi spiace, riprendiamo la nostra conversazione. Voi mi avete detto d’aver conosciuto vostro cognato a Portorico?
– È vero, conte.
– Quando?
– Due anni or sono.
– Sapreste dirmi dove si trova ora?
– A Pueblo-Viejo, mi hanno detto. So che nei dintorni di quella città ha vastissime piantagioni di canna da zucchero.
– Ah! – fece il conte corrugando la fronte. – Vostro marito vi ha mai parlato dell’esecuzione avvenuta per ordine di vostro cognato, di due famosi corsari che si facevano chiamare l’uno Corsaro Rosso e l’altro il Corsaro Verde, e che erano due gentiluomini italiani?
La marchesa guardò il conte con una certa ansietà, poi disse:
– Sí, mi ha parlato spesso di quei due corsari, ma ve n’era anche un altro, che poi scomparve con la figlia del duca Wan Guld.
– Quello si chiamava il Corsaro Nero – disse il conte – e non fu impiccato come i suoi fratelli. Non sapreste dirmi chi furono quelli che decretarono e che applicarono a quei due gentiluomini la pena di morte?
– No, ma ve lo potrebbe dire mio cognato. Io allora ero bambina e non abitavo a Maracaibo. Ora vorrei sapere perché v’interessate di quell’avvenimento. Avete conosciuto forse quei terribili filibustieri che fecero tremare per tanti anni le nostre colonie del golfo del Messico?
– È un segreto che non vi posso svelare, marchesa, – rispose il figlio del Corsaro Rosso, il quale era diventato cupo. – Mi avete detto che vostro cognato deve trovarsi a Pueblo-Viejo; questo può bastarmi per ora. Qui vostro cognato deve possedere dei beni, quindi deve avere un amministratore ed un segretario.
– Volete parlare del cavaliere Barquisimeto?
– Precisamente, marchesa.
– Si trova infatti qui – rispose la marchesa. – Ma deve partire da un momento all’altro sul galeone la Santa Maria che si reca al Messico. Porterà, io credo, le somme ricavate dalle piantagioni di mio cognato.
– Sulla Santa Maria, avete detto! – esclamò il conte, mentre un lampo vivissimo illuminava i suoi occhi.
– Me lo disse egli stesso tre giorni fa.
– Ora ne so piú di quanto desideravo, marchesa; e vi ringrazio delle preziose informazioni che mi avete date.
– Preziose?
– Piú di quanto crediate – rispose il conte.
– Allora me ne darete altrettante voi, spero.
– È vero: mi avete detto che volevate sapere qualche cosa da me. Parlate, signora; io farò il possibile per accontentarvi.
La marchesa stette un momento silenziosa, guardando a sua volta intensamente il conte; poi, indicando col dito la spada che il corsaro portava al fianco, gli disse: – Ieri sera, durante la festa, non avevate quella spada. L’impugnatura è diversa. Perché l’avete cambiata?
– Perché l’altra la perdei mentre mi imbarcavo